Una spia cinese in una chiesa di Toronto per evitare l’espulsione

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Gankhuyag Bumuutseren è un cittadino mongolo di 41 anni che ha lavorato per i servizi segreti cinesi per spiare i dissidenti esiliati o gli attivisti democratici visti dal governo di Pechino come una minaccia.

Lo scorso agosto, poche ore prima che gli agenti canadesi lo venissero ad arrestare, ha trovato rifugio nello scantinato della Chiesa Anglicana St.James ad Etobicoke. Ha ammesso di aver spiato per la Cina, e che oggi ha paura di tornare a casa. Il national Post pubblica un’interessante articolo su questa vicenda.

Ero giovane, non sapevo cosa stavo facendo

“Mi sento così dispiaciuto e stupido, vorrei scusarmi” ha detto durante un’intervista tradotta dalla moglie”. Ero giovane e non sapevo cosa facevo”.

Questo caso offre un raro esempio di come il i servizi segreti cinesi monitorassero le attività dei dissidenti e degli attivisti, spine nel fianco dell’apparato. Bumuutseren ha confessato di aver lavorato per Pechino per otto anni, in Mongolia e Stati Uniti. Sebbene in un primo tempo fosse un agente cinese, ad un certo punto cominciò a fare il doppio gioco per il governo Mongolo. Grazie alle informazioni che aveva raccolto, molti dissidenti cinesi sono stati costretti a lasciare il paese e a rifugiarsi in occidente. Il pastore della chiesa, il reverendo Murray Henderson ha accolto Bumuutseren poiché crede nella sua conversione. Nel suo passato ci sono numerosi episodi di tradimento e inganni che hanno portato alla soppressione di proteste in Mongolia Interna, nel territorio cinese. Nel 1990, dopo una serie di fallimenti a catena di industrie statali, molti attivisti politici di passaporto cinese ma di origine mongola si trasferirono nella vicina Mongolia o in occidente. Il suo compito era quello di spiarli. Bumuutseren era uno psicologo che esercitava nella capitale Mongola, Ulan Bator. Erano tempi duri, e per aumentare le entrate, comprava frutta e verdura in Cina, rivendendole in patria. Durante i suoi viaggi in Cina, fu contattato da alcuni agenti locali che gli offrirono soldi in cambio di informazioni su cittadini cinesi rifugiatisi in Mongolia. Il suo nome in codice era Davaa. Scattava fotografie e collezionava informazioni sui leader secessionisti cinesi esiliati. Ogni volta che ritornava in Cina, consegnava il materiale. Era ben pagato; una volta ricevette mille dollari americani per i suoi servizi. Ma ormai era nelle mani dei servizi cinesi: se avesse cessato la sua attività cinese, sarebbe stato denunciato alle autorità mongole. Ad ogni modo, dopo circa un anno venne fermato dagli agenti mongoli all’aeroporto di Ulan Bator. Lo picchiarono e lo torturarono. Dopo tre giorni, Bumuutseren confessò di lavorare per i cinesi.

I servizi segreti mongoli allora gli proposero di fare il doppio agente. Gli consegnarono un orologio che conteneva un dispositivo di registrazione. Volevano informazioni sugli ufficiali cinesi dei servizi segreti, sull’esercito, e su altri attivisti tibetani, kazaki e mongoli. Ogni volta che faceva ritorno dalla Cina, doveva avere una breve conversazione con un agente e consegnare l’orologio. Nel frattempo i cinesi cominciarono ad affidargli missioni più importanti, inviandolo negli Stati Uniti per spiare i dissidenti.

Nel 1997 gli fu affidato il compito di assistere alla conferenza introduttiva della fondazione del partito del Inner Mongolian People’s Party a Princeton. Si arruolò nel partito fornendo così informazioni di prima mano ai cinesi. A quanto pare Pechino era estremamente interessata a tutte le informazioni rilevanti su possibili contatti tra i membri del partito e il gruppo religioso del Falun Gong. Il suo lavoro continuò per un pezzo; il suo volto compare persino in un ritratto ufficiale dei membri del partito. Temtsiltu Shobtsood, il presidente del partito, durante un’intervista ha detto che aveva dei sospetti riguardo Bumuutseren, poiché scattava moltissime foto ed esortava l’uso di tattiche sempre più aggressive contro i cinesi. Bumuutseren ad ogni modo ha detto che non sapeva che la sua attività aveva portato all’arresto di alcuni attivisti. La sua ultima missione fu nel 2000 negli Stati Uniti. Due anni più tardi, fu catturato dagli agenti nell’aeroporto di Pechino.

Lo torturano in vari modi. Per 11 giorni non bevve né mangiò. Un medico di Toronto ha sostanzialmente confermato che le numerose cicatrici sul suo corpo sono dovute a tortura. Fu così condannato a 18 anni di carcere per spionaggio, ma solo dopo nove mesi fu rilasciato e rispedito in Mongolia. I cinesi lo volevano riattivare in futuro. Una volta tornato nel suo paese natale fu nuovamente arrestato e torturato dalle autorità locali. Così, non appena fu rispedito in America con la famiglia per una nuova missione, si rifugiò a Vancouver dove chiese asilo. La sua fine è ancora incerta. L’ufficio dell’immigrazione canadese ha rifiutato le sue richieste. Il reverendo Henderson ha detto che continueranno ad aiutare lui e la sua famiglia, raccogliendo soldi per le spese legali.

Fonte: National Post

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