Stop agli espianti forzati di organi, la Cina pone fine al sistema

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Zeng Chenjie, 55 anni, imprenditore edile nella provincia dello Hunan, è stato giustiziato lo scorso Luglio, accusato di una raccolta fondi illegale che ammontava a 550 milioni di dollari.

Sua figlia, Zeng Shan, più tardi protesta su Weibo. Solo dopo due giorni dall’avvenuta esecuzione del padre la corte notifica alla famiglia l’accaduto con una mail. Il governo ha cremato immediatamente il corpo di Zeng, mantenendo segreti i dati relativi alla sua esecuzione. Non c’è modo di capire cosa sia successo. L’avventatezza della condanna desta immediatamente sospetto fra gli utenti di Weibo, molti in particolare si chiedono se le autorità abbiano o meno prelevato gli organi del condannato. Negli ultimi decenni, associazioni per i diritti umani, organizzazioni mediche e i media internazionali hanno aspramente criticato la Cina per la pratica di prelevare gli organi dai condannati a morte. La mancanza di chiari parametri legali e l’assenza di misure di controllo nelle carceri ha inoltre portato in molti casi ad abuso fisico dei prigionieri, i cui organi sono talvolta addirittura stati esportati in condizioni di semicoscienza.
Com’è noto, in quasi tutto il mondo c’è una forte disparità fra la richiesta e la domanda relativa ai trapianti. Di fronte a lunghe liste d’attesa e brevi prospettive di vita sono molti coloro che preferiscono recarsi in Cina, e pagare decine di migliaia di euro per il proprio intervento, spesso ignorando quale sia la provenienza degli organi. Conseguentemente, il governo cinese ha sviluppato un vero e proprio mercato nel settore, incredibilmente redditizio.
Sebbene le misure adottate dal governo nel 2007 relative al “Trattamento dei Cadaveri” vietano l’uso commerciale di organi umani, sono molti coloro che rimangono scettici rispetto all’adozione di tali provvedimenti.
Organizzazioni per i diritti umani negli scorsi anni hanno inoltre denunciato che le esecuzioni dei condannati sono spesso effettuate secondo le necessità di trapianto. Per esempio, i prigionieri sono sparati alla testa nel caso in cui se ne debbano asportare i reni, sul petto per esportarne le cornee, inoltre gli sono somministrati anticoagulanti prima dell’esecuzione per facilitare l’intervento. Data e ora della condanna sono stabiliti secondo la richiesta di trapianto.
Huang Jiefu, ex vice ministro della Salute e responsabile della riforma delle regole per il trapianto d’organi negli ultimi 12 anni, ha ammesso in varie occasioni che la maggior parte degli organi utilizzati per i trapianti in Cina provenissero dai condannati a morte. Nel Marzo 2012, Huang dichiara sul Lancet, nota rivista medica, che addirittura il 65% dei trapianti in Cina utilizzino organi di donatori deceduti, di cui oltre il 90% provenienti da prigionieri giustiziati. Il governo cinese sostiene che tale prelievo avvenga solamente previo consenso del detenuto e della sua famiglia. Tuttavia sono tanti i casi, quello del signor Zeng tra questi, che destano sospetto a tal proposito.
Nel tentativo di promuovere la donazione degli organi e quindi ridurre la dipendenza dai trapianti dei giustiziati, lo scorso Marzo, il Ministro della Salute e la Croce Rossa cinese hanno lanciato un programma per la donazione degli organi simile a quello degli Stati Uniti (United Network for Organ Sharing). Durante il periodo di prova del programma, dei164 ospedali che eseguono trapianti solo 659 persone hanno donato i propri organi, per un totale di 1804 organi, un numero più volte inferiore se paragonato a quello delle “donazioni” dei condannati. In Cina la pratica di donare gli organi è ancora considerata un tabù culturale, la tradizione vuole infatti che dopo la morte il corpo venga sepolto o cremato integro. Ammesso e non concesso dunque che tutti i giustiziati fossero reali donatori, le proporzioni appaiono comunque spropositate per essere plausibili.
Il nuovo anno darà fine alla controversa pratica, ha dichiarato Huang Jiefu. Dalla metà del 2014, tutti gli ospedali adibiti ai trapianti potranno operare solo con organi legittimamente donati. Pechino, si propone di non dipendere più da questo sistema che gli è valso la critica della comunità internazionale. Tuttavia, non è ancora chiaro se il governo cinese, lo stesso a condurre tale pratica, riuscirà a raggiungere il proprio obiettivo.

Maura Fancello

Fonti

http://digital.law.washington.edu/dspace-law/bitstream/handle/1773.1/595/16PacRimLPolyJ431.pdf?sequence=1
http://globalbioethics.org/news/suspicions-over-organ-donation-from-chinese-executed-prisoners/
http://www.theatlantic.com/china/archive/2013/07/china-harvests-the-majority-of-its-organs-from-executed-prisoners/277959/
http://www.reuters.com/article/2013/11/02/us-china-organs-idUSBRE9A011N20131102
http://www.rte.ie/news/2013/1102/484190-china-organs/
http://www.cbsnews.com/news/china-to-stop-harvesting-organs-from-executed-prisoners/
http://www.washingtonpost.com/blogs/worldviews/wp/2012/11/05/yes-china-still-harvests-organs-from-executed-prisoners/

Foto: http://epochtimes.it/news/trapianto-d-organi-in-cina-le-nuove-normative-lasciano-ancora-molti-dubbi—124135

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