Il Brutale Omicidio di Pamela Werner: Intervista con Graeme Sheppard

Il libro ‘A Death in Peking‘ di Graeme Sheppard getta luce sul brutale omicidio di Pamela Werner, avvenuto nella Pechino pre-comunista del 1937, utilizzando materiale precedentemente non esaminato.

Graeme Sheppard, nato e cresciuto a Londra, è un ex poliziotto della Metropolitan Police del nord dell’Inghilterra.

La sua esperienza nella polizia britannica lo ha portare ad affrontare casi dalle periferie di Londra, fino alle vecchie città minerarie, dai villaggi rurali alle grandi periferie.

Grazie alla sua passione per la storia e alle sua esperienza di investigatore, ha pubblicato diversi articoli per History Today. Vive e scrive nello Hampshire, Regno Unito.

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Intervista di Matteo Damiani

CinaOggi: Chi era Pamela Werner?

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Graeme Sheppard: Pamela era la figlia adottiva diciannovenne del console britannico in pensione E.T.C. Werner.

Fu trovata uccisa una gelida mattina del gennaio del 1937 in un fosso sotto le vecchie mura di Pechino, a poche centinaia di metri da casa sua.

La sera precedente il delitto, era andata a pattinare con alcuni amici in una pista di pattinaggio vicino al quartiere delle legazioni.

Da questa zona sicura e sorvegliata, era partita da sola con la sua bicicletta. Non è stata più vista in vita da allora.

Non solo era stata violentata e il suo corpo era stato mutilato fino a non essere più riconoscibile, ma misteriosamente, il suo cuore era stato rubato.

Era stato strappato dal petto. Le autorità britanniche e cinesi congiunsero le loro forze per risolvere il caso per mesi, inutilmente.

Il caso è rimasto insoluto.

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Dopo questo evento il padre cominciò un’indagine personale, indagini che lo portarono ad accusare diversi sospetti tra i residenti stranieri della Pechino dell’epoca.

Come ti sei imbattuto nella storia di Pamela Werner?

Come molti agenti di polizia, generalmente non leggo storie di gialli nel mio tempo libero (questo lavoro ti espone a questo genere di storie più di quanto vorresti).

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Ma il nonno di mia moglie era console a Pechino al tempo dell’omicidio e poi fu medico legale nel caso, così, sotto sua richiesta, ho con riluttanza cominciato a leggere Midnight in Peking, un resoconto del 2011 del crimine.

Prima di questa lettura, non avevo mai sentito parlare del caso. Sebbene il libro fosse piacevole da leggere, non ne condividevo le conclusioni.

Non riuscivo a immaginare come l’anziano padre della vittima fosse riuscito a identificare correttamente gli assassini che vivevano in completa libertà a Pechino, laddove la polizia britannica e cinese avevano fallito.

Ho capito che qualcosa era molto sbagliato destando la mia curiosità.

È stato difficile trovare il materiale di ricerca? Da dove hai iniziato?

Ho cominciato a guardare nella principale fonte di Midnight in Peking: le innumerevoli lettere di ETC Werner destinate al Foreign Office, oggi custodite negli Archivi Nazionali a Londra.

È stato immediatamente evidente che le lettere erano scritte da un uomo in possesso di una mente piuttosto peculiare. ETC Werner non era un uomo obiettivo.

Inoltre aveva una lunga storia di false accuse e problemi con la verità.

Invece di guardare dove le prove lo portavano, decise in principio che il colpevole doveva essere un dentista Americano, ex marine, e poi un medico dell’ambasciata Italiana, ovvero persone che coincidevano con le sue idee preconcette.

In seguito pagò degli agenti cinesi per trovare prove che supportassero le sue teorie. Non sorprende che fu in grado di trovare testimoni disposti a fornire o ad alterare le testimonianze ogni qual volta fosse necessario.

Fu un errore elementare. Werner lanciò poi numerose incredibili accuse: disse che erano state coinvolte nel crimine fino a 10 persone, compresi tre medici; che un’ambulanza di un’ospedale potesse essere stata utilizzata per trasportare il corpo da un posto all’altro; che un esperto agente cinese fosse in realtà un depravato sessuale, e complice degli assassini.

“Maniacalmente litigioso”, “morbosamente sospettoso” e “completamente pazzo” erano le parole con cui veniva descritto da coloro che lo conoscevano bene. Niente di tutto questo traspare dal libro Midnight in Peking.

A questo punto ero davvero coinvolto dal caso.

Che cosa era realmente accaduto nel 1937? Dove portarono le indagini della polizia all’epoca? Che cosa può essere ancora scoperto oggi?

Così, ho iniziato a scavare più a fondo, molto più a fondo.

Una semplice ricerca negli archivi nazionali inglesi aveva consentito di scoprire due altre teorie sull’omicidio di Pamela Werner.

Una riguardava un diplomatico di lungo corso all’Ambasciata Britannica.

La fonte dell’altra ipotesi investigativa, che riguardava i Giapponesi ed un omicidio politico, non era niente altro che Sir Edmund Backhouse (il soggetto della biografia di Hugh Trevor-Roper ‘Hermit of Peking’), probabilmente la figura più controversa e misteriosa nella Cina del periodo.

Il mio approccio al caso è stato il medesimo per affrontare un’indagine di polizia; ho cercato le prove in lungo e in largo.

La perseveranza è stata la chiave; non ho lasciato alcun elemento inesplorato.

La comunità cosmopolita di Pechino aveva dato vita ad una traccia internazionale di documenti dagli USA all’Australia, dalla Cina all’Italia, dal Canada a Singapore: lettere sull’omicidio tra diplomatici; note e memorie; articoli di giornale; rapporti segreti dei servizi.

Sono riuscito persino a trovare e parlare con persone che avevano vissuto con Pamela poco prima della sua morte – bambini con i quali aveva condiviso una casa otto anni prima.

C’era così tanto materiale attorno a questo omicidio che non era stato reso pubblico ancora.

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Perché è stata brutalmente uccisa?

La mia lista di sospetti è cresciuta fino a contare nove individui. A Death in Peking esamina il caso contro ognuno di loro.

Alcuni vengono scagionati quasi subito, per altri non è stato facile.

Ma solo un profilo si distingue come il possibile omicida.

Una bizzarra combinazione dei contributi di Backhouse e dell’Ispettore Capo Britannico Richard Dennis, mi ha indicato la direzione; l’assassino di Pamela la conosceva, era un giovane amico cinese, che aveva fatto parte della sua vita durante l’adolescenza.

Il crimine è stato dettato da una combinazione di desiderio sessuale frustrato e anni di risentimento.

Il libro descrive inoltre anche come la rimozione del cuore della vittima fosse spiegata nelle pratiche della medicina cinese da molto tempo.

Le teorie di E.T.C. Werner erano molto distanti dal bersaglio.

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Qual era l’ambiente sociale in cui si muoveva Pamela Werner? Qual era l’atmosfera culturale della comunità degli stranieri di Beijing?

La Pechino di Pamela era molto differente dalla Beijing di oggi.

La Cina Imperiale era svanita nel 1912. Il regime comunista sarebbe arrivato qualche anno dopo.

Era un periodo oggi quasi inimmaginabile: un debole stato cinese, martoriato da guerre civili, che operava in forma semi-coloniale, con grandi sezioni dei suoi porti più grandi e città sotto il controllo straniero; con migliaia di stranieri residenti; pattuglie di forze straniere; e con l’umiliazione dell’extra-territorialità, secondo la quale gli stranieri non sottostavano alla legge cinese.

Il quartiere delle legazioni a Pechino era una città nella città, un miglio quadrato di hotel in stile occidentale, negozi, cinema, giardini e club, dove i cinesi ordinari erano esclusi.

Il commercio internazionale o la chiamata dei missionari dominavano le vite di molti stranieri in Cina.

Ma non così a Pechino, che invece tendeva ad essere abitata da 1) diplomatici, e 2) expat arricchiti occidentali che godevano delle delizie culturali della vecchia capitale e i molti servitori che i loro soldi potevano permettere.

Per generazioni di stranieri, era una vita fatta di separazione e privilegi, un mondo che molti avevano pensato che non sarebbe mai finito.

Qual è stato il destino dei membri della famiglia e dei possibili sospetti?

Dopo l’omicidio, quasi tutti i sospetti sono rimasti a vivere e a lavorare a Pechino come avevano fatto prima – questo almeno fintantoché la guerra e gli eventi internazionali non hanno preso il sopravvento.

Il fatto che non abbiano mutato i loro stili di vita è uno dei fattori che indicano il loro non-coinvolgimento.

Solo uno sparì immediatamente dopo l’omicidio, e non è stato più rintracciato: il vecchio compagno di scuola di Pamela.

Il libro si svolge durante i tumultuosi anni della Guerra Sino-Giapponese. Come si riflettono gli eventi nazionali sul destino dei singoli?

La Cina delle enclavi straniere è scomparsa nella decade successiva all’omicidio di Pamela. E con essa le vite e gli spazi occupati dai principali protagonisti.

Vi sono stati numerosi fattori: la guerra Sino-Giapponese che è cominciata nell’estate del 1937; la guerra nel Pacifico nel 1941; ed infine il trionfo del comunismo.

Tutti coloro che erano in qualche modo collegati al caso hanno avuto il loro mondo sconvolto. A Death in Peking descrive il loro destino.

Due sono morti quasi subito: uno in mare, l’altro nello stesso modo elusivo in cui viveva.

E.T.C. Werner finì per essere internato in un campo di prigionia giapponese insieme ad altri due sospetti americani, il che deve avere contribuito ad una permanenza ancora più miserevole.

Essendo l’Italia alleata al Giappone, Ugo Cappuzzo (uno dei sospettati) riuscì a conservare il suo posto in ambasciata, almeno nel breve periodo.

Il 1945 visse una falsa alba, con alcuni che fecero ritorno a Pechino.

Ma non durò a lungo. Entro i primi anni ’50 persino il cimitero in cui Pamela era stata seppellita era stato ribaltato. Le bare erano state dissotterrate, le ossa messe in un sacco, e poi riseppellite anonimamente e senza cerimonia in qualche posto fuori dalla città.

Quale personaggio o episodio ti ha colpito particolarmente?

Il bizzarro Sir Edmund Backhouse, con le sue storie favolose, è uno dei personaggi senza paragoni, ma per me, credo che il più interessante di questo libro con un cast internazionale sia risultato essere l’italiano Ugo Cappuzzo.

Cappuzzo, uno dei sospetti di Werner, era un giovane medico qualificato di Legnaro giunto in Cina nei primi anni trenta.

Divenuto medico dell’Ambasciata a Pechino (sotto l’influenza di Galeazzo Ciano), rimase per 20 anni.

Non solo fu un capace chirurgo, in grado di effettuare operazioni con tavoli improvvisati nei poveri villaggi cinesi, ma anche eccelleva in microbiologia, e da volontario condusse un pericoloso progetto per creare un vaccino contro il tifo.

Fu un compito coraggioso. Poi fece l’errore di rimanere in Cina dopo il 1949; fu arrestato per essere una “spia” e rimase vari anni in un campo di prigionia comunista, solo per essere rilasciato con uno scambio di prigionieri.

Un altro affascinate personaggio è quello di Pinfold, un misterioso cittadino britannico arrestato e rilasciato durante le indagini della polizia. Ho provato molta soddisfazione alla fine nell’identificare le origini e la storia di questi individui solitari ed elusivi.

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