I cinesi sono andati in America prima di Colombo? Certamente, ma non come pensano alcuni

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Di tanto in tanto viene scomodato il grande ammiraglio musulmano cinese Zhenghe per avvalorare la tesi che l’America è stata scoperta prima dai cinesi.

Come qualcuno ha suggerito però, anche se fosse vero, non ne è rimasta traccia nella storia dell’umanità e pertanto la scoperta risulterebbe quantomeno inutile.

Questa tesi a ogni modo, oltre a fare acqua in più punti, dato che di prove certe non ce ne sono, è smentita in ogni caso da due prove inconfutabili.

Innanzitutto già nel 900 d.C. i Vichinghi avevano stabilito degli insediamenti sulle coste nord orientali del continente americano (anche se non in forma permanente); in secondo luogo, l’America era già abitata da una moltitudine di popolazioni paleo indiane provenienti per lo più dalla Siberia Orientale, dal Pacifico e dall’Asia, Cina compresa.

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Queste eterogeneo gruppo di popolazioni giunse in America in un arco di 30.000 anni passando per lo stretto di Bering, affrontando un pericolosissimo tragitto attraverso steppe, deserti, foreste e ghiacciai, costellato di pericoli insidiosi come i branchi di iene, grossi felini, il freddo e la fame pungente.

I Paleo-indiani o paleoamericani è la classificazione assegnata alle prime persone che sono entrate in America durante la fase finale della glaciazione avvenuta nel tardo Pleistocene.

I primi gruppi di (coraggiosi) cacciatori, secondo le prove raccolte sino a ora, sarebbero giunti nel continente americano attraversando lo stretto di Bering.

All’epoca però un ponte naturale di terra, chiamato Beringia, connetteva l’Eurasia all’America.

Beringia ha avuto vita relativamente breve (tra il 45.000 a.C e il 12.000 a.C). Il ponte non è stato utilizzato esclusivamente dagli umani, ma anche da grosse mandrie di bovini.

Oltre a Beringia successivamente si formarono anche dei corridoi di ghiaccio tra i due continenti che furono sfruttati per ulteriori migrazioni di animali e uomini e che man mano percorsero l’intero continente americano, fino a giungere nel sud.

Le datazioni di queste migrazioni sono tuttora oggetto di dibattito in quanto ovviamente non abbiamo testimonianze scritte di questi eventi, ma solo una serie di prove dirette e indirette.

Gli oggetti più antichi rinvenuti dagli archeologi sono punte di freccia, strumenti in pietra e raschietti.

I moderni indigeni americani sono legati da una lunga serie di prove scientifiche principalmente alle popolazioni della Siberia Orientale: queste prove variano da analogie linguistiche, alla distribuzione di tipi di sangue, alla composizione genetica riflessa dai dati molecolari come il DNA.

Tra l’8000 e il 7000 a.C. il clima si stabilizzò e si mitigò, portando al fiorire delle nuove culture americane.

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Le prime migrazioni

Il periodo litico: i Clovis e i Folsom

Dry Creek e la zona del lago Healy sono i due siti che offrono le prime prove del passaggio delle popolazioni asiatiche.

I paleo indiani “ben presto” si sparpagliarono in tutto il continente, a cominciare proprio dalle immense praterie degli odierni Stati Uniti e Canada, fino ad arrivare a Monte Verde in Cile.

Ad ogni modo tutti questi primi gruppi erano accomunati da una tecnica di fabbricazione di pietre scheggiate, utilizzate da piccoli clan nomadi formati da 20 a 50 individui.

Queste prime tribù non avrebbero avuto capi e si guadagnavano il rispetto degli altri membri del clan esercitando l’arte della caccia, della pesca o della guarigione.

Gli “anziani”, la cui aspettativa di vita all’epoca non andava oltre i 35 anni, venivano tenuti in alta considerazione in virtù della loro esperienza.

Il periodo litico fu segnato da cambianti climatici che spinsero alcuni di questi gruppi a cercare nuove zone.

Uno dei primi gruppi ad avere lasciato delle tracce è la cosiddetta cultura di Clovis, che fabbricava strumenti in avorio e osso.

Ad ogni modo i Clovis ebbero vita breve, e furono ben presto sostituiti da nuovi gruppi.

Una curiosità; all’epoca in America vi sarebbero stati anche cammelli e cavalli, ma sarebbero morti in seguito alle glaciazioni.

I cavalli vennero reimportati nel continente americano dagli spagnoli.

Nello stesso periodo cominciarono a moltiplicarsi i bisonti, che ben presto cominciarono ad essere cacciati dai Folsom.

La cultura Folsom era caratterizzata da uno stile di vita nomade e da piccoli gruppi di cacciatori.

Verso la fine del litico, i ghiacci che ricoprivano buona parte dell’America settentrionale cominciarono infine a sciogliersi, lasciando nuovi territori da esplorare e abitare.

Il periodo arcaico

La fase arcaica è caratterizzata da un clima più tiepido o anche arido, ed è sostanzialmente la causa della scomparsa della megafauna.

Gli ultimi gruppi di paleo indiani vennero ben presto assorbiti dalle nuove culture più sviluppate che si andavano formando.

Alcuni di questi gruppi, come i Fuegian e i Patagoniani cominciarono a sviluppare strumenti più evoluti.

Tra i materiali di lavoro, la pietra e l’osso, si vanno aggiungere il legno e la fibra delle piante.

Prove genetiche: i cinesi in america!

Secondo i genetisti pertanto le popolazioni americane, dell’Asia Orientale e del Pacifico, facevano parte di uno stesso gruppo originario influenzato da successive ondate migratorie.

La genetica molecolare prova che tutte le popolazioni amerinde derivano da un solo gruppo di fondazione originario, ma che è limitato per una percentuale che va dal 50 al 70%.

Questo proverebbe che successive ondate migratorie avrebbero influenzato le differenze genetiche delle popolazioni americane.

Lo studio è stato affrontato dall’ American Journal of Human Genetics, realizzato nel 2007 che dimostra come 86 genomi mitocondriali completi derivino da una singola popolazione.

La differenziazione genetica dei gruppi indigeni aumenta con la distanza dall’ipotetico primo punto di entrata (ovvero lo stretto di Bering).

Il primo gruppo è così senza dubbio di origine siberiana.

Abbiamo quindi provato come le prime migrazioni avvenute tramite lo stretto di Bering abbiano popolato le Americhe.

Ma le migrazioni, più tardi continuarono e cambiarono i punti di entrata.

La genetica ancora una volta ci aiuta a sollevare alcuni dubbi e a provare inconfutabilmente come in questa fase entrarono nelle Americhe popolazioni di origine cinese.

Un aplogruppo è un gruppo di aplotipi tra loro differenti, tutti però originati dallo stesso aplotipo ancestrale.

L’aplogruppo B è una aplogruppo mitocondriale del DNA asiatico, comune a tutte le popolazioni dell’Estremo Oriente.

Ora, la medesima differenziazione genetica è riscontrabile tra alcune popolazioni indigene in America settentrionale e meridionale.

La Cina è il paese con la più alta diversificazione dell’aplogruppo B. Gli altri aplogruppi che si trovano in America, ovvero A,C,D e X sono di origini siberiana.

Secondo i genetisti pertanto le popolazioni americane, dell’Asia Orientale e del Pacifico, facevano parte di uno stesso gruppo originario influenzato da successive ondate migratorie.

Una curiosità: l’aplogruppo X è l’unico aplogruppo presente in Europa, Asia e America, quindi non solo riferibile all’Asia Orientale ed è riscontrabile nelle tribù Sioux, Navajo e Yakama.

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La diffusione degli aplogruppi

Altri studi, più o meno condivisibili, dimostrerebbero inoltre analogie linguistiche tra i dialetti Sino-Tibetani e altri del Nord America, a cominciare dall’Athabascan.

Non sono state però finora trovate prove apprezzabili a sostegno di questa tesi.

Altre tesi più azzardate inoltre suggeriscono legami linguistici e culturali tra popolazioni amerinde, del pacifico, cinesi, indiane, semitiche e addirittura europee, ma sinceramente non possiamo sostenere una tesi del genere, in quanto le analogie riportate sono ben più tarde del periodo delle grandi migrazioni e potrebbero piuttosto risalire a un archetipo inconscio della natura umana, anziché a influenze esterne.

Tra queste analogie si possono trovare ad esempio il gioco indiano del Pachisi (all’origine dell’odierno Parcheesi ovvero il celeberrino “Non ti arrabbiare”) e il Patolli diffuso tra gli aztechi e alcuni motivi stratigrafici mortuari, condivisi tra alcuni gruppi della Micronesia e del Guatemala.

Esiste una lunga letteratura a sostegno di queste tesi e di successive influenze asiatiche sulle culture mesoamericane e viceversa.

Secondo alcuni vi sarebbero almeno 120 specie di flora e di fauna condivise tra vecchio e nuovo continente.

La spiegazione andrebbe ricercata in successivi contatti navali tra le due sponde del Pacifico.

Del resto è possibile.

Le isole del pacifico sono abitate da lungo tempo e sarebbero potute servire da scali per questo genere di missioni.

Ma queste rimangono ipotesi e non sono state ancora avvalorate da prove a sostegno inconfutabili.

Purtroppo poi il confine tra l’archeologia e la fantastoria spesso è labile e vi è chi invece estende queste similitudini in una scala di dimensioni davvero troppo vaste.

Vi è difatti una lunga lista di discrepanze cronologiche che in effetti lasciano perplessi, ma che potrebbero benissimo essere elencate come semplici fraintendimenti interpretativi.

di Matteo Damiani

Fonti: Wikipedia, Enciclopedia Britannica, Sino-Platonic Papers

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