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- Intervista al regista Zhang...
Nato nel 1967, Zhang Yang è cresciuto a Beijing, ha studiato alla Sun Yat-sen University nel Guangdong, diplomandosi in letteratura cinese.
Ha poi studiato alla Central Academy of Drama dove si è laureato nel 1992.
Successivamente è entrato nei Beijing Film Studio dove ha cominciato a lavorare come regista.
I suoi film sono stati presentati ed hanno vinto numerosi festival internazionali.
Nel 2015, Zhang Yang ha spostato la sua attenzione sulle produzioni documentaristiche, con Paths of the Soul, il suo primo documentario.
Up the Mountain (2018) è il suo ultimo documentario: una meditazione sulla bellezza nella semplicità.
Il celebre artista Shen Jianhua si è trasferito con la moglie incinta ed una figlia teenager dalla tumultuosa Shanghai in un villaggio di montagna, vicino a Shuanglang, a Dali, lungo le sponde del lago Erhai.
La sua è una casa sempre aperta ai suoi ospiti pittori, dove offre lezioni di disegno e pittura.
Gli abitanti del villaggio giungono dal maestro per chiedere consigli e il suo parere.
Le vecchiette della minoranza etnica Bai sono diventate le sue principali apprendiste.
Riproducono nelle loro colorate tele, natura, stili di vita tradizionali, catturando e ricreando momenti solo per la gioia di creare.
Il villaggio nel sud ovest della Cina, nella provincia dello Yunnan, è geograficamente distante dal resto del paese.
Questo permette a Zhang di utilizzare punti di vista inediti per documentare uno stile di vita che sta rapidamente scomparendo, molto distante dalla vita frenetica delle grandi metropoli cinesi.
Tradizioni antiche, rituali, cerimonie stagionali forniscono indicazioni su ogni aspetto della vita quotidiana.
Il loro stile di vita è minimalista, lento. Semplici gesti, pose e volti, in tutto il film, sono presentati come un dipinto incorniciato: ritratti di ritratti intimi.
La composizione idilliaca realizzata da Zhang crea un senso di intimità che rende ogni cosa particolare ma allo stesso tempo universale.
Up the Mountain infonde un senso di umana connessione.
Intervista di Dominique Musorrafiti
CinaOggi: Da dove è nata l’idea di fare un documentario sull’artista e maestro Shen Jianhua?
Zhang Yang: Conosco Shen Jianhua da dieci anni, cioè da quando lui e la sua famiglia si sono trasferiti a Shuanglang, nel 2009, e in questa decade Shuanglang ha vissuto il suo sviluppo più rapido.
Durante il mio soggiorno nella zona, ho avuto modo di approfondire la mia conoscenza della vita e della cultura del popolo Bai.
Ho sempre desiderato fare un film su Shuanglang. Shen Jianhua e la Peasant Painting Society sono coloro che possono mostrare meglio il cambiamento e la cultura della zona negli ultimi dieci anni.
“Ripristinare la vita attraverso l’obiettivo. Registrare i cambiamenti in un piccolo villaggio da una prospettiva antropologica e sociologica “.
La scelta dei temi dei tuoi ultimi lavori “Paths of the Soul” e “Up the Mountain”, si differenzia dagli aspetti che rendono la Cina famosa al giorno d’oggi. Le location sono legate alla tradizione e ai ritmi segnati dal rapporto tra uomo-fede-natura e uomo-natura-arte. Perché hai scelto di affrontare questi temi?
La Cina sta vivendo uno sviluppo davvero veloce.
Nelle città, la maggior parte dei soldi sono spesi per mantenere la famiglia.
La competizione è aggressiva.
I soldi nel corso del tempo sono diventati una sorta di credenza, e le persone sono diventate sempre più indifferenti.
Ad ogni modo, la Cina è molto grande, e al di fuori delle metropoli è ancora possibile trovare luoghi relativamente tradizionali o preservati, come il Tibet o il posto in cui vivono i Bai.
A causa di questo squilibrio nello sviluppo, hanno mantenuto qualcosa di più tradizionale.
Le persone in questa regione sembrano avere uno stile di vita più lento e semplice, ma sentono che la loro vita spirituale è molto ricca, hanno le loro credenze, un modo per misurare la propria felicità, e la loro felicità deriva dalla ricchezza della loro vita spirituale.

“Up the Mountain è una riflessione sulla vita lenta, l’arte e la cultura di un villaggio a Dali, nella provincia dello Yunnan”.
Hai realizzato film molto vicini alla vita quotidiana dei cinesi, film incentrati su relazioni e sentimenti. Pensi che i giovani cinesi possano identificarsi con il tema di “Up the Mountain”?
Innanzitutto, credo che quella realtà sia caratterizzata da un’intensa energia, così negli ultimi anni, ho cercato di raccogliere momenti di vita vera utilizzando il metodo del documentario comparativo.
Sebbene la maggior parte dei giovani si stia precipitando nelle città alla ricerca di opportunità, vi sono anche numerosi giovani che fuggono dalla città e vanno nelle campagne per scoprire un altro tipo di vita.
Non importa dove tu viva, nelle città o nelle campagne, le emozioni delle persone sono connesse.
La ricchezza del mondo spirituale è probabilmente l’obiettivo più alto che ognuno cerca di perseguire.
Pertanto, la vita e i valori mostrati nel film, potrebbero attrarre queste giovani persone.
Le persone che andranno a guardarlo potrebbero condividerne il messaggio.
Cosa è cambiato per te dopo aver girato “Up the Mountain”? Cosa speri che il pubblico capisca?
Dopo aver girato il film, ho maturato una nuova comprensione di ”Up the Mountain”.
Spero di poter passare più tempo lentamente ad osservare e comprendere la vita, a presentare la vita.
Il mio scopo è più quello di introdurre il pubblico alla vita reale, attraverso una narrazione oggettiva, non cercare di insegnare al pubblico, quanto di consentire al pubblico di trovare le risposte da sé.
“Zhang con precisione esplora il valore dei dettagli attraverso l’osservazione e l’interazione con la natura: il ritmo della vita segue il ritmo della natura.”
“Getting Home” è stato girato nello Yunnan, e anche l’inizio del viaggio verso Lhasa in “Paths of the Soul”. Lo Yunnan è la stessa provincia di “Up the Mountain”. Hai una connessione particolare con questa Provincia?
Mi piace lo Yunnan ormai già da una ventina di anni.
In passato, generalmente passavo a Dali o in altri luoghi dello Yunnan due o tre mesi ogni anno, oppure viaggiavo in Tibet.
Dal momento che mi piaceva lo Yunnan, e mi piaceva lo stile semplice della vita rurale, mi sono trasferito con la mia famiglia da Beijing a Dali, sette o otto anni fa.
La vita è diventata più semplice, più a contatto con la natura, mentre un’altra cultura mi ha nutrito, e mi ha ispirato a creare.
E’ per questo che molte mie pellicole sono collegate con lo Yunnan o il Tibet.
Puoi condividere con noi qualche storia che è accaduta dietro le quinte di “Up the Mountain” che ha influenzato lo sviluppo del documentario?
Tutto il film è girato in maniera informale, senza una sceneggiatura.
Vi sono alcune cose che puoi predire in anticipo, ma altre difficoltà sono completamente sconosciute, così abbiamo dovuto aspettare che le cose avvenissero, e poi cercare di girarle.
“‘Up the Mountain’ è stato presentato all’International Documentary Film Festival di Amsterdam (IDFA)”.
Tradizioni sbiadite e l’impatto di una Cina moderna continuamente in rapido cambiamento erano la chiave di “Shower“. Il villaggio di montagna dove si è trasferito Shen Jianhua appare come un bastione delle tradizioni del passato, difeso dalle donne bai che seguono le sue lezioni d’arte. Credi che in Cina continueranno ad esserci aree lontane dal capitalismo globale, dove il rapporto tra paesaggio e persone rimane un elemento fondamentale?
La globalizzazione e la modernizzazione sono un trend generale in tutta la Cina, ma nelle zone remote dove le strade non arrivano, o dove il traffico è relativamente arretrato, è ancora possibile assistere a stili di vita e di lavoro tradizionali.
E le persone che vivono in queste regioni sono gli eredi di queste tradizioni culturali locali.
Allo stesso tempo, si cerca sempre più di tutelare queste culture tradizionali compresa la protezione delle minoranze etniche.
Inoltre in questo processo la tradizione stessa viene rivitalizzata.
Da quando hai fatto il tuo primo lavoro, fino ad oggi, quali pensi siano le differenze principali nelle relazioni tra le persone?
Sebbene possiamo dire che le relazioni interpersonali siano diventate più materialistiche e più indifferenti, ad ogni modo l’essenza delle persone poi non è cambiata così tanto.
La Cina è tuttora una società costruita su relazioni familiari e con i vicini, colleghi, amici ed altre persone.
Questa è una cosa difficile da cambiare.
Si ringrazia Fortissimo Films per la collaborazione

Ciao! My name is Dominique. I’m Italian and I’m proud to be a mix. My father was an Italian chemical engineer and high school teacher, with Greek and Polish heritage. My mother is Haitian, she was high school language teacher, with Dominican, Spanish, French, Portuguese, African and Native American heritage. Being a mix makes me appreciate to want to understand different cultures and lifestyles. I grew up in Italy, lived few years in Haiti, travel around main European capitals, lived seven years in China, six in Spain and UK. Traveling makes me feel that we can learn something from every situation in every part of the world.