Rimandata l’apertura del primo bar gay ufficiale cinese

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Gay bar in Cina

Qualche giorno fa ha suscitato un certo scalpore la notizia dell’apertura del primo bar gay finanziato direttamente dal governo in quel di Dali, la rilassata meta preferita dai turisti zaino in spalla in Cina ma allo stesso tempo una delle città con il più alto tasso di malati di AIDS in Cina.

Il governo cinese, segno che tanta acqua è passato sotto i ponti, ha dedicato molta attenzione alle celebrazioni della 22esima giornata mondiale dell’AIDS. Ma non tutto è andato secondo i piani.

A Pechino un evento ufficiale è stato interrotto da uno sparuto gruppo di attivisti. L’agenzia di stampa AP ha riportato che circa 20 persone, che indossavano maschere dalle facce bianche con su scritto “trasfusioni di sangue infetto causano l’AIDS”, sono piombate durante un evento che si teneva alla stazione sud dei treni, domandando maggior supporto dalle autorità. Gli attivisti hanno inscenato l’irruzione per spostare l’attenzione verso una delle cause più colpevoli per il proliferare della malattia, una malattia che ricordiamo per anni è stata nascosta e negata all’occhio indiscreto dei media internazionali.

Nel frattempo a Dali, nell’esotica provincia dello Yunnan, le autorità locali finanziavano l’apertura di un gay bar, a segno di come i tempi ormai sono inesorabilmente cambiati in Cina. Un tempo difatti, come per l’AIDS, il governo negava la possibilità che in Cina vi potessero essere gay, e per un certo tempo, fu anche sostenuta la ridicola ipotesi che i cinesi fossero immuni all’omosessualità. Il bar è stato aperto non per puri scopi commerciali, ma piuttosto per fungere da piattaforma per innalzare il livello di attenzione della clientela omosessuale verso il sesso sicuro. Ma martedì, il piano apparentemente è stato vittima dell’hype e di un successo prematuro.

Secondo difatti l’agenzia di stampa Xinhua, l’apertura è stata rimandata per la troppa pressione esercitata sull’iniziativa, almeno stando a giudicare le parole del gestore, il signor Zhang Jianbo, medico presso la struttura ospedaliera di Dali. Insomma, tutto il clamore suscitato attorno alla pur lodevole iniziativa, ha finito con l’intimorire la potenziale clientela, che non se l’è sentita di darsi in pasto ad una stampa morbosamente attratta dalla notizia. Dali ha popolazione omosessuale stimata tra le 1500 e le 2000 unità, senza contare la nutrita comunità straniera.

Ad ogni modo, il bar, finanziato con un investimento di 18,000 dollari, prima o poi aprirà. Secondo alcuni osservatori più critici invece, il bar non è nient’altro che uno specchietto per le allodole, per allontanare l’attenzione dai veri problemi di AIDS della regione. Ricordiamo che lo Yunnan sarà pure una meta incantevole per il turismo, ma proprio a causa della sua posizione favorevole, incastrato tra Birmania, Laos e Vietnam, è la prima regone cinese lungo la via della droga che parte dal triangolo d’oro per finire nei porti di Hong Kong, da dove poi viene diffusa nei quattro angoli del globo terrestre.

Pertanto lungo la frontiera, vi sono innumerevoli villaggi e cittadine che nel tempo sono diventati importanti snodi per i traffici illeciti di eroina e oppio. Mengla nello Xishuanbanna e Ruili, a confine con la Birmania, sono probabilmente i simboli negativi della fragilità della frontiera cinese. Innumerevoli qui sono i casi di sieropositivi ed eroinomani e il problema del contrabbando, sia esso di eroina, prositute, oppio o rubini, è una piaga sociale che ha raggiunto ormai dimensioni endemiche.

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