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Ho Feng-Shan (何凤山, 1901 – 1997) fu un diplomatico cinese a Vienna che mise a rischio la sua vita e carriera durante la Seconda Guerra Mondiale per salvare oltre 3000 ebrei dai campi di sterminio nazisti.
Le azioni di Ho furono poi riconosciute dopo la sua morte nel 2000 dall’organizzazione israeliana Yad Vashem che decise di onorarlo con il titolo di “Giusto tra le Nazioni”.
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La vita precedente alla guerra è poco conosciuta. Di lui si sa che nacque nel 1901 e che suo padre morì quando aveva ancora 7 anni. Studente diligente e molto attivo, riuscì a entrare nella Scuola Yali a Changsha e poi nell’Università Yale in China, una organizzazione nonprofit indipendente sino-americana. Nel 1929 studiò presso la Ludwig Maximilian University a Monaco di Baviera, dove ricevette il suo dottorato in politiche economiche nel 1932.
Nel 1935, Ho iniziò la sua carriera nel Ministero degli Esteri della Repubblica Cinese. Fu inviato prima in Turchia, poi fu nominato primo segretario presso la delegazione cinese a Vienna nel 1937. Quando l’Austria fu annessa alla Germania nazista nel ’38, la delegazione venne trasformata in un consolato, ed Ho divenne Console Generale. Dopo la famigerata Notte dei Cristalli del 1938, la situazione per i 185.000 ebrei austriaci si fece molto difficile.
L’unico modo per gli ebrei per fuggire dal nazismo era abbandonare l’Europa. Ma per poter lasciare il continente, gli ebrei dovevano fornire prove per l’emigrazione, generalmente un visto straniero, o un biglietto navale valido. Ma questi documenti erano difficili da ottenere dal momento che, dopo la Conferenza di Évian del ’38, 31 paesi su 32, compresi Canada, Australia e Nuova Zelanda, rifiutavano di ospitare altri immigrati ebrei avendo quote molto rigide. Durante la Conferenza i paesi invitati sembravano simpatizzare per la causa ebraica, ma non fu presa decisione alcuna.
La Conferenza di Évian
La vergognosa Conferenza di Évian fu voluta dagli Stati Uniti di Roosevelt, per discutere la questione dei rifugiati ebrei e la critica situazione del numero crescente di rifugiati ebrei in fuga dalla Germania nazista, con la speranza di sensibilizzare alcune nazioni ad accettare un numero maggiore di rifugiati e forse anche di distogliere l’attenzione dai limiti sull’immigrazione ebraica imposti dagli stessi Stati Uniti.
Alla conferenza parteciparono delegati da 32 nazioni e da 24 organizzazioni volontarie in qualità di osservatori. A Golda Meir, nella delegazione britannica in Palestina, non fu concesso di parlare.
Hitler, una volta giunto a conoscenza della Conferenza, dichiarò che se questi paesi erano disposti a simpatizzare per “questi criminali (gli ebrei), allora avrebbero dovuto essere abbastanza generosi da convertire la loro simpatia in un aiuto pratico. Da parte nostra, noi siamo pronti a lasciare andare questi criminali verso questi paesi, per quello che mi riguarda, anche su una nave di lusso“.
Ma il delegato australiano, T. W. White, rispose: “non avendo problemi razziali, di certo non desideriamo importarli”. Le quote degli Stati Uniti e Gran Bretagna erano di 30.000 rifugiati ebrei l’anno, quelle Australiane 15.000 in tre anni, il Sud Africa accettava soltanto rifugiati con parenti sul territorio. Il Canada ne accettò pochissimi e la Francia anche all’epoca dichiarò che aveva raggiunto il punto di saturazione e che non era più in grado di ricevere rifugiati.
“non avendo problemi razziali, di certo non desideriamo importarli” T.W. White
La conferenza naufragò miseramente e non raggiunse alcun accordo per salvare i rifugiati ebrei dal Terzo Reich e dunque presto divenne un utile strumento di propaganda nelle mani dei nazisti.
Gli unici paesi disposti ad accettare gli ebrei furono in primo luogo la Repubblica Dominicana, che accettò circa 100.000 rifugiati e in seguito Costa Rica.
Tra le motivazioni addotte per l’insuccesso della conferenza, alcuni paesi addussero queste motivazioni che oggi suonano stranamente familiari: “L’emigrazione involontaria di masse di persone è diventata così grande che rende i problemi razziali e religiosi più acuti, aumenta l’instabilità internazionale, e può minacciare seriamente le relazioni internazionali”.
Fu creata un’inutile commissione intergovernativa per i rifugiati con lo scopo di sensibilizzare ed avvicinare i governi, ma non ebbe l’autorità necessaria per fare alcunché.
Due mesi dopo la conferenza, Francia ed Inghilterra garantirono ad Hitler il diritto di occupare lo Sudetenland in Cecoslovacchia, rendendo altri 180.000 ebrei senza stato, come era accaduto per gli ebrei tedeschi in seguito alle leggi di Norimberga del ’38. Nel maggio del ’39, l’Inghilterra inoltre emanò il White Paper che vietava agli ebrei di comprare terra o di entrare in Palestina.
I visti per Shanghai
Ma torniamo al nostro Ho. Contravvenendo gli ordini del suo superiore Chen Jie (陳介), l’ambasciatore cinese a Berlino, Ho iniziò a rilasciare visti per Shanghai per motivi umanitari. 1200 visti furono rilasciati da Ho nei primi 3 mesi da Console generale.
Al momento non era necessario avere un visto per entrare a Shanghai ma i visti erano necessari per lasciare l’Austria. Anzi proprio il fatto che Shanghai non richiedesse visti, spinse molti ebrei europei a fuggire nella città cinese. Molte famiglie di religione ebraica abbandonarono l’Austria per dirigersi a Shanghai, da dove poi avrebbero raggiunto Hong Kong e l’Australia. Ho continuò ad emanare visti fino a che non gli fu ordinato di tornare in Cina nel maggio del 1940. L’esatto numero di visti rilasciati è sconosciuto, ma si sa che Ho rilasciò il 200mo visto nel giugno del 1938, e il 1906mo il 27 ottobre dello stesso anno. Quanti ebrei siano stati salvati non è dato sapere, ma dal momento che rilasciò quasi 2000 visti nel giro di pochi mesi, il numero certamente è nell’intervallo delle migliaia.
Dopo la proclamazione della Repubblica Popolare Cinese nel 1949, Ho seguì il governo nazionalista a Taiwan. In seguito fu ambasciatore della Repubblica di Cina in altri paesi, come Egitto, Messico, Bolivia e Colombia. Nel 1973, si ritirò a San Francisco dove scrisse le sue memorie, “I miei 40 anni da diplomatico” (外交生涯四十年), pubblicato nel 1990.
Scritto da: Matteo Damiani
Fonti: Wikipedia , Yad Vashem ,