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Secondo un sondaggio non proprio esaltante per il governo cinese, la grande maggioranza dei ricchi cinesi ha intenzione di investire ed emigrare.
Più del 60% dei milionari cinesi ha pianificato di investire in proprietà all’estero nei prossimi tre anni: Los Angeles, San Francisco e Seattle, sarebbero le mete preferite. Il 56% ha dichiarato che sono preoccupati della continua svalutazione dello yuan (con il cambio attuale 1 euro viene scambiato a 7,4 RMB), che è precipitato di oltre il 10% verso il dollaro da questa estate. Il sondaggio, dal nome “Immigration and the Chinese High-Net-Worth Individuals 2016” è stato realizzato da Hurun Report seguendo le valutazioni di 240 persone con un capitale di oltre 27 milioni di yuan, da agosto a ottobre. Buona parte di costoro, hanno dimostrato un forte interesse nella diversificazione dei loro investimenti, sino a prendere in considerazione l’emigrazione.
Le motivazioni della fuga
Rupert Hoogewerf, a capo di Hurun Report ha affermato che l’indebolimento dello yuan e le preoccupazioni della bolla speculativa del settore immobiliare stanno spingendo i cinesi più ricchi a prendere in considerazione piani di riserva per proteggere i propri investimenti. Negli ultimi 5 anni, dal 2011, i prezzi delle case a Shenzhen sono aumentati del 204% e a Shanghai del 94%, superando di gran lunga gli aumenti del prezzo delle proprietà immobiliari di altre grandi città internazionali come San Francisco o Londra. In Cina si stima vi siano oltre 1,34 milioni di cinesi con un capitale da oltre 10 milioni di yuan. Il 60% di costoro, oltre 800.000 persone, potrebbero andarsene nei prossimi anni. Gli Stati Uniti primeggiano questa classifica, seguiti da Inghilterra, Canada, Australia e Singapore.
Los Angeles risulta essere la meta preferita, scelta dal 17,8% degli intervistati, seguita da San Francisco con il 13,2%, 12,8% per Seattle e 11,6% per New York. Solo l’1,1% ha scelto Hong Kong come città ideale per il trasferimento.
Secondo il sondaggio, quasi tutti gli intervistati hanno già investito almeno una quota del 15% dei loro capitali all’estero, per diversificare il rischio e per preparare i loro figli all’educazione in altre nazioni o per l’emigrazione.

Fonte: South China Morning Post

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