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Nel 2017, la Cina era responsabile per la produzione di circa l’81% dell’intera fornitura globale di terre rare, attraverso soprattutto i suoi impianti di estrazione in Mongolia Interna.
La Cina detiene il 36.7% delle riserve mondiali. L’Australia è il secondo paese per produzione, con il 15% della produzione mondiale.
Durante l’ultimo anno si è giocata una guerra commerciale fatta da denunce, divieti, arresti, ritorsioni e minacce di vario tipo tra la Cina e gli Stati Uniti di Donald Trump che sostanzialmente accusano Beijing di pratiche scorrette, furto di proprietà tecnologiche, concessioni forzate di tecnologie, spionaggio, disequilibrio nella bilancia commerciale, e varie altre ragioni più o meno legittime.
Molte delle accuse sono state rivolte alla Cina anche da altri paesi partner, ma per motivi geopolitici o più strettamente economici si è sempre preferito mantenere un approccio morbido con il gigante cinese, che rimane una sorta di eldorado per le fortunate compagnie straniere che riescono ad accedere al mercato locale.
La Cina inoltre rimane la fabbrica del mondo, nonostante negli ultimi anni alcune produzioni siano state trasferite all’estero.
Ma la Cina rimane soprattutto il principale produttore delle cosiddette terre rare, indispensabili per la produzione di tecnologia.
Dal 2010 la Cina ha costantemente ridotto la quantità di terre rare estratte e pronte per l’esportazione, ufficialmente per preservarne la quantità limitata e per proteggere l’ambiente.
Beijing nel corso dei due anni successivi ha effettivamente ridotto la quantità di materiali estratti chiudendo varie miniere.
Stati Uniti e Giappone già nel 2012 avevano confrontato la Cina, accusandola di cercare artificialmente di ridurre le esportazioni.
Queste restrizioni hanno avuto come conseguenza l’indebolimento di alcuni settori industriali all’estero, e il trasferimento forzato di impianti sul territorio cinese.
Le restrizioni ad ogni modo non risultarono efficaci come sperato dal governo cinese, poiché nel 2012 si resero disponibili nuove fonti in altri paesi come Vietnam (dal 2010), Malaysia, Stati Uniti e Canada.
Nel biennio successivo si registrò un drastico calo del prezzo dell’ossido di disprosio (da 994$ al chilo nel 2011 a 265$ al chilo nel 2014).
Nell’agosto del 2014 il WTO infine accusò la Cina di avere infranto gli accordi sul libero commercio, imponendo la rimozione delle restrizioni.
La Cina nel gennaio del 2015 ha rimosso tutte le limitazioni sulle quote, ma non ha rimosso il vincolo riguardante le licenze per l’export.
Veniamo dunque ai giorni nostri.
Xi Jinping questa settimana ha realizzato due gesti simbolici: ha posato una corona al monumento della Lunga Marcia che ha cementificato la salita al potere di Mao, ed ha visitato una compagnia specializzata nell’estrazione delle terre rare nella provincia del Jiangxi, JL Mag Rare-Earth, accompagnato dal vice premier Liu He, che sta conducendo questi round di negoziazioni.
La visita segue il recente inserimento in una lista nera di Huawei, il gigante tecnologico cinese, simbolo dell’innovazione della RPC, anche perché fondato da un ex ingegnere dell’Armata Popolare di Liberazione.
L’Asso nelle mani di Beijing?
Il Global Times, il media di stato cinese, ha affermato che la visita di Xi è stata vista come una sorta di leva che può essere sfruttata dalla Cina durante la guerra commerciale, spingendosi a definire questa dipendenza della comunità internazionale nei confronti della Cina come “l’asso nelle mani di Beijing“.
Secondo il media di stato, gli Stati Uniti impiegherebbero anni per ricostruire e ricostituire un mercato alternativo a quello cinese.
Tempo sufficiente per la Cina per vincere la guerra commerciale con gli Stati Uniti, consentendo alla Cina, grazie a questo monopolio, di tenere sotto controllo il settore tecnologico americano.
Le terre rare in realtà non sono così rare.
I veri problemi sono la loro estrazione e la loro raffinazione che è dal punto di vista ambientale risultano devastanti.
Le terre rare inoltre si differenziano da altre risorse come il carbone o il petrolio, perché non richiedono un costante rifornimento di ampie dimensioni.
Molti dei prodotti realizzati ne richiedono un modesto quantitativo, e sono state anche definite come “le vitamine della moderna tecnologia”.
Gli Stati Uniti inoltre posseggono grandi riserve di terre rare e nuovi grandi giacimenti sono stati individuati in Giappone, nel sud est asiatico, in Australia, e in Africa.
Gli stessi grandi conglomerati tecnologici stanno cambiando le politiche sul loro utilizzo, annunciando il riciclaggio delle terre rare usate nei loro prodotti più vecchi.
Fonte: wikipedia, cnn, financial time

CinaOggi.it e China-underground.com sono due siti sulla Cina realizzati e curati da Matteo Damiani e Dominique Musorrafiti. Dal 2002 la nostra missione è quella di creare un ponte virtuale con la Cina attraverso approfondimenti, analisi, foto, video, ed altro materiale sulla cultura cinese.