Il Loto Bianco

Il loto Bianco (Bailian Jiao) era una setta buddhista che credeva in una divinità universale femminile, la “Madre Venerabile Eterna e Innata”che avrebbe raccolto a se tutti i suoi figli verso la fine del millennio, in un’unica grande famiglia.

Questa dottrina includeva una profezia dell’imminente avvento del Buddha Maitreya. Le prime tracce della società del Loto Bianco risalgono al tardo tredicesimo secolo, durante la reggenza dei Mongoli in Cina con una serie di modeste dimostrazioni popolari contro la dinastia Yuan. Il loto bianco partecipò ad alcune di queste dimostrazioni. I mongoli consideravano la società del Loto Bianco come una setta religiosa eterodossa e la vietarono, spingendo i suoi seguaci ad una vita di sotterfugi e alla clandestinità. E’ proprio in questa fase che il Loto Bianco diventa una società segreta, incarnando tratti di resistenza partigiana e di organizzazione religiosa. Secondo molti, il Loto Bianco è uno degli antenati illustri delle organizzazioni criminali cinesi, ovvero le triadi, che originariamente provenivano dalla Società del Cielo e della Terra durante i periodi di guerra tra le dinastie Ming e Qing. Le formazioni delle triadi, in un primo periodo non avevano una connotazione criminale, e il loro scopo originale era quello di rovesciare la dinastia straniera dei mancesi (i Qing) e restaurare la dinastia nazionale Ming. Il Loto Bianco in seguito può essere stato uno dei cinque rami della Società del Cielo e della Terra che si formò presso il tempio Shaolin dai ribelli Ming e dai lealisti. I cinque rami, conosciuti anche come i cinque antenati, erano le logge Nera, Rossa, Bianca, Gialla e Verde. Una volta terminata la loro necessità sul campo di battaglia, alcuni di questi leader si volsero alle attività criminali. Il Loto Bianco ispirò una serie di rivolte con caratteristiche differenti e in zone diverse del paese, nel 1352, nel sedicesimo secolo, nel 1774.

La Via del Cielo Primordiale

Il termine generico Xiantiandao (La via del Cielo Primordiale) serve per raggruppare un insieme di gruppi religiosi le cui origine risalgono al Loto Bianco. Nel corso della storia cinese sono state etichettate come eterodosse e proibite, anche se sono riuscite a sopravvivere in qualche modo a Taiwan, anche se il termine Loto Bianco nell’isola conserva una connotazione negativa. Una differenziazione sostanziale della tradizione dello Xiantian Dao va fatta risalire al nono patriarca Huang Dehui (1684-1750). Delle cinque sette che si richiamano alla Via del Cielo Primordiale solo due, lo Yiguan Dao e lo Tongshan She si legittimano facendo risalire la loro storia a Huang Dehui, fino ai patriarchi mitici della storia cinese. Le linee patriarcali delle due sette sono virtualmente identiche fino al tredicesimo patriarca Yang Shouyi (1726-1828), dopo di che si dividono fino a dare vita ai due movimenti.

Gli altri tre gruppi non conservano questo modello di successione lineare. Secondo la dottrina della setta l’origine dell’universo va fatta risalire al suo creatore originale, ovvero Wusheng Laomu, la Madre Venerabile Eterna e Innata che avrebbe creato tutte le 9,6 miliardi di creature viventi. I suoi figli, una volta perduta la via, sono finiti nel mondo terreno dove hanno dimenticato la loro origine divina. La ruota della reincarnazione ha cominciato a girare e il ritorno in paradiso non è più possibile. Per questa ragione, la pietosa Madre Venerabile, ha inviato i suoi emissari per aiutarli a ritrovare la via verso il paradiso perduto. Il Buddha Dipankara (Randeng Fo), ha salvato 200 milioni di figli sofferenti. Il Buddha Gautama ne ha salvati altri 200 milioni. Gli altri 9,2 miliardi pertanto verranno salvati dalla venuta del Buddha futuro, ovvero Maitreya. Tutte le sette dello Xiantian Dao vedono se stesse come portatrici del messaggio salvifico della Dea Madre e il loro scopo è quello di convertire e guidare i fedeli nel sentiero della salvazione che li condurrà in paradiso. Questo processo si divide in “Interno” ed “Esterno” (neigong, waigong) e prevede alcuni strumenti come la meditazione e le buone azioni, in modo tale da accumulare meriti e purificare la mente. Dal momento che il fulcro è sulla superiorità della dea primordiale su tutte le altre divinità, la setta dichiara di rappresentare la Via che trascende ed unisce tutte le religioni. Con un meccanismo sincretico la setta unifica insegnamenti delle Tre Religioni (Confucianesimo, Taoismo e Buddhismo) e in tempi più recenti anche del Cristianesimo e dell’Islam e persino delle Diecimila Religioni. I fedeli comunicano con la divinità e gli spiriti inferiori attraverso la psicografia o scrittura automatica. Oltre agli scritti più antichi, ogni setta ha un suo set di testi sacri che sviluppano alcune tematiche in direzioni diverse e sostanzialmente servono per differenziare ogni gruppo dall’altro.

La Rivolta dei Turbanti Rossi

Monaco Shaolin che affronta i Turbanti Rossi
Monaco Shaolin che affronta i Turbanti Rossi

Come accennavamo in precedenza, dal 1340 la dinastia mongola Yuan stava cominciando ad avere alcuni problemi. Il Fiume Giallo continuava ad esondare e altre calamità naturali minacciavano sempre più la stabilità dell’Impero. Allo stesso tempo poi, la gestione per le spese militari per la difesa dell’Impero erano ingenti. Influenzati dal Loto Bianco e dalle dottrine Manichee, i seguaci di Kuo Tsu-hsing fondarono l’armata dei turbanti rossi. Come per i turbanti gialli, il nome derivava dall’usanza di indossare dei tessuti di colore rosso attorno al capo. La rivolta scoppiò nel Zhejiang quando Fang Guozhen, un cinese han, insieme ai suoi uomini attaccarono un gruppo di ufficiali mongoli.

Dopo questo episodio, il Loto Bianco a quel tempo guidato da Han Shandong, si insediò nell’area a nord del Fiume Giallo.Han, nato nello Henan a Yingzhou, dichiarava di essere un discendente di Song Huizong, l’ultimo imperatore della dinastia dei Song Settentrionali. Durante i lavori per dirottare le acque del Fiume Giallo per la costruzione di un grande progetto edilizio, Han aveva affermato di avere ritrovato l’effige in pietra con un occhio solo e una profezia sulla imminente rivolta, riflettendo alcune credenze popolari probabilmente diffuse nello Henan dell’epoca.

Han si autoproclamò come la reincarnazione del Buddha Maitreya e annunciò l’arrivo del Re della Luce. In seguito utilizzò il titolo per se stesso, dal momento che dopo la sua morte il figlio sarebbe stato conosciuto come “Il Giovane Re della Luce”. Ad ogni modo, Han inviò un gruppo di ribelli nel regno coreano di Goryeo, all’epoca stato tributario della dinastia Yuan. Dopo alcuni primi successi, furono espulsi dall’armata coreana guidata da Choe Yeong e da Yi Seonggye.

Nel 1351, la società complottò per una ribellione armata, ma il piano fu scoperto e Han venne arrestato e giustiziato. Dopo la sua morte Liu Futong, un membro preminente del Loto Bianco, assistito dal figlio di Han, Han Lin’er, si mise a capo dell’armata dei Turbanti Rossi. Lin’er divenne il simbolo della rivolta. Tra i seguaci di Lin, vi era anche Zhu Yuanzhang, il futuro fondatore della dinastia Ming. Attorno al 1359, il potere militare dei due era ormai in declino e Lin’er veniva ancora considerato come il candidato favorito per l’ascesa al trono imperiale. Ad ogni modo, annegò in uno stagno accidentalmente, senza essere riuscito a raggiungere il potere. Secondo alcuni, Lin’er fu fatto assassinare segretamente da alcuni agenti di Zhu Yuanzhang. In seguito esplosero una serie di rivolte a sud dello Yangtze sotto il nome di Turbanti Rossi Meridionali.

Tra i leader più importanti ricordiamo Xu Shouhui e Chen Youliang. Xu, nato a Luotian nell’odierno Hubei, era un venditore di vestiti. Nell’agosto del 1351 stava lavorando insieme ad alcuni affiliati del Loto Bianco alla creazione di una armata ribelle a Qizhou. Nei mesi seguenti catturarono Qishui e ne fecero il centro di comando delle attività dei Turbanti Rossi, nonché capitale del neonato Impero di Tianwan. Xu si auto proclamò imperatore. Il numero dei suoi seguaci continuò ad aumentare rapidamente da quando aveva annunciato di essere la reincarnazione del Buddha Maitreya che presto avrebbe distrutto i ricchi per beneficiare i poveri. Nel 1352, invase lo Hebei e conquistò il Jiangxi, lo Anhui, il Fujian, il Zhejiang, il Jiangsu e lo Hunan. Dopo essere stato sconfitto dalle truppe mongole, si rifugiò nella montagna Huangmei. Nel 1355, dopo essersi riorganizzato, invase nuovamente la regione e si diresse verso la capitale di Hanyang (corrispondente alla moderna Wuhan). Cinque anni più tardi Xu venne assassinato da Chen Youliang, causando la fine dell’impero Tianwan. Chen era nato con il cognome Xie in una famiglia di pescatori di Mianyang, nell’odierno Hubei. Un tempo aveva servito come funzionario di distretto prima di divenire generale sotto Ni Wenjun durante la ribellione. Chen in seguito uccise Ni Wenjun affermando che Ni avrebbe elaborato un piano per l’eliminazione di Xu Shouhui. Una volta eliminato Xu, Chen si proclamò Re degli Han a Jiangzhou ( l’odierna Jiujiang, nel Jiangxi) e l’anno successivo Imperatore.

Dal 1359 al 1363 le flotte di Chen dominavano lo Yangtze superiore. Il suo potere era cosí grande da poter rivaleggiare con lo stato di Wu di Zhu Yuanzhang. Nel 1360 l’armata di Chen si impegnò in una lunga guerra contro Wu, la cui capitale era Jiqing (l’odierna Nanjing) e in seguito rinominata Ming, nel 1368. L’attacco di Chen alla capitale Wu venne respinto grazie agli eccellenti servizi segreti di Wu. La guerra continuò fino alla battaglia al Lago Poyang dove la flotta di Wu riuscì a sconfiggere di un soffio quella di Chen, dopo tre giorni di una battaglia sanguinosa. Chen morí il mese successivo mentre la sua flotta cercava di forzare il blocco operato da Wu nel lago Poyang. Nel 1365 la capitale del regno di Chen finalmente cadde nella mani della dinastia Ming.

L’Imperatore Hongwu

Imperatore Hongwu

Zhu Yuanzhang nacque in una povera famiglia di agricoltori nel villaggio di Zhongli (l’odierna Fengyang, nello Anhui). La famiglia, non potendo sostenere tutti e otto i figli, ne diede in affidamento alcuni. All’età di sedici anni, quando il Fiume Giallo esondò, la famiglia fu ancora più provata dalla calamità. Tutti i componenti della famiglia, ad eccezione di un fratello morirono di malattia. Secondo un consiglio del padre, divenne monaco novizio presso il tempio buddista di Huangjue. Non rimase a lungo dal momento che le riserve di cibo del tempio forzarono i monaci ad abbandonare il luogo di culto. Nei due anni successivi, Zhu condusse una vita da mendicante, provando sulla sua pelle le sofferenze della gente comune.

All’età di 24 anni fece ritorno al monastero dove imparò a leggere e a scrivere. Nel 1352, Zhu si unì a una milizia ribelle guidata da Guo Zixing, dopo che una forza mongola distrusse il tempio dove aveva trovato rifugio. Zhu ben presto scalò le gerarchie fino a diventarne comandante anche grazie al matrimonio con la figliastra di Guo. Le sue truppe presto si unirono ai Turbanti Rossi. Nel 1356 Zhu conquistò Nanjing che divenne la base delle sue operazioni militari nonché capitale del neonato regno dei Ming. Il suo governo fu celebrato come giusto e retto riuscendo ad attirare innumerevoli persone in fuga. Nel frattempo, l’indebolito governo Yuan, aveva perduto il controllo della valle dello Yangtze. Nel 1358 ormai la Cina centrale e meridionale era sotto il controllo di varie milizie ribelli, conseguenza di ciò fu la rottura del fronte dei Turbanti Rossi che si divisero e cominciarono a combattersi. Una volta sottomesse le truppe di Chen Youliang nel 1367 ormai il regno dei Ming si estendeva fino a Suzhou e Hangzhou. Così, gli altri signori della guerra rimasti in gioco si sottomisero a Zhu che si proclamò Imperatore Hongwu della Dinastia Ming con capitale Nanjing. Lo scopo ultimo della dinastia era quello di cacciare i Mongoli dalla Cina. Dal 1368 cominciarono le spedizioni contro gli Yuan, riuscendo a conquistare Pechino (che all’epoca veniva chiamata Dadu o Khanbaliq). Nel 1381, completarono la riconquista della Cina occupando lo Yunnan. Una volta scacciati i Mongoli dalla Cina, il Loto Bianco lentamente si spense, almeno fino a quando un’altra grande minaccia straniera non richiese il riemergere della società segreta, ovvero i Mancesi.

La Rivolta del Loto Bianco

Durante il diciottesimo secolo il Loto Bianco assunse la forma di un movimento nazionalista ispirato da ideali e credenze mutuate dal taoismo, dal buddhismo e dal manicheismo. La missione del Loto era quello di rovesciare la dinastia mancese dei Qing, che avevano preso il controllo della Cina. Ancora una volta, appellandosi al Buddha Maitreya, invocavano la restaurazione della sconfitta dinastia Ming, promettendo la salvezza ai loro seguaci. Nel 1774, si diffuse l’uso degli otto trigrammi (bagua) come forma clandestina di meditazione soprattutto nella provincia dello Shandong. Il leader di questo gruppo fu Wang Lun.

Egli predicava una filosofia millenarista, enfatizzando l’imminente venuta di Maitreya. Wang era un maestro di arti marziali e medico auto didatta. Insegnava ai suoi seguaci lo yoga, la meditazione e l’abilità di aumentare le proprie capacità fisiche bevendo acqua purificata. Il suo gruppo veniva chiamato la Setta dell’Acqua Pura e nel 1774 contava già diverse migliaia di seguaci. Wang riuscì a convincere i suoi che egli era la reincarnazione di Maitreya destinato a regnare sulla Cina come impertatore.

Il 3 ottobre marciarono su Shouzhang. Con l’aiuto di alcuni confratelli all’interno della città, riuscì ad entrare dai cancelli principali. I ribelli presto saccheggiarono Shouzhang, impossessandosi dei tesori e dei vettovagliamenti. Controllarono la città per qualche giorno, per abbandonarla per attaccare Yangku che cadde repentinamente, dal momento che la guarnigione locale si era diretta verso Shouzhang. I ribelli poi conquistarono Tangyi e Liulin fino a marciare a Linqing, un importante centro strategico. Prima di raggiungere la città, le armate di Wang Lun sconfissero le truppe locali dei Qing ad ogni scontro. Si diffuse pertanto la credenza che il segreto delle vittorie di Wang Lun fossero le pratiche magiche che rendevano le sue milizie invulnerabili. Molti funzionari di Linqing, fuggirono terrorizzati all’approssimarsi di Wang Lun. L’11 ottobre la città era sotto l’assedio dei ribelli. Nelle settimane successive Wang Lun strinse sotto assedio la città ma le forze Qing, guidate da Qin Zhenjun resistettero all’attacco. Il 31 ottobre, le truppe di Wang Lun, stremate, furono circondate. Determinato a non farsi catturare vivo, Wang incendiò la torre dove era intrappolato. Il suo corpo carbonizzato fu riconosciuto dalla sua spada e dai suoi braccialetti.

Probabilmente il fallimento di Wang va ricercato nella condotta sconsiderata delle sue truppe. Wang non distribuì mai le ricchezze e il cibo requisito, né tantomeno promise di abbassare il regime fiscale. Incapace dunque di costruirsi una solida base, fu forzato ad abbandonare velocemente tutte le città conquistate. Nonostante avesse attraversato un’area popolata da più di un milione di contadini, le sue truppe non superarono mai il numero di 4000 uomini, molti dei quali costretti a seguirlo.

Un altro movimento, nato come protesta fiscale, dalle caratteristiche simili nacque tra le montagne che separano lo Sichuan dallo Hubei. Il Loto Bianco guidò pertanto i contadini impoveriti promettendo la salvezza in cambio della loro lealtà. Nato come movimento di protesta fiscale, ben presto la rivolta crebbe ottenendo il supporto della popolazione, attirando l’ira della dinastia mancese.

Così, l’Imperatore Qianlong inviò Helin, fratello del famigerato e corrotto eunuco Heshen e Fukangan, apparentato per matrimonio all’imperatore per sedare la rivolta. I ribelli riuscirono a sconfiggere le inadeguate forze imperiali. Helin e Fukangen perirono in battaglia nel 1796. L’impero inviò altri generali, ma nessuno riportò dei successi. Solo nel 1800, Pechino, con un cambio di strategia, assunse delle milizie locali che aiutarono gli imperiali a circondare e distruggere il Loto Bianco. La difficoltà maggiore riscontrata dai Qing fu la tecnica di guerriglia adottata dal Loto Bianco i cui seguaci, una volta terminate le operazioni di guerra, riuscivano a mimetizzarsi tra la popolazione locale. Senza un nemico preciso da combattere, cominciarono le violenze contro la gente comune. I Qing, a causa della loro brutalità vennero soprannominati “La società del Loto Rosso”. Nel 1805, ad ogni modo, grazie ad una serie di operazioni militari, a politiche mirate all’arruolamento degli abitanti e ad amnistie per i disertori, i Qing riuscirono ad avere la meglio sui ribelli. Ad ogni modo le rivolte del Loto Bianco contribuirono al declino del mito dell’invincibilità militare dei mancesi e influenzarono la successiva grande rivolta, ovvero quella degli Otto Trigrammi del 1813.

La setta Tianli e la Rivolta degli Otto Trigrammi

La setta Tianli o Setta del Principio Celeste era un ramo della Società del Loto Bianco. Nel 1811 i leader di questa setta interpretarono la comparsa di una brillante cometa nel cielo come il segno della imminente caduta dei Qing. Sebbene i Mancesi avessero dichiarato che la comparsa della cometa andasse interpretata come il segno della grandezza della dinastia regnante, secondo Lin Qing e Li Wencheng la cometa era una segno di buon augurio per la loro missione. I due, divisero i loro seguaci in otto gruppi o trigrammi, secondo lo schema Bagua dello Yijing, promettendo grandi ricompense dopo il successo della ribellione. Ad ognuno sarebbero stati garantiti denaro, terra o incarichi imperiali.

Durante il luglio del 1813, i leader degli Otto Trigrammi si incontrarono per decidere la data di inizio della ribellione. Secondo il loro piano, la sollevazione sarebbe dovuta cominciare il 15 settembre, in coincidenza della fine della raccolta nei campi e del viaggio dell’Imperatore Jianqing. La città proibita, grazie all’assenza dell’Imperatore, sarebbe dovuta essere sguarnita, favorendo quindi l’ingresso dei ribelli. Poi, una volta che l’imperatore avesse fatto ritorno a Pechino, lo avrebbero attaccato fuori dalla città e lo avrebbero assassinato. Li Wenchang ad ogni modo venne arrestato il 2 settembre, dopo che i funzionari del governo vennero a sapere dei piani non molto ben custoditi dei ribelli. Mentre stavano torturando Li, i ribelli riuscirono a liberarlo. Questo evento naturalmente anticipò i piani e il 6 settembre, i rivoltosi si armarono. Ben presto, Huaxian, Caoxian e Dingtao caddero nelle mani dei ribelli. Li Qing guidò e comandò il gruppo che avrebbe preso la Città Proibita, nonostante non avesse preso parte attivamente ai combattimenti.

250 ribelli che avevano delle sciarpe bianche attorno al capo e ai fianchi riuscirono a penetrare a palazzo approfittando della pausa pranzo delle guardie e della lontananza dell’Imperatore. In ottanta riuscirono ad entrare a chiudere le porte della città proibita. Una volta che le truppe dei mancesi si resero conto che i ribelli erano dentro le mura, cominciarono i combattimenti. Una volta perso il vantaggio della sorpresa, i ribelli fuggirono ma vennero inseguiti ed eliminati. Li Wencheng si ritirò a Huixian, e si immolò quando le truppe Qing assediarono la città. La moglie Li Zhangshi riuscì a mantenere il controllo della città fino all’anno successivo. Si impiccò quando le truppe mancesi riuscirono a penetrare all’interno delle mura. In seguito, il governo estirpò definitivamente il movimento degli Otto Trigrammi uccidendo oltre 20.000 seguaci.

Autore: Matteo Damiani

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