Massimo Bagnasco vive da diversi anni in Cina, dove è partner e managing director presso Progetto CMR e vice presidente della Camera di Commercio in Cina.
Intervista di Matteo Damiani
Sito Ufficiale | Foto cortesemente concesse da Progetto CMR

Come avete cominciato a lavorare in Cina?
L’attività in Cina nacque a seguito di una missione, organizzata da Regione Lombardia-Assolombarda, a cui prese parte l’architetto Massimo Roj a fine 2002, in cui lui partecipò e visitò Shanghai, città gemellata con Milano, Tianjin, città gemellata con la Regione Lombardia e Pechino.
A seguito di questa esperienza si svilupparono una serie di contatti per alcuni concorsi a scala urbana che portarono poi allo sviluppo di una serie di relazioni con attività di progettazione che in un primo momento erano condotte a distanza con il supporto di una personale locale.
Con lo svilupparsi delle attività, si giunse all’idea di consolidare e rendere continuativa la presenza. In questa fase sono entrato in gioco io. Ho cominciato la mia attività all’inizio del 2004 con Progetto CMR, per sviluppare il design del Crowne Plaza Hotel a Tianjin, che era uno dei lavori che erano stati acquisiti, e cominciai a passare il mio tempo tra Italia e Cina.
Ad inizio 2005, insieme ad altri due colleghi, mi sono trasferito in Cina, avviando tutte le attività operative locali compresa la registrazione formale di una società di consulenza a Pechino e Tianjin.
Quali sono i vostri principali progetti in Cina e quanti sono ancora in sviluppo?
Abbiamo fortunatamente tanti progetti in sviluppo. A livello di progetti realizzati abbiamo progetti a scala urbana e architettonica. Uno dei primi edifici costruiti, che è rimasto anche uno dei progetti che ha lasciato più il segno, è stato il Museo dello Sviluppo Urbano di Tianjin, realizzato all’interno della concessione italiana. Il progetto è stato completato a fine del 2006 ed è stato uno dei primi che abbiamo creato insieme all’edificio del rettorato della facoltà di architettura della Tianjin University.
Da lì, abbiamo realizzato tutta una serie di altri progetti, principalmente interventi dove convivevano una parte di retail, una parte di uffici, ed una parte adibita ad ricettivo alberghiero. Abbiamo realizzato numerosi progetti di questo genere, partecipando anche alla progettazione esecutiva e all’assistenza di lavori.
Il tra essi Florentia Village realizzato dal gruppo Fingen, RDM a Wuqing, che è una cittadina tra Pechino e Tianjin, più recentemente abbiamo realizzato altri progetti. Abbiamo contribuito alla realizzazione dei Jihua Park (际华园), progetti che hanno una componente di retail, una di intrattenimento sportivo, centro conferenze e ricettivo.
Xiantao BigData Valley a Chongqing è stato insignito dei premi 2016 Design Impact China Award e Architectural Design First Prize

Location: Chongqing, China
Client: Xiantao Big Data Valley Corp.
Land area: 115,100 sqm
Built area: 315,350 sqm
Award: 2016 Design Impact China Award, Architectural Design First Prize
In questo momento abbiamo in essere due progetti a cui sono particolarmente legato, ovvero la Xiantao BigData Valley a Chongqing, cosiddetta la “Silicon Valley di Chongqing”, un progetto che prevede complessivamente la realizzazione di un’area tutta focalizzata sui BigData, sulla information technology, sull’intelligenza artificiale, al quale noi partecipammo alla realizzazione del master plan complessivo, nonché alla progettazione della seconda fase, attualmente in costruzione, con una superficie costruita complessiva di circa 350.000 mq.
Un altro progetto molto interessante è in fase di cantiere per il gruppo Purple Jade. Il progetto si chiama Manjiangwan, che vuol dire “città lenta”, e si tratta dello sviluppo di un villaggio, che avrà funzioni ricettivo, alberghiere e commerciali, nonché una componente residenziale, localizzato nell’estremo nord est della Cina, vicino al confine con la Nord Corea, nella municipalità di Changbaishan.
E’ un progetto interessante perché è un villaggio che si ispira alle caratteristiche peculiari del movimento città slow, un movimento nato in Italia, che vuole riportare in auge i caratteri peculiari dello slow food, dell’artigianato, dei costumi locali, delle tradizioni, preservando le caratteristiche ambientali del luogo.
“Manjiangwan è un villaggio che si ispira ai principi del movimento città slow, un movimento nato in italia che vuole riportare in auge i caratteri peculiari del vivere a misura d’uomo”
Noi lo abbiamo applicato per un villaggio di nuova costruzione, cercando di applicare tutti questi concetti, realizzando dunque un progetto con delle peculiarità italiane, ma allo stesso tempo direttamente collegato a quelle che sono le tipicità del luogo, sia per i materiali utilizzati che per le zone espositive che rappresentano le tradizioni locali. Il linguaggio architettonico per gli edifici invece è contemporaneo, per andare in totale controtendenza di interventi che sono copie di Roma, Parigi, Londra e così via.
Abbiamo inoltre tutta una serie di attività realizzate a scala più ampia, a scala urbana, a livello di piano regolatore della città, come anche la riqualificazione di città. In questa fase non hanno ancora un concreto e diretto sviluppo architettonico ma in maniera ancora più importante ed anche responsabilizzante segnano le caratteristiche di sviluppo di un’area più ampia.
Uno dei più importanti riguarda quella che è chiamata la China Europe Future City a Shenzhen, un progetto con una superficie totale di 4.6 chilometri quadrati, con una capacità edificatoria di oltre 5 milioni di metri quadrati, nell’ambito delle collaborazioni istituzionali tra Unione Europea e Cina per la Partnership sullurbanizzazione..
Un altro progetto si trova nella provincia del Jiangsu, ovvero il Sino-Italian Innovation Agricultural Park, che ricade nell’ottica delle collaborazioni a livello istituzionale instauratesi tra Italia e Cina, e che presenta una superficie di 30 chilometri quadrati. Si tratta di un progetto che presenta delle componenti legate all’agricoltura, sia nella parte di produzione vera e propria, e sia nella parte di ricerca e sviluppo di tecnologie e modalità di produzione, il tutto focalizzato al miglioramento dell’efficienza agricola cinese.
Uno dei grandi problemi in Cina infatti riguarda la capacità di aumentare la produzione dei terreni agricoli.
Scendiamo di scala a progetti orientati su un singolo edificio. Abbiamo realizzato recentemente un edificio multifunzionale a Ningbo di circa 15.000 mq,che per la scala italiana è già considerevole, ma per la Cina è una sorta di bijoux.
Si tratta di un edificio molto interessante, per una società privata che ha voluto avere un nuovo spazio per il suo headquarter, non solo per uffici, ma anche zone espositive, direzionali, aree anche destinate all’ospitalità per i potenziali interlocutori commerciali.
Più recentemente in una cittadina che è circa ad un’ora e mezza da Ningbo, abbiamo realizzato un museo per un imprenditore locale che ha voluto creare questa struttura per conservare opere d’arte, organizzare mostre, e soprattutto invitare artisti, offrendo un luogo con caratteristiche naturalistiche uniche, in modo tale da offrire la possibilità di passare del tempo lì, e trovare ispirazione per le loro opere dal paesaggio naturale. Si tratta di un edificio piccolo, meno di 10.000 mq, ma molto particolare nella sua concezione e nel suo sviluppo. Originariamente era un granaio utilizzato come riserva per le truppe di stanza in quella zona. Nella nuova funzione si e’ questo trasformata da un luogo finalizzato a nutrire il corpo ad uno che vuole foraggiare la mente e lo spirito.
“L’operatività delle aziende straniere in Cina è limitata in parecchi casi solo alla fase iniziale del progetto”
Quali sono i maggiori inconvenienti del lavorare in Cina?
Gli inconvenienti principali, e qui mi ricollego anche alla mia attività che svolgo all’interno della Camera di Commercio Europea, riguardano l’accesso al mercato e libertà operativa, ovvero l’impossibilità pratica di raggiungere le qualifiche locali per poter operare in maniera complessiva sul progetto.
L’operatività delle aziende straniere, seppur registrate in Cina, è limitata in parecchi casi solo alla fase iniziale del progetto, mentre poi ci si deve sempre appoggiare alla collaborazione con design institute locali. Questo crea a volte problemi nella gestione del progetto per far sì che venga implementato così come era stato pensato, dal momento che a volte viene semplificato. Talvolta può che accadere che al design institute locale convenga semplificarlo per fare più in fretta, o perché magari non vuole complicarsi la vita in altri tipi di soluzioni.
La concorrenza talvolta non è paritaria e quindi diventa difficile essere concorrenziali con queste realtà che sono spesso di maggiori dimensioni, che mantengono i rapporti con il cliente in maniera diversa, che hanno facilità di accesso a meccanismi di finanziamento da parte delle banche locali, agevolazioni che le società straniere non hanno. Questo implica la difficoltà a volte di poter accettare condizioni di pagamento, che invece loro possono accettare, dilazionate e posticipate a chissà qual giorno.
Questi sono meccanismi che, magari in maniera non diretta, portano all’impossibilità di competere in una maniera operativa che sia paritaria per tutti. A volte addirittura capita che in alcune città non di prima fascia, venga richiesto dal cliente che l’unica interfaccia contrattuale sia il design institute locale, a fronte del lavoro del designer straniero che ha realizzato tutta la prima parte di design, che è anche quella più impegnativa e più a rischio, dato che può implicare molteplici revisioni.
Lo straniero quindi diventa una sorta di sub-appaltatore del design institute locale, e questo aumenta ancora di più le difficoltà nel ricevere il pagamento in maniera adeguata, a livello di tempi e quant’altro.
Per cui ci sono una serie di situazioni che devono essere vissute localmente. Tramite la presenza locale e lo staff cinese si cerca di convogliare il lavoro in una normale operatività, che però è sempre più complicata da questo punto di vista.
Qual è il futuro dell’urbanizzazione sostenibile in Cina? Quali sono le maggiori sfide in questo senso?
Oggigiorno, soprattutto per chi vive al di fuori della Cina, arrivano messaggi che proclamano come la Cina sia totalmente inquinata, e tant’altro. Queste sono cose vere, ma dobbiamo ricordare da dove veniamo.
Mi riferisco alla Londra della Rivoluzione Industriale o al nostro periodo post -bellico di sviluppo e di speculazione edilizia. Per cui va detto, con onestà nei confronti dei cinesi, che le azioni per il miglioramento della qualità del loro ambiente, sono davvero ingenti e sono di primaria importanza e va dato atto a loro degli sforzi che stanno facendo, e dei risultati che stanno ottenendo.
Se andiamo nell’ambito dello sviluppo urbano sostenibile, anche qui si fa presto a criticare la speculazione edilizia, il costruire in una maniera affrettata, come c’è stato da noi un tempo, e quello che è avvenuto adesso. Le cose ad ogni modo stanno cambiando, perché soprattutto a livello di governo centrale, c’è la cognizione che ormai lo sviluppo deve essere uno sviluppo qualitativo, e non più quantitativo.
C’è soprattutto la cognizione che vada fatta un’opera molto attenta di formazione di quelle che sono le classi dirigenti a livello locale, dal momento che potrebbero non essere ancora allineate ad una comprensione adeguata di quelle che sono le direttive del governo centrale.
“C’è ancora molto da fare, ma sicuramente il governo centrale ha ben chiara quale sia la giusta direzione da intraprendere.”
Le faccio un esempio concreto. Nel 2014 è stato lanciato quello che è definito il nuovo “New Style Urbanization Plan”, un nuovo piano per l’urbanizzazione sostenibile a livello nazionale. Questo piano ha avuto nell’anno successivo una regola di implementazione dei progetti denominata “Characteristic Town”, ovvero le città caratteristiche. Il 4 di dicembre dello scorso anno, la Commissione Nazionale per lo sviluppo e riforme, ovvero il super-ministero che detta le linee guida delle politiche di sviluppo,ha emesso, unitamente al Ministero dell’Ambiente e al Ministero per lo Sviluppo Urbano e Rurale una circolare affermando che si sta procedendo nella direzione sbagliata, perché a livello locale non si è ancora compreso veramente cosa si intenda per ‘città caratteristiche’. Non si deve inseguire più il il modello di sviluppo delle zone industriali degli anni ottanta, della Shenzhen di Deng Xiaoping, e nemmeno è necessario replicare città come Berlino o Parigi.

Location: Chongqing, China
Client: Xiantao Big Data Valley Corp.
Land area: 115,100 sqm
Built area: 315,350 sqm
Award: 2016 Design Impact China Award, Architectural Design First Prize
C’è ancora molto da fare, ma sicuramente il governo centrale ha ben chiara quale sia la giusta direzione da intraprendere. Parlando con un amico che ricopre una carica elevata in in uno dei principali istituti di design mi diceva che la capacità a livello di unità abitative di cui la Cina dispone, può ospitare a un miliardo e novecento milioni di abitanti. Oggi come oggi la popolazione cinese è attorno a un miliardo e quattro, un miliardo e cinquecento milioni. I cinesi che hanno la vera seconda casa, quelli che la usano per andare in vacanza, sono un caso sporadico. Ce ne invece sono molti che hanno un certo numero di case acquistate per puro fine speculativo, ma è un fenomeno che si vuole arginare. La Cina ha abbastanza unità abitative per i suoi abitanti. Per cui si deve garantire un ulteriore sviluppo focalizzato sulla costruzione di qualità, non solo costruire edifici fine a se stessi per il ritorno dello sviluppatore immobiliare.
La politica del figlio unico ha avuto pregi ed ha aiutato molto in questa incredibile e rapida crescita che ha sperimentato la Cina. Ma oggi ne iniziano a pagare le conseguenze. Sebbene l’abbiano abolita, ed ora ci sia la possibilità di fare il secondo figlio, molte famiglie non lo fanno, perché il costo della vita nelle grandi citta e’ estremamemnte alto e vogliono garantire ai figli un’educazione adeguata, un livello di vita adeguato. L’eta media della popolazione si sta alzando in maniera sensibile, e il numero di abitanti sarà in sostanziale diminuzione, per cui la richiesta di unità abitative sarà ancora minore.
Tutti questi aspetti portano nella direzione del “fare meno, ma farlo meglio e di più alta qualità” che e’ stato anche uno dei principali messaggi del Presidente Xi durante il suo discorso al recente 19esimo Congresso del Partito Comunista cinese.
Nel corso degli anni abbiamo visto come i villaggi urbani siano stati inglobati dalla progressiva espansione delle città. I villaggi urbani sono stati abbattuti, e sono stati sostituiti da grandi complessi privati residenziali. Questi grandi complessi però sono quasi sempre recintati e chiusi. Non c’è il rischio di una grande perdita di spazi pubblici nelle città?
Assolutamente si. Ed è appunto lì che andiamo ad intervenire attraverso la partecipazione a conferenze, convegni internazionali, e attraverso le relazioni con gli organi statali che redigono le normative.
Per fare un esempio, nel 2006 pubblicammo un libro in Europa ed anche in Cina, che si intitolava “Disegnare e progettare a misura d’uomo”. Il punto focale del tredicesimo piano quinquennal e del successivo nuovo piano per l’urbanizzazione nazionale, emanato nel 2014, è mettere l’uomo al centro dello sviluppo urbano. Non voglio dire che noi si sia riusciti ad influenzare loro, però sicuramente abbiamo cercato di far capire che le città devono essere concepite in una maniera differente.
Esistono poi delle questioni legate al regolamento urbanistico locale che portano a questo senso di chiusura dei compound, piuttosto che creare un tessuto connettivo urbano proprio. Questo è un aspetto su cui ci vorrebbe un’azione più ampia, ed anche su questo punto stiamo cercando di sensibilizzare. Le associazioni di architetti cinesi comprendono l’importanza di questo fattore, ma è un passaggio che richiederà più tempo.
Ricordo uno studio fatto dalla World Bank qualche anno fa. A Shanghai, Pudong è la parte più moderna della città ed è dominata da grandi grattacieli. Di fronte a Pudong si trova Puxi, che è la parte più vecchia, quella delle concessioni europee. L’analisi di World Bank ha evidenziato come la densità edilizia di Puxi, quindi un modello chiamiamolo ‘europeo’, sia anche maggiore di quella di Pudong, ovvero quello dei grattacieli e riconducibile al modello americano, pur conservando le caratteristiche di vivibilità più tipiche del modello europeo.

Questo accade perché i regolamenti sono diversi, le regole che stabiliscono le distanze tra gli edifici sono diverse, etc. Puxi dà la sensazione di vivere in una cittadina e non di vivere isolati tra questi pennoni che si ergono qua e là, ma che non danno la sensazione di essere in una città.
Attraverso una serie di progetti in collaborazione tra Europa e Cina, in cui siamo coinvolti, tramite il programma Horizon 2020, si vuole cercare di sensibilizzare sempre di più, per ritornare a questo tipo di tessuto urbano più a misura d’uomo.
Richiederà tempo, il passaggio non sarà immediato, ma c’è assolutamente questa necessità.
Recentemente, stiamo lavorando con la China Academy Urban Planning Design, ovvero il braccio tecnico del ministero delle costruzioni cinesi, che si occupa della pianificazione urbana delle città. Uno dei responsabili del dipartimento di rigenerazione urbana, ha posto alla nostra attenzione una città storica del sud della Cina che deve essere rinnovata. Hanno chiesto la nostra collaborazione per cercare di capire come ricucire il tessuto urbano di questi spazi pubblici e di questi luoghi dove la gente può socializzare e condividere del tempo insieme. Questo è un aspetto importante perché viene dalla maggiore entità statale che si occupa di questi aspetti.
Se si è andati nella direzione sbagliata fino a qualche tempo fa, esiste tuttavia la concreta speranza e volontà governativa che ci si stia muovendo nella direzione più corretta per il futuro. In Cina tutto avviene a velocità molto più rapide delle nostre per cui, secondo me, siamo sulla buona strada.
Quali sono i progetti principali della Camera di Commercio in Cina?
Faccio prima una breve digressione a livello italiano avendo una collaborazione molto ravvicinata con l’Ambasciata d’Italia a Pechino. Da poco, dallo scorso settembre, l’Ambasciata d’Italia in collaborazione con il Ministero di Sviluppo Economico, ICE e Camera di Commercio Italiana in Cina, ha redatto un documento che non è solo una brochure per spiegare ai cinesi quale sia l’offerta italiana, l’offerta integrata, olistica, a 360 gradi che l’Italia può dare nell’ambito dello sviluppo urbano, ma anche un’occasione per raccontare agli italiani un po’ meglio quello che è lo sviluppo urbano avvenuto e che sta avvenendo in Cina.
Lo sviluppo urbano sostenibile è uno dei cinque temi di collaborazione consolidata tra i due paesi che dal 2014 hanno finalizzato questo accordo.
La Camera di Commercio Europea è un’entità che raccoglie aziende dagli stati membri dell’Unione e si differenzia rispetto alle camere nazionali per un’attività che è prettamente di relazione a livello istituzionale piuttosto che promozione del business, proprio per non avere contrasti tra le stesse.
Tratta argomenti orizzontali, di interesse comune, come l’accesso al mercato, garantire pari opportunità per tutti e l’operatività locale delle aziende.
Le relazioni istituzionali e governative difatti, sono di fondamentale importanza, perché uno degli aspetti che differenziano maggiormente la Cina dai mercati occidentali è l’importanza della componente governativa e la sua influenza nell’economia.
Qui si è solito dire che a parte il B2B o il B2C c’è anche il B2G, ovvero il Business to Government, una relazione che è fondamentale laddove ci si interfaccia direttamente con il governo stesso o con le molteplici società che comunque poi hanno dietro una preponderanza di proprietà a livello statale.
La camera redige alcune pubblicazioni su base annuale, come il position paper che è organizzato tramite il coordinamento dei diversi gruppi di lavoro settoriale che ci sono nella camera. Per ogni settore vengono riportate proprio dai membri, e quindi dagli esperti del settore, quelle che sono le raccomandazioni, le proposte principali che vengono fatte sia verso il governo cinese che verso quello dell’Unione per migliorare l’operatività locale.
Ogni anno redigiamo poi un sondaggio tra i nostri membri per descrivere quello che è il sentimento, lo stato della loro operatività locale, più alcuni documenti più specifici. Facciamo poi delle pubblicazioni sui temi più di attualità ed importanza. Lo scorso anno ne facemmo uno sul Made in China 2025, prima ancora un altra sul problema dell’overcapacity che la Cina ha in vari settori primari, ed adesso ne abbiamo in preparazione un altro che uscirà a fine maggio-inizio giugno su quella che è stato l’effetto concreto della circolare dello State Council numero 39, dello scorso agosto, inerente il supporto per gli sviluppi di investimenti stranieri in Cina che hanno avuto una sostanziale diminuzione nel corso degli ultimi anni.
La nostra attività, il nostro ABC come lo definiamo, parte dalla A di Advocacy, ovvero le relazioni a livello governativo, la B, del Business Intelligence tramite queste pubblicazioni e la C di Community e quindi le relazioni, il networking, lo scambio di opinioni, esperienze ed attività che ci sono tra i nostri membri.
Nell’ambito della camera attualmente ricopro la carica di vice-presidente nazionale, focalizzando la mia attività ovviamente sul tema dello sviluppo urbano sostenibile, ma poi anche su quello che è il tema della Belt and Road Initiative (la nuova via della seta, ndr), e l’attività delle piccole e medie imprese per tutte quelle che sono le loro problematiche più specifiche dell’operatività in Cina.