Per il cinese Global Times, l’Australia è un bersaglio ideale da colpire nel caso di una escalation nel Mar Cinese Meridionale

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Il Global Times, il giornale di stato cinese, in un editoriale al fuoco pubblicato sabato, ha dichiarato che l’Australia è un bersaglio ideale da colpire, se dovesse farsi coinvolgere nella spinosa questione del Mar Cinese Meridionale. Il giornale, è conosciuto per la sua linea intransigente nazionalista. L’articolo è comparso in seguito alla decisione australiana di appoggiare quanto stabilito dal tribunale internazionale a The Hague che aveva invalidado le pretese cinesi sul Mar Cinese Meridionale.

Così, Global Times ha definito l’Australia come un “paese con una storia ingloriosa. … all’inizio una prigione lontana dalla Gran Bretagna, fondata con mezzi incivili, con le lacrime degli aborigeni”.

 

 

Che potrà anche essere in certo qual modo vero, ma non molto diplomatico. Il giornale ha poi criticato la dichiarazione congiunta di lunedì scorso tra Australia, US e Giappone, che intimava la Cina di non costruire ulteriori avamposti militari o di reclamare ulteriori aree nelle acque disputate. Global Times non si è fermato qui: ha collegato l’alleanza tra Stati Uniti e Australia, alla volontà di Canberra di elemosinare qualche vantaggio economico contrastando la Cina. “La Cina deve vendicarsi e far sapere che è sbagliato”, dice l’editoriale. “La potenza dell’Australia non significano nulla al confronto con la sicurezza della Cina. Se l’Australia entrerà nelle acque del Mar Cinese Meridionale, sarà un bersaglio ideale da avvertire e colpire. […] L’Australia non è nemmeno una tigre di carta, è solo un gatto di carta, al massimo”.

Come ben sappiamo, Beijing reclama la maggior parte delle acque del Mar Cinese Meridionale, attraverso il quale passano ogni anno beni dal volore di oltre 5 trilioni di dollari. Brunei, Malaysia, Filippine, Taiwan e Vietnam, tutti avanzano pretese simili su queste acque. Nel frattempo, la Cina ha costruito una serie di isole artificiali, dei veri e propri avamposti militari, per controllare il mare. Su queste isolette sono state costruite piste aeree e radar. Gli Stati Uniti non sono stati a guardare e da anni conducono esercitazioni militari a pochi chilometri di queste isole, in nome della libertà di navigazione. Gli Stati Uniti hanno richiesto all’Australia e ad altre nazioni di unirsi per pattugliare il mare. L’Australia fino ad oggi però si è sempre dimostrata riluttante nel congiungersi alla flotta americana per non mettere a rischio le relazioni diplomatiche ed economiche con la Cina. Ed ecco che l’articolo del Global Times va a colpire proprio l’anello debole della catena, insinuando ulteriori timori. Ma spesso questo genere di minacce, possono ottenere l’effetto opposto a quello ricercato.

paracelsFonte: japantimes.co.jp

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