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Meditazioni sullo Spazio e sull’Architettura.
Suyi Xu è una pittrice che vive e lavora a Brooklyn, New York. Ha ricevuto il suo B.A. in Storia dell’Arte e Arti Visive presso il Barnard College di New York e il suo M.F.A. nel Dipartimento di Belle Arti della School of Visual Arts (New York) nel 2022. I dipinti di Xu sono meditazioni su spazio, interni ed architettura che si evolvono in meditazioni sul campo del colore. Dipinge attraverso la speculazione ed il pensiero interiore piuttosto che l’osservazione diretta incorporando riferimenti storici ed elementi simbolici idiosincratici. La pittrice osserva la natura della luce e dell’ombra ed affida ai contrasti di colore il ruolo di indagare e modellare ogni cosa, sottolineando con questi il dramma della realtà. Nelle sue opere gli trati di colori rievocano l’accumularsi nel tempo, nel suo stato di momento transitorio, ma permanente. Inoltre, nelle sue pitture, l’architettura ha una presenza corporea. Xu ha partecipato a diverse mostre in gallerie commerciali e organizzazioni senza scopo di lucro negli Stati Uniti e in Europa, tra cui mostre collettive alla New Collectors Gallery (Londra, 2021), Boomer Gallery (Londra, 2021) e A.I.R. Galleria (New York, 2021). La sua prima mostra personale a New York è stata All that is Solid Melts into Air (Fou Gallery, New York, 2022).
Questa intervista è apparsa originariamente su Planet China Vol 17
Official site | Instagram | Fou Gallery

Potresti raccontarci qualcosa di te? Come ti sei avvicinata alla pittura? Chi hai ammirato come persona e come artista?
La mia educazione artistica è stata una continua discrepanza. Ero immersa nel linguaggio della pittura storica ma vedevo attraverso gli occhi di un formalista. La classe più influente al college era sul postmodernismo. Il mio lavoro abbraccia queste influenze: l’idealismo della tradizione storica, la coscienza formale del piano pittorico ed il pastiche della contemporaneità. Non ho un certo artista che potrebbe essere un punto fermo per quello che sono ora. Ci sono molti spiriti del passato che vivono dentro di me. Tutto ciò che ho fatto è sia un omaggio che una critica a quelli che hanno preceduto. Di tanto in tanto mi emoziono davanti ad un pittore contemporaneo e questo mi ha portato a dipingere in studio all’istante.

Quando hai iniziato? Quali sono state le sfide più difficili?
Sono arrivata alla pittura tardi al college ed ho iniziato a prendere la pittura sul serio durante la scuola di specializzazione. La pittura è una delle rare cose che mi viene naturale. L’esperienza della pittura stessa è facile rispetto a tutto il resto che si deve affrontare per essere un’artista.
Cosa significa per te essere una pittrice?
Di seguito ti riportato un elenco di personaggi che ho trovato nei pittori per esperienza e osservazione:
Un mistico. Un cinico. Uno scienziato. Un poeta. Un esibizionista. Un eremita. Un edonista. Uno stoico. Un egoista. Un umanista.

Quanto tempo impieghi per completare uno dei tuoi dipinti, dall’idea alla stesura finale della tela?
Varia da giorni a mesi. Ogni dipinto porta la memoria e la conoscenza di quello precedente. Spesso inizio un nuovo dipinto solo per risolvere i problemi dell’ultimo, invece di risolverli direttamente. A poco a poco il mio lavoro diventa un loop algoritmico che presenta diverse soluzioni ad un problema visivo ricorsivo. I confini tra concetto e completamento sono spesso sfumati. L’idea iniziale potrebbe ribollire per mesi prima di essere eseguita in pittura.

Cosa, nella tua pittura, focalizza maggiormente la tua personalità artistica? Quali messaggi vorresti fossero letti? Che impressione cerchi di suscitare in chi guarda i tuoi quadri?
Ogni immagine ha una distanza interna dal pubblico. Alcuni vengono da te, altri devi fare di tutto per incontrarli. In questo momento sto giocando con questa idea di distanza. Ho sempre creduto nel potere dell’assenza sulla presenza, come La stanza oscurata di T.S. Eliot (preparata per tutte le cose dette e non dette). Non potrei mai imporre l’impressione negli spettatori. Spero che, quando le persone stanno davanti ad un mio dipinto, possano sentire la densità delle mie decisioni ed il passare del tempo riassunti in un momento.

Alcuni degli elementi che arricchiscono i tuoi dipinti richiamano aspetti profondi della realtà emotiva ambientati in precisi spazi architettonici. Puoi raccontarci come è nato questo connubio e l’idea alla base?
Dipingo architetture perché sono più indulgenti delle persone. La forma geometrica si presta alla tela. Sono anche ingannevolmente neutrali e riservate, dandomi più libertà di proiettarmi su di loro.
Virginia Woolf osservava nel suo diario che non si può scrivere direttamente sull’anima. “Guarda, è svanita.” Ma guarda altrove: “il soffitto, i camminatori nel parco, i ritmi più semplici nell’avvicinarsi e l’anima scivola dentro”. L’anima scivola anche nel pomeriggio, quando guardo la scala che sale, l’arco di un androne, e la zona grigia di un muro bianco colpito dal sole.

Che rapporto hai con i colori che usi?
Sono molto attratta dall’idea di Duchamp di “infrasottile”. La intendo come una sensibilità alle più minute sfumature di differenza. I miei colori operano all’interno del linguaggio dell’infrasottile. Quando ho iniziato a dipingere il mio istinto è stato quello di levigare ogni colore per ottenere una superficie piana impeccabile. Sono stata criticata, dagli insegnanti di pittura, per aver mescolato eccessivamente i colori. “Stai uccidendo la vernice.” Mi ci sono voluti diversi falsi esperimenti per tornare alla mia voce. Ora non sto solo uccidendo la vernice, ma anche annegandola, svenandola, assottigliandosi fino a renderla inesistente. La differenza tra le transizioni di colore è così subdolamente debole che devi quasi trattenere il respiro per vederla. È così che mi sento quando dipingo.

Quanto è cambiata New York da quando sei arrivata? Com’è cambiata la vita per gli asiatici dallo scoppio della pandemia? Questo ha influito sul tuo modo di creare e lavorare?
Tra le città in cui ho vissuto, nessun altro luogo ispira la sentimentalizzazione dell’esperienza più di New York. Le minacce all’esistenza quotidiana sono glorificate nello “spirito e nella “durezza” della città. La persistente tensione di razza e classe è velata dal romanticismo della narrazione. Dallo scoppio della pandemia, sono state commesse ondate di violenza contro persone che mi somigliano. Per essere a New York bisogna dissociarsi, comprimere il dolore. Se tutte queste cose hanno deformato il mio senso di essere umano, mi trucco in studio, dove mi esercito a prestare attenzione, essere presente, dare forma ai pensieri e forme ai sentimenti. Il mio modo di lavorare e creare è il mio modo di resistere.

Foto in evidenza: Xu Suyi at Studio (New York), photograph by Meiko Gao
Foto cortesemente concesse da Suyi Xu & Fou Gallery
Un ringraziamento speciale a Echo He

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