Google vs Cina: le prime reazioni

Google in Cina

Arriva la risposta della Xinhua. Minuto per minuto tutte le reazioni sul suolo cinese alle dichiarazioni di Google.

Dichiarazioni che potrebbero portare ad un cambio drastico di internet in Cina e delle libertà individuali. La nostra redazione presente in Cina sta cercando di offrire una diretta su quanto sta accadendo in queste ore.

Segui la diretta del II giorno.

E’ la notizia del giorno, che deflagra come una bomba online. Seguiamo in diretta su quanto sta accadendo sulle due sponde del Pacifico.

Se Google persisterà sulla linea della durezza, tutto cambierà. Gli scenari plausibili sono quattro:
1) Google abbandona il mercato cinese.
2) Google fa marcia indietro e viene punito in qualche modo da Pechino in maniera subdola.
3) Google riesce a ottenere da Pechino un cambiamento di rotta (molto difficile).
4) Google abbandona la Cina e viene seguito da molte altre compagnie hitech (scenario probabile).

Le minacce di Google le trovate qui, nel blog ufficiale su blogspot. Ecco un’intervista all’avvocato di Google, Drummond.

Intanto la notizia cerca di essere passata in secondo piano nei vari siti cinesi. Nella sezione dedicata all’Hitech su Sina, appare la dichiarazione di Drummond, l’avvocato del gruppo di Mountain View riporta la volontà di chiudere Google China per quanto riguarda l’imposizione sui filtri, ma non cita l’attacco hacker. I commenti degli utenti: “Ti amo, non andartene, perché?”. “Se Google se ne va allora userò Bing!”. “Google è davvero utile, mi spiacerebbe perderlo”. “Spaventoso … Spaventoso … Spaventoso … Spaventoso …”. “Che arroganza”. “Non andartene” Non lasciare tutto in mano a Baidu!”

Nel frattempo, a gran voce arrivano le reazioni dei siti specializzati americani, che all’unisono applaudono alla scelta di Google. C’è chi nota il ritardo con cui si sono mossi. Le organizzazioni umanitarie si uniscono al coro.

La notizia su Netease è stata pesantemente ridimensionata. Ma a quanto pare gli utenti cinesi stanno cominciando ad interrogarsi su quanto è accaduto. Il risultato di un sondaggio del WSJ tra i netizens cinesi parla chiaro: il 72% degli utenti della mainland sono dispiaciuti. Il dato appare in forte contrasto con lo stesso sondaggio rivolto all’utenza anglossasone. Secondo l’80% difatti Google dovrebbe abbandonare la Cina.

Alcuni cittadini pechinesi stanno cominciando a lasciare fiori davanti alla sede di Google a Wudaokou a Pechino, nel Tsinghua Science Park.

Kaiser Kuo, storica icona del rock made in china, sul suo twitter scrive: “Il governo cinese può ignorare o bollare come petulanti l’uscita della compagnia, lasciando il campo ad un competitor locale. Dubito che bloccheranno tutti i siti di Google.”

In molti si cominciano a domandare come risponderà il governo cinese. Tutto il mondo intanto, rimane con il fiato sospeso.

Secondo il China Daily la ritirata di Google non è affatto una buona notizia, per il diretto competitor Baidu. La perdita è enorme sia per il mercato dei motori di ricerca, sia per gli utenti, ha detto Fang Xingdong, esperto della rete, citato da Sina.com.cn Fang è il fondatore di Chinalabs.com e blogchina.com; è molto pessimista per le conseguenze di questa scelta. Senza competitor, Baidu si fermerà, anche perché il modello del sito cinese è proprio Google. Secondo altri analisti, la ritirata di Google potrebbe essere temporanea, in quanto il mercato cinese è troppo appetitoso.

Tang Jun, ex capo delle operazioni Microsoft in Cina, ha bollato la notizia come la più stupida decisione fatta da Google aggiungendo che la dipartita del gigante americano non sarà di certo una gran perdita per i netizens cinesi.

La notizia non è ancora apparsa sulla versione internazionale del sito della Xinhua e neppure su quello della CCTV. La notizia invece è stata riportata da China Daily e China Radio International, sia nelle versioni in inglese che in quelle in cinese, anche se non si parla mai degli attacchi operati dagli hacker a dicembre.

Intanto la diplomazia americana comincia a muoversi. L’attacco compiuto ai danni di 34 compagnie americane ha sollevato molte preoccupazioni a Washington. Hillary Clinton ha chiamato Pechino per discutere la situazione. “Aspettiamo una risposta da Pechino”. Clinton sta per effettuare un importante tour in Asia. “L’abilità di operare serenamente nel cyberspace è fondamentale nella società moderna”.

La celebre foto del tank man, l’uomo che cercava di fermare con il suo corpo i carri armati nei disordini del 1989 a Tiananmen, è di nuovo disponibile su Google.cn. Stesso discorso per le ricerche riguardanti il Dalai Lama, Falungong, etc. Google è di nuovo libero.

Altre reazioni dei netizens cinesi da 163.com. In un sondaggio condotto dal sito cinese su un campione di 14.000 utenti, il 78% non vuole che Google abbandoni il paese. La disperazione per la dipartita di Google è percebile dai numerosi commenti: “Se Google lascia, non andrò più online”. Il supporto degli utenti è tangibile. Intanto i media controllati dallo stato tacciono. Evidentemente la mossa di Google è stata del tutto inaspettata, cogliendo impreparati i vertici di Pechino che per il momento preferiscono incassare i colpi.

Secondo MarketWatch, le decisioni di Google avranno poco o nessun effetto su Pechino. Difficilmente otterranno delle concessioni dalla censura.

La notizia comincia avere proporzioni inedite in Cina. I risultati della ricerca di Baidu News parlano chiaro. I siti di stato continuano a tacere. In molti si chiedono cosa potrà accadere. In Cina i servizi di Google si dividono sostanzialmente in due tipologie: Gmail e Google Apps. Alcuni siti nonostante riconoscano il merito di Google di aver saputo dettare le regole del moderno internet, fanno le pulci ai suoi servizi, segnalandone i problemi.

Ecco le immagini dei fiori sulla lapide di Google a Pechino, a Wudaokou, nel nel Tsinghua Science Park.

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Su digi.hsw.cn si cominciano a dare versioni più complete dell’abbandono di Google del mercato cinese. Si parla apertamente di intrusioni di hacker cinesi nei siti americani. Molti cinesi nel frattempo spontaneamente si sono radunati davanti alla sede di Google a pechino per far sentire il loro appoggio al gigante del web americano. La security del parco li ha però cacciati adducendo come motivo che la manifestazione era non autorizzata e i “fiori illegali“.

Google incassa l’approvazione di diverse organizzazioni per la tutela dei diritti umani, in prima fila Human Right Watch.

Ecco arrivare le prime conferme della liberalizzazioni dei contenuti su Google.cn. Intozgc.com, se da un lato si dice rammaricato per la decisione di Google, dall’altro sta sperimentando un nuovo Google.cn, totalmente libero da censure. D’altrocanto si sottolinea come Google possa essere stato irresponsabile a dichiarare guerra in maniera tanto palese al governo cinese.

Le notizie in Cina cominciano a rincorrersi ad una velocità disarmante. Ecco arrivare le prime reazioni dei 700 dipendenti di Google in Cina. Zhao Gang, trent’anni, dice: “Vogliamo esprimere la nostra rabbia, ma non contro Google, che ha bisogno del nostro supporto. Google in Cina deve fronteggiare un ambiente molto duro, siamo contenti di sapere che molte cose che nascondevamo, ora sono di nuovo pubbliche. Questo saà un anno epocale per internet in Cina.”

Liu, un blogger di Pechino ha detto: “E’ sorprendente come una così grande compagnia abbia rotto il silenzio. Ecco, il vero problema era il silenzio assordante“.

Secondo Wong Chun Sau, un esperto di internet, la decisione di Google non potrà portare che ad ulteriori restrizioni. Cominciano ad apparire le prime cronostorie di Google. Molti danno già per defunto Google.cn. Le notizie dell’attacco hacker sono ora di dominio pubblico in Cina. Ancora nessun articolo su Xinhua. Il silenzio dei media di stato è eloquente.

Un momento storico. Ecco come appare Google.cn non filtrato, le immagini del tankman disponibili in Cina.

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La decisione di Google lascia aperti a questo punto scenari imprevedibili. Opinionisti, analisti ed esperti di internet di tutti i tipi si stanno interrogando sul futuro di internet in Cina. Le opinioni sono davvero contrastanti, lasciando intuire il senso di disorientamento in cui sono stati gettati. C’e chi ostenta sicurezza, chi ottimismo per i concorrenti cinesi che hanno così più spazio, chi invece si interroga sul futuro.

Finalmente Xinhua interrompe il silenzio, ma la notizia non è ancora in prima pagina:

Un portavoce, anonimo, del Consiglio di Stato ha detto che si stanno cercando maggiori informazioni sulle dichiarazioni di Google. Durante un’intervista telefonica con i reporter di Xinhua, ha detto che è difficile stabilire se Google interromperà davvero le sue operazioni in Cina, rifuitandosi di commentare ulteriormente la notizia. “Ci è stato detto che Google potrebbe allontanarsi dalla Cina, e noi ne siamo molto dispiaciuti. ” Ha detto un dipendente di google a Pechino. Un portavoce di Google China ha aggiunto che lo staff è alla ricerca di una soluzione. Ad ogni modo, la maggior parte dei dipendenti sarebbe pessimista.

Google.cn non filtrato è ancora visibile in Cina. Con questa mossa Google è forse riuscita a fare scacco matto alla censura cinese? E’ presto per dirlo; molto probabilmente potrebbe essere semplicemente oscurato nelle prossime ore per i soliti motivi morali addotti ogni qualvolta si tratta di bandire un sito: pornografia, contenuti eversivi, etc. Ad ogni modo tutto il mondo ora sta seguendo la vicenda con il fiato sospeso, e tutte le mosse del gigante cinese devono essere necessariamente ben studiate per non dare il via ad una escalation.

Ecco apparire sulla prima pagina di Xinhua la prima notizia antiamericana: la Cina si oppone fermamente alla vendita di armi a Taiwan.

La discussione intanto nella rete cinese ha assunto dimensioni davvero importanti. Il nuovo termine del giorno è “illegal flowers“. Ecco allora come un semplice gesto, il depositare fiori, diventa un simbolo.

Intanto la maggior parte dei blogger sembra supportare Google. Il Guardian pubblica una selezione di commenti tradotti dalla blogosfera cinese, sia pro-Google, sia nazionalisti:

“Ho appena sentito che Google potrebbe lasciare la Cina. Non ci posso credere. Google è diventato un amico fidato. Ogni qualvolta ho una domanda, trovo una risposta. Si può dire che sono cresciuta con Google. Spero che la notizia non sia vera. Se Google davvero se ne va, sarà una grande perdita”. Cecilia Jing

“Davvero i cinesi hanno così bisogno di Google? E’ solo un simbolo. Non essere così stupido a suscitare i sentimenti della gente.” Da Jiang

“Google, non lasciare la Cina! Dall’ultimo anno, ho usato così tante volte i vostri prodotti. Mi sento triste, ma sono una persona pratica. Troverò delle alternative così non dovrò impegnarmi troppo per superare il firewall.” Yaolaner

La notizia, com’era inevitabile sta dilagando nei media cinesi, come un virus impazzito.

Beijing news: “Google sfida la Cina ponendo fine alla censura dei risultati”
Chinatechnews: “Google minaccia di lasciare la Cina”; Nell’articolo la questione viene affrontata con un sarcasmo fuori luogo. La decisione di google viene liquidata come una bravata. L’articolista infine chiosa con un’infelice sentenza: “la dipartita di google, non avrà effetti negativi sull’utenza cinese”.

La notizia intanto è arrivata ai telegiornali cinesi.

L’abbandono di Google innesca un ulteriore problema non previsto. Supponendo che gli utenti di Google (ovvero il 30% dell’utenza totale) passi a Baidu, il motore di ricerca cinese si troverebbe in mano il 90% del mercato, assicurandosi il monopolio assoluto. Questo fattore non è salutare secondo molti analisti cinesi, e potrebbe portare ad ulteriori conseguenze. Intanto le azioni di Google sono scese dell’1.3%, mentre quelle di Baidu sono salite quasi del 7%.

La notizia aggiornata sul sito della Xinhua, quasi una dichiarazione d’amore per Google con una tirata d’orecchi al governo!

Verso la fine della giornata appare finalmente la notizia sul sito Xinhua: Chinese gov’t seeking clarity on Google intentions. Il dirigente del China Internet Illegal Information Reporting Center, Xi Wei, raggiunto dai microfoni di Xinhua ha detto: “Mi spiace non posso dire nulla. Non sono al corrente delle problematiche del caso”. Guo Ke, un professore di comunicazione della Shanghai International Studies University, ha detto che è quasi impossibile per Google rinunciare alla Cina e che d’altrocanto il governo cinese non eliminerà la censura. “Le perdite per il governo cinese per la dipartita di Google sono praticamente nulle, ma per Google abbandonare questo mercato corrisponde a una enorme perdita economica. Gli utenti cinesi sono le vere vittime. Penso che Google stia giocando al gatto e il topo, cercando di usare la rabbia o la delusione della gente come leva”.  L’articolo continua con una dichiarazione d’amore! Milioni sono i fan in Cina fedeli a Google e ai suoi servizi come Gmail, Gtalk e Picasa. Molti giornalisti, come gli altri utenti, usano Google Docs per passarsi informazioni e contatti. Se Google lasciasse la Cina, tutti gli utenti dovrebbero spostare le loro email, altri documenti e immagini. “Ma il governo non si piegherà mai” ha aggiunto Guo. Ad ogni modo, il caso di Google può essere un ammonimento al governo affinché la rete cinese possa essere moderata con più intelligenza.

Xinhua generalmente megafono della voce di Pechino, in questo caso sembra quasi prendere le distanze del governo presentando una lucida intervista al docente di Shanghai, Guo Ke. Il problema c’è a quanto pare, anche per l’agenzia di stampa nazionale.

Roseann Rife di Amnesty Internationsl ha detto che Google è un grande esempio che dovrebbe essere seguito anche da altre compagnie.

La notizia sul sito di China Daily è stata inserita tra le più importanti. Nella notizia però, non si fa accenno alle intrusioni degli hacker.

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