Arte con uno scopo: una conversazione con Red Hongyi

L’artista che dipinge senza pennello: Red Hong Yi usa la sua piattaforma per sensibilizzare e ispirare il cambiamento.

Red Hong Yi è un artista e architetto contemporaneo Cinese-Malesiana che reinterpreta i materiali e gli oggetti quotidiani per creare installazioni di arte e media misti. Ha frequentato il Trinity College (Università di Melbourne) e si è diplomata nel 2010 in pianificazione e design ed ha conseguito un master di architettura presso l’Università di Melbourne prima di trasferirsi a Shanghai per lavorare per lo studio di architettura australiana Hassell. Le sue opere sono state mostrate a H Queens ad Hong Kong, all’Asian Art Museum di San Francisco, al World Economic Forum di Davos ed al Museo di Anchorage dell’Alaska. JP Morgan Chase Bank e l’attore Jackie Chan sono tra i suoi collezionisti. È stata contattata da clienti di tutto il mondo ed è stata invitata a parlare a conferenze internazionali. È stata nominata tra i primi 12 “Brilliant Malaysians” e “Brilliant Artist Award” dalla rivista Esquire, premiata con il Perspectives 40 Under 40 award come creativa che modellerà il mondo del design negli anni a venire ed una dei 19 “Future Chasers” dall’Australia Unlimited in quanto tra i futuri decisori di coraggio, immaginazione e volontà. Il Trinity College l’ha onorata con il premio di Alumna Studies dell’anno 2019 per i suoi contributi alle arti visive. Il suo lavoro è apparso in pubblicazioni come il Wall Street Journal, Time e il New York Times. È stata nominata una delle “11 imprenditrici del mondo dell’arte che dovresti conoscere” dall’Istituto di Sotheby. La rivista Tatler l’ha chiamata una delle voci più potenti dell’Asia per il 2020. Il numero di Aprile 2021 della rivista Time, intitolata “Climate is Everything”, è stato creato da Red realizzando una mappa del mondo con 50.000 fiammiferi dalla punta verde.

Questa intervista è apparsa originariamente sul numero 17 di Planet China
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Puoi dirci di più sui tuoi inizi? Hai sempre voluto essere un’artista? Chi ti ha influenzato come artista e come persona?

Penso che il merito sia dei miei genitori, in particolare di mia madre e di mio padre. Probabilmente è grazie a loro se ho sviluppato la passione per il disegno fin da quando ero bambina, e man mano che miglioravo mi hanno sempre incoraggiata. Mia madre in particolare mi ha introdotto al mondo dell’arte, mostrandomi opere di grandi maestri come Picasso, Monet e Van Gogh. Mia nonna aveva acquistato delle copie di queste opere d’arte in un mercato locale, così da bambina in Malesia ho avuto la possibilità di ammirarle. Tuttavia, non è stato fino ai miei vent’anni che ho potuto vederle di persona. Così ebbe inizio il mio interesse per l’arte. Fin da bambina, ho sempre sognato di diventare un’artista, ma crescendo, intorno ai 15 anni, ho iniziato a pensare che fosse un obiettivo irrealizzabile. Avevo l’impressione che gli artisti fossero solo persone che disegnavano ritratti per strada e non conoscevo nessuno che potesse parlarmi dell’esperienza di essere un artista a tempo pieno, se non i miei insegnanti di arte. Così ho deciso di fare architettura o magari di studiare medicina, poiché non avevo l’idea di come diventare un’artista a tempo pieno. Quando sono andata all’università, non avevo ancora chiaro nella mente quale fosse il mio obiettivo.

Red Hongyi realizza lavori che prendono in esame le abitudini percettive ed i preconcetti sugli oggetti e sui soggetti scelti combinando l’artigianato tradizionale e la tecnologia digitale, esplorando varie tematiche tra cui l’attenzione alla condizione della  donna.

Quando hai iniziato a pensare che potesse essere una carriera percorribile?

Ho iniziato a fare arte quando mi trovavo in Cina, precisamente a Shanghai. Dopo aver studiato architettura, ho deciso di trasferirmi lì e ho avuto la fortuna di riallacciare i rapporti con i miei parenti. Avevo già incontrato alcuni di loro quando erano venuti a visitare la mia famiglia in Malesia quando ero bambina, ma in Cina ho avuto l’opportunità di vivere con loro e di conoscerli meglio. In particolare, ho incontrato il mio prozio, che era un artista a tempo pieno e aveva disegnato manifesti di propaganda durante la rivoluzione di Mao. È stato il primo artista a tempo pieno che ho incontrato e ho avuto modo di parlare con lui di arte. Il suo modo di vivere e di vedere il mondo mi ha ispirato molto e durante i miei fine settimana ho iniziato a fare arte solo per divertimento e per non dimenticare la sensazione di ispirazione che provavo. Ho poi deciso di condividere i miei lavori online con amici e conoscenti e gradualmente ho iniziato ad avere un po’ di follower e richieste di commissioni. È stato solo in quel momento che ho realizzato di poter fare dell’arte un lavoro e ho cominciato a preparare alcuni progetti, avviando così la mia carriera artistica in modo lento ma costante.

Da dove vengono il tuo spirito e la tua capacità di prendere qualcosa di comune e ordinario e dargli un’altra luce? Perché fai arte senza pennelli, senza limiti con petali di fiori, semi, frutta, verdura e bustine di tè …

Credo che ci siano due ragioni principali. La mia formazione in architettura ha alimentato la mia curiosità e interesse nell’esplorazione dei materiali e nella costruzione di oggetti utilizzando tessuti e materiali diversi. Inoltre, quando mi sono trasferita in Cina, ho scoperto che era così conveniente acquistare i materiali necessari. Essendo economicamente indipendente per la prima volta, ho potuto permettermi di comprare i materiali che mi servivano a prezzi convenienti ovunque. È stato divertente acquistare una vasta gamma di materiali e provare a usarli per creare opere d’arte.

Puoi dirci di più su questi progetti artistici realizzati con caffè, capsule, palloni da calcio, bustine di tè, ecc?

Sì, quindi quelli erano il mio primissimo progetto personale, e li ho realizzati per me stessa perché ho pensato: “Oh, sono nuova in Cina. Se vivo qui, dopo un anno, tutto mi sembrerà normale”. Ma all’inizio, tutto ciò che vedevo sembrava incredibile. Quindi ho deciso di fare questi ritratti i apparsi nei media, appartenenti a diversi settori usando materiali diversi. Ad esempio, Yao Ming con un pallone da basket, Jay Chou con le tazze di caffè, e così via, e ogni oggetto doveva essere collegato in qualche modo alla persona che stavo ritraendo. Ho iniziato a leggere i loro profili su Wikipedia per trovare un oggetto che li rappresentasse. E così ho lavorato.

Quanto tempo è stato necessario per ogni opera considerando anche l’aspetto progettuale?

Non ho avuto molto tempo libero per dedicarmi al mio progetto, perché lavoravo a tempo pieno. Per questo motivo, ho lavorato ai ritratti solo nei fine settimana. Per esempio, il ritratto di Yao Ming mi ha richiesto solo tre ore, ma ho avuto qualche problema perché all’inizio non avevo un piano preciso e mettevo la carta a terra, ma il vento la faceva volare via. Inoltre, non potevo nemmeno filmare. Il secondo progetto riguardava Jay Chou, l’ho realizzato e sembrava la “giornata delle tazze di caffè”, ma avevo una macchina fotografica scadente che ha reso difficile documentare il lavoro. Quindi, parte del mio lavoro era fare arte, mentre l’altra era documentarla. Ho cercato di bilanciare entrambe le cose, ma ho dovuto impiegare anche due fine settimana per alcuni progetti.

Che mi dici della tua copertina per il Time sul cambiamento climatico, in cui hai dato fuoco all’opera d’arte composta da 50.000 fiammiferi? Quanto tempo ci è voluto per completare il progetto?

È stata un’opportunità incredibile. Dopo aver costruito il mio portfolio, ho contattato il direttore creativo e gli ho mostrato i miei lavori. Mi ha risposto che seguiva il mio lavoro da un paio d’anni, il che è stato molto gratificante. Circa due o tre anni dopo, mi ha contattato e mi ha chiesto se fossi interessata a realizzare la copertina per la rivista. È stato un grande onore per me lavorare per una rivista così importante. Per questo progetto mi hanno dato un mese di tempo, che per Time Magazine è una scadenza abbastanza lunga, di solito sono richieste solo una settimana. Ma per me è stato un periodo di tempo molto breve. Inoltre, il lavoro è stato commissionato durante il lockdown, il che ha reso tutto più difficile. Abbiamo dovuto trovare il concetto, reperire i materiali e coordinare il lavoro di una grande squadra di videografi e fotografi. Ma alla fine ce l’abbiamo fatta.

Red Hongyi, Photo © Isaac Collard
Red Hongyi, Photo © Isaac Collard

Hai una storia dal backstage di questo progetto?

Sì! un bel po’. Ho detto a tutti che avevamo solo un tentativo per far questo progetto. Quindi abbiamo fatto un esperimento su piccola scala. Ma quel giorno, avevo già finito l’opera d’arte e ci stavamo lavorando, l’abbiamo bruciata il giorno successivo. I fotografi ed i videografi erano molto stressati perché dovevano stare a guardare e girare continuamente.

Dal tuo punto di vista, quanto è cambiato il rapporto tra natura e artisti?

Quando ho iniziato a fare arte, il tema del cambiamento climatico e dell’ambiente non era così forte come lo è oggi. Inizialmente, ho creato le mie opere perché mi piaceva farlo. Nel corso degli anni, però, sono grata per molte conversazioni che hanno aumentato la consapevolezza sulla problematica del clima e dell’ambiente. Queste conversazioni hanno reso tutti più consapevoli di ciò che utilizziamo e di come inviamo i nostri messaggi. Nel mio studio, adesso cerchiamo di ridurre l’uso della plastica e di scegliere materiali più sostenibili. Anche quando imballiamo le nostre opere d’arte, cerchiamo di farlo in modo più ecologico. Se penso al passato, quando ho iniziato, il tema dell’ambiente non era così forte come lo è adesso. Quindi penso che sia importante continuare a conversare su questo argomento, perché i nostri messaggi hanno un impatto nel corso del tempo. Dieci anni fa, l’ambiente non era un argomento così importante come lo è oggi, quindi è bello vedere come la conversazione sia diventata più diffusa e consapevole negli anni.

Hai lavorato al progetto ‘I Am Not A Virus’, che presenta ritratti di vittime di aggressioni di crimini d’odio. Puoi condividere le sensazioni che ti hanno spinto a crearlo? Qual è stata la tua reazione quando hai saputo dell’aumento dei crimini d’odio anti-asiatici durante il Covid 19 ed il lockdown? Cosa speri che la gente capisca?

Penso che il problema della discriminazione razziale sia ovunque. A volte penso e mi chiedo persino “Sto stereotipando una certa razza? Sono insensibile?” Ad esempio, devo stare attenta anche a me stessa, perché non voglio vivere in quel tipo di società. Voglio che tutti abbiano la stessa posizione, accettare tutti perché, alla fine, siamo tutti umani, che dovrebbero essere amati, rispettati ed accettati. Quando l’intera pandemia del COVID-19 ha colpito, ci sono stati molti atti di razzismo in alcuni paesi. Stavo per tornare negli Stati Uniti perché avevo trascorso del tempo lì, ma molti amici mi hanno sconsigliato di farlo perché c’era molta violenza: “No, no, non venire, è davvero brutto. Potresti essere colpita per strada e cose del genere”. Mi sono sentita come “Wow!” Forse è razzismo, forse è paura, ma ho sentito la necessità di dare voce a questo sentimento e parlarne. Dobbiamo separare il virus dalle razze. Sono due cose separate. Quindi ho creato un’opera d’arte che incorpora anche ritagli di giornale. Questo è il dietro le quinte. Spero che ci accetteremo davvero l’un l’altro solo per il fatto di essere esseri umani. Questo è tutto. Non giudicarci l’un l’altro dal colore della nostra pelle. Penso che più ci capiamo, più potremmo essere amici. Credo che il pregiudizio derivi da molte incomprensioni e paure. E a volte da bambini ci viene insegnata una certa cosa e la pensiamo davvero in quel modo. Ma man mano che si cresce, e quando si incontrano più persone e si diventa davvero loro amici, alla fine si capisce che vogliamo tutti le stesse cose. Ed è bello conoscere le rispettive culture. Penso che i media e l’arte giochino un ruolo importante nel plasmare le percezioni delle persone.

Come è nata l’idea del tuo progetto “MemeBank”? Puoi dirci di più sul concept e su come l’hai sviluppato?

Uno dei miei progetti preferiti è probabilmente “MemeBank”, perché mi diverte. Penso di voler includere più umorismo nell’arte. Perché a volte la mia arte è impegnata e tutti diventano davvero seri. “MemeBank” era proprio realizzare uno scherzo. Durante il lockdown mi sono chiesta “Perché il prezzo del caffè e del cibo sta aumentando? Cosa sta succedendo ai miei soldi?” Ho iniziato a frequentare un ragazzo, che ora è diventato mio marito, che lavora nel settore bancario. Gli ho chiesto di spiegarmi il funzionamento delle banche e del sistema bancario, la stampa di denaro e la riduzione del valore della valuta. Mi ha detto che il governo sta stampando un sacco di denaro e il valore della valuta scende. Ho preso tutto alla lettera e ho pensato “E se stampassi anche io il mio denaro? E se sovrastampassi anche io, il valore scenderebbe?” E tutto quel genere di cose. Ho detto al mio team “Per i prossimi sei mesi saremo una banca che stampa denaro”. L’idea era di critica al valore del denaro, di riflettere su cosa ci sia veramente dietro la stampa di denaro e di perché le banche tengano i nostri soldi. Ci sono anche significati più profondi dietro questo progetto, ma ci sono anche elementi divertenti. Sta alle persone decidere se prendere tutto sul serio o meno.

Qual è la più grande sfida nell’essere un’artista durante l’era dei social media? Quali sono i limiti ed i vantaggi?

Penso che la cosa migliore in cui mi sono imbattuta di recente sia un podcast chiamato “Beyond the studio”, lo consiglio vivamente a tutti gli artisti che vogliono sapere, come funzionano le cose dietro le quinte, perché è così impegnativo. Creare arte è solo una parte della sfida, devi anche finanziarla e promuoverla per garantire che le spese non siano troppo elevate e che puoi continuare a creare costantemente. Quindi penso che la parte difficile, la parte più impegnativa, sia essere creativi, ma allo stesso tempo, hai anche bisogno della saggezza e dell’esperienza finanziaria per bilanciare tutto in modo da poter continuare finanziariamente a fare questa cosa che ami fare come artista. In sostanza, stai vendendo qualcosa che stai facendo dal nulla, giusto? A differenza di un medico che fornisce un servizio per risolvere un problema, l’arte è un’offerta che proviene dalla tua mente e dal tuo interesse personale. Trovare il giusto mercato per continuare a farlo è la vera sfida.

Molte delle tue opere sono realizzate con materiali sostenibili, qual è la tua visione su rifiuti e riciclaggio? Puoi dirci di più sulla tua collaborazione con brand consapevoli di questi temi?

Sono più che felice di condividere questo aspetto. Collaboro con dei marchi perché trovo sia facile lavorare con loro. Ma ovviamente sono molto selettiva riguardo ai marchi con cui scelgo di collaborare. Devono essere marchi che in primo luogo mi piacciono. In secondo luogo, voglio anche lavorare con marchi che si comportano in maniera responsabile. Quindi se un marchio non rispetta l’ambiente, non lo considero. Lavoro con i marchi perché contribuisce a mantenere il mio studio finanziariamente stabile in questo momento. Cerco di bilanciare progetti con i brand e progetti personali perché penso che siano importanti. Oggi gli artisti hanno la possibilità di lavorare con i marchi. So che alcuni artisti o alcune gallerie pensano che non sia puro lavorare con i brand, ma penso che mi aiuti a continuare ad essere in grado di creare anche la mia arte.

Se desideriamo l’uguaglianza di genere oggi per un domani sostenibile, quale pensi sia la parte più difficile per mantenere vivo questo tema?

Questo è un argomento molto complesso! Penso che sia incredibilmente meraviglioso vedere sempre più donne, nelle arti, che posso ammirare. Da bambina, anche quando si trattava di registi ed artisti e tutto il resto, di solito si trattava di modelli maschili, ma ora stanno emergendo sempre più donne. Sono contenta che le generazioni future vedranno le donne emergere. E penso anche che per me, come donna, voglio essere un esempio per altre donne, come per le ragazze di oggi. Quindi devo anche dirmi “Ehi, se c’è un’opportunità qui, interverrò come donna o come asiatica”, ad esempio, per parlare a nome di una certa comunità. Quindi penso che il mio promemoria per me stessa sia “È un vuoto che posso colmare o se è una posizione di leadership che posso assumere”. Non dovrei evitarla. Perché a volte mi sento piuttosto timida o non voglio assumere il ruolo di leader perché è troppo. Ma come donne, anche noi dovremmo cercare di emergere. Quindi spero che questo mio pensiero sia incoraggiante.

Immagine in evidenza:: Photo © Isaac Collard
Foto cortesemente concesse da Red Hongyi

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