Guiyu: vivere nell’inferno dei rifiuti elettronici: le immagini

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L’odore acre e pungente annuncia l’arrivo del visitatore a Guiyu. Lungo le strade sono ammassate una grande varietà di elettrodomestici, veicoli elettrici, parti di computer e rifiuti arruginiti ormai irriconoscibili.

Aggiornamento: nel 2017 i vari centri sono stati spostati in altri parchi industriali.

Guiyu, vicino a Shantou Chaonan, è una cittadina nel Guangdong divenuta tristemente celebre per essere la più grande discarica di rifiuti elettronici (e-waste) del mondo.

E’ balzata agli onori della cronaca per la prima volta nel 2001 con il documentario Exporting Harm, prodotto da Basel Action Network.

In seguito è stata oggetto di studi da parte di equipe scientifiche, causando notevoli perplessità in alcune organizzazioni internazionali come Greenpeace, la convenzione di Basilea e United Nations Environment Programme.

La città è popolata da 150.000 abitanti che hanno dato vita a oltre 5500 attività esclusivamente dedicate al ricilo o alla eliminazione di rifiuti elettronici, come parti computer, monitor, cellulari, televisioni, etc. Ogni hanno vengono trattati qualcosa come 680.000 chilogrammi di rifiuti.

rifiuti elettronici in Cina
La città sorge vicino il più importante fiume del Guangdong, pertanto, grazie alla sua posizione vantaggiosa, vicino a numerosi canali navigabili, si è guadagnata il nome di Guiyu, ovvero “Isola Preziosa“.

Oggi però il nome appare quantomai paradossale.

Mentre la vicina Chaoshan si ingrandiva e acquistava prestigio come centro economico, la via scelta dagli uomini d’affari locali è stata quella di trasformare la loro città in una enorme discarica di rifiuti elettronici.

Tutto è cominciato dopo gli anni ’50.

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Da allora la cittadina non ha fatto altro che acquistare rifiuti e trasformarli.

Verso la fine degli anni ’80 e i primi ’90 sono arrivati i rifiuti elettronici, che hanno cambiato ancora una volta il volto di questo limbo.

Così l’80% dei nuclei familiari della zona ha cominciato a dedicarsi a questo business.

Il Guangdong nel frattempo è diventato la fabbrica del mondo.

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Con le vicine Shenzhen, Dongguan, Canton e Hong Kong, non è stato difficile accaparrarsi la maggior parte dell’e-waste.

L’80% dei rifiuti tecnologici però proviene dall’estero, per ragioni economiche, dal momento che i costi per trattare i rifiuti sono decisamente più contenuti.

Secondo le statistiche rilasciate dal sito ufficiale di Guiyu, il mercato dell’e-waste si aggira attorno ai 75 milioni di dollari l’anno.

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I rifiuti non vengono trattati però con sistemi industriali, ma vengono affidati a lavoratori locali, in condizioni assolutamente non adeguate.

Secondo alcune organizzazioni sanitarie, i bambini di Guiyu soffrono di un’alta percentuale di avvelenamento da piombo.

Gli abitanti di Guiyu detengono anche i tristi primati di tumori causati da diossine e di aborti spontanei.

Non essendo trattati adeguatamente, i rifiuti e gli agenti chimici finiscono per inquinare le falde acquifere e il sottosuolo.

Buona parte dei residui come polveri derivate dalla combustione del carbone, confluiscono poi nei rigagnoli e nei numerosi canali cittadini.

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Un successo pericoloso

Alla gente però va bene così: il reddito medio per ogni famiglia è decisamente superiore alla media nazionale.

Il segreto del successo economico risiede nell’organizzazione di questo commercio.

Le innumerevoli attività che svolgono questo lavoro difatti sono a conduzione familiare, e pertanto i rifiuti costituiscono il pilastro dell’economia locale.

I vecchi circuiti inoltre contengono piccole quantità di oro e argento che possono recuperate dopo essere state trattate con appositi acidi.

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Guiyu infine è un luogo pericoloso.

Fino a 10 anni fa la città era il regno di potenti clan locali che risolvevano le divergenze con la violenza.

La violenza infatti è ancora il metodo più sicuro cui affidarsi per risolvere i problemi.

Infine nella zona sono confluiti negli ultimi anni innumerevoli lavoratori migranti cinesi e non, alla ricerca di un posto lavoro sicuro.

Le diatribe tra locali e lavoratori migranti sono state all’origine di alcuni disordini e malumori.

Le due comunità quindi vivono fianco a fianco ma sostanzialmente separate da un muro di diffidenza.

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Foto: oa.chinabyte.com

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