Intervista con il fotografo francese Boris Wilensky: Hurban Vortex

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Boris Wilensky è un fotografo narrativo francese di 45 anni.

Ha catturato i suoi primi scatti nella scena musicale hip-hop, realizzando ritratti di artisti come Kool Shen, Oxmo Pucino, Kery James e IAM. In seguito ha iniziato a fare notevoli diari fotografici durante i suoi numerosi viaggi.

di Dominique Musorrafiti

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CinaOggi: Come e quando hai iniziato a fotografare?

Boris Wilensky: Sono entrato per caso nel mondo della fotografia. In principio, ho viaggiato e scattato foto per piacere ed ho capito in seguito che avrei potuto condividere le mie emozioni attraverso le immagini. Questo è ciò che mi è piaciuto!

fotografo boris wilensky-fotografia narrativa-hurban vortex

CO: Perché hai scelto di la fotografia come tuo stile di comunicazione?

B W: Credo che ci sono due media veramente universali: la musica e la fotografia. Non importa quanti anni hai, il colore della tua pelle, dove sei nato, tutti sono sensibili a queste due grandi arti. Da parte mia ho voluto trattare temi universali in modo personale.

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CO: Chi ti ha influenzato come persona e come fotografo?

B W: Penso che tutto è d’ispirazione per chi sa guardare. La vita stessa è una grande fonte di ispirazione. I viaggi e gli incontri che possono essere fatti all’estero sono di per sé molto ispiratori. Come fotografo, mi piace molto l’opera di Raymond Depardon che è riuscito a combinare la scrittura e la fotografia.

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Organizzate in tre serie separate: Origin – Collapse – Post, le immagini e le parole di Hurban-Vortex vi invitano a pensare all’umanità, allo spazio urbano, alla modernità e al futuro.

CO: Come descriveresti il tuo progetto fotografico? Come nasce l’idea ed il titolo “Hurban Vortex”?

B W: Il mio progetto è una trilogia fotografica. Volevo davvero raccontare una storia che si evolve nel tempo. Penso che l’uomo e la città abbiano un destino legato. E mi sembra anche che la città e la modernità tendono a togliere la nostra umanità.

Ecco perché ho aggiunto la lettera h ad urbano. Per ricordarci l’essenziale, la città è solo una decorazione, è l’uomo più importante. Il vortice illustra il doppio movimento di ispirazione e aspirazione.

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La base originale del progetto Hurban-Vortex è stata realizzata in due viaggi in Giappone. Il progetto si è evoluto grazie ai successivi viaggi in Cina e in Cambogia.

CO: Quando hai iniziato questa serie, hai pianificato in anticipo, o hai seguito il flusso?

B W: Ho fatto la prima parte di questo lavoro nel 2008 quando, a caso, ho scoperto a Tokyo la duplice esposizione in digitale. Tutte le doppie immagini della serie sono state fatte in originale direttamente con la mia macchina fotografica digitale. Poi sono tornato a Tokyo nel 2011. Subito dopo il disastro di Fukushima.

Ho poi scoperto una città che era oscurata. La modernità e il progresso divenivano fonti di ansia. Questo mi ha dato l’idea di affrontare l’argomento dell’uomo e della città, ma anche l’incontro tra l’economia e l’ecologia.

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Volevo davvero parlare del futuro in immagini e creare della fotografia precorritrice. Pertanto, ho deciso di stare 7 mesi in Asia per lavorare sul mio progetto.

Ho suddiviso il mio lavoro, per quattro mesi ho visitato le maggiori città asiatiche per avere il maggior numero di foto urbane e architettoniche; poi ho passato quasi tre mesi in Cambogia a scattare ritratti umani.

Viaggiare, incontrare persone, vita urbana, musica, parole e boxe sono solo alcune delle sue molte passioni

L’idea era quella di confrontare gli estremi. Molte città come Shanghai o Tokyo sono ricche e connesse, invece la Cambogia è un luogo povero e sconnesso. Penso che l’arte del confronto degli estremi e contrasti sia molto interessante perché porta a sollevare delle domande.

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CO: Quanto tempo hai impiegato per realizzare tutto il progetto? Quante foto, luoghi …?

B W: Parecchi anni! Ho iniziato i miei scatti nel 2008 e ho finito questa parte del progetto nel 2012. Poi, per due anni, ho lavorato a casa per costruire le tre serie e raccontare la mia storia. Avevo in archivio quasi 15.000 foto urbane e circa 5.000 ritratti.

Nel 2015 ho autopubblicato Hurban Vortex e mi sono concentrato sulla distribuzione e poi sulle mostre. Infatti penso che sia un lavoro che non finirà mai. Si evolve e si muove sempre, come la vita!

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Il suo lavoro è ricco di informazioni sull’eccessiva urbanizzazione, perdita di marcatori temporali, sconvolgimenti ecologici e luogo dell’umanità in un ecosistema bruciato e abbattuto.

CO: Puoi condividere con noi una storia che è accaduta dietro il tuo progetto fotografico?

B W: Quando ero in Cambogia, ho chiesto al mio assistente fotografo di spiegare alla gente che avrei voluto scattare loro una foto con il mio stile. Molto spesso mi riferiva e mi divertirà dicendo: “Sai Boris, ho parlo dell’ecologia e di internet per spiegare il progetto Hurban Vortex, ma la gente qui non sa cosa sia l’ecologia e non utilizza internet “.

Ho risposto che era un buon segno perché è esattamente il tipo di contrasti che stavo cercando. A Tokyo o Bangkok, ognuno sa cosa siano. Opporre gli opposti, non c’è niente di più interessante. Questo apre prospettive molto interessanti per la riflessione.

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CO: Hai una foto preferita? Che cosa la rende speciale?

B W: La mia foto preferita è sempre la prossima. Quello che non ho ancora scattato ; ) Per me è più importante l’emozione che emana un volto. Ecco perché le foto, come pure il genere che preferisco è indubbiamente il ritratto.

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CO: Che rapporto hai instaurato con le persone che hai ritratto?

B W: Per il progetto Hurban Vortex, ho voluto fare fotografia di rappresentazione. Non volevo le persone per quello che sono, ma per quello che potrebbero rappresentare nella mia storia. Così ho chiesto ai cambogiani di indossare occhiali neri e maschere di protezione per il gas per illustrare il futuro.

Quindi erano un po’ come degli attori. Ecco perché ho previsto un bilancio economico prima di partire. Tutto il lavoro merita di essere pagato e mi sembrava normale pagare le persone per aiutarmi a raccontare la storia che avevo in mente. Alla fine, tutti erano felici e deve essere così si vuole fare un buon lavoro.

fotografo boris wilensky-fotografia narrativa-hurban vortex
Il progetto hurban vortex è stato esposto per due mesi a Parigi (Università di Jussieu ed in gallerie), sei mesi a Cannes, tre mesi a Dubai ed attualmente è esposto alla Alliance Française di Abu Dhabi

CO: Il tuo reportage creativo fotografico ha anche un messaggio nell’ambito dei diritti umani?

B W: Certamente vi è principalmente un messaggio umanistico. Volevo mettere l’uomo al centro della riflessione sul progresso, sulla città, sull’economia e sull’ecologia.

Mostrare che non è solo una statistica o una merce ma l’elemento più importante. Se le città sono belle e moderne, ma l’uomo non è più al suo posto, c’è un grosso problema.

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CO: Credi che il tuo lavoro possa risvegliare la consapevolezza di una differente realtà ?

B W: Penso che questo lavoro, come ogni progetto artistico, sia interessante perché porta con sé una riflessione. Le riflessioni non cambiano necessariamente le cose, ma sono inviti a farsi delle domande.

La duplice esposizione è interessante perché consente anche di trasmettere i messaggi con un ulteriore segno. Un’immagine trascrive una realtà mentre due immagini fuse deliberatamente danno un punto di vista.

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CO: Qual è il tuo rapporto con l’Asia oggi e come questo progetto ti suggerisce di ritornare per raccontare attraverso la fotografia nuove storie?

B W: Ho scelto il continente asiatico per questo lavoro perché ho perso tutti i miei riferimenti e mi sono reso conto che avevo bisogno di averne altri per andare avanti. Credo che il bisogno di averne altri ed il capire sia essenziale.

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Noi non creiamo da soli ma sotto molteplici influenze e con altri. L’Asia è stata la prima tappa in questo lavoro e spero che presto avrò il piacere di proseguire per altri continenti. In Africa, Europa o Sud America, per esempio.

I soggetti che tratto sono globali e universali. Ogniqualvolta ci sono esseri umani e città, sarebbe interessante avere un’ampia visione di questo lavoro perché il problema è globale.

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