Cina-India, scintille al confine

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L’imminente visita del Dalai Lama nell’Arunachal Pradesh riapre la questione delle aree contese tra i due Paesi, sullo sfondo di una lotta per il predominio in Asia.

A margine di un summit regionale in Thailandia, i leader di Cina e India hanno appena assicurato che i rapporti tra i due Paesi sono ottimi.

Che abbiano dovuto specificarlo ora non è casuale: sullo sfondo di un posizionamento strategico che li mette uno contro l’altro, portandoli a guardarsi con diffidenza, tra i giganti asiatici è tornata d’attualità la questione di due territori contesi, per i quali 47 anni fa hanno già combattuto una guerra. Perché di mezzo c’è anche il Tibet.

E il fatto che il Dalai Lama sta per visitare una di queste aree potrebbe essere una scintilla.

Intorno all’Arunachal Pradesh, uno stato dell’India nord-orientale, la tensione era già alta da mesi, con Delhi che ha intensificato la sua presenza militare mandando soldati ed elicotteri.

Nella zona è predominante la comunità Monpa, di ceppo tibetano e fede buddista, e nella città di Tawang si trova il più importante monastero in India. Il Dalai Lama, passato di là quando fuggì dalla Cina nel 1959, visiterà l’Arunachal Pradesh dall’8 al 15 novembre.

Pechino, che già qualche settimana fa aveva protestato contro un giro elettorale del premier indiano Manmohan Singh nello stato, ne ha subito approfittato per biasimare l’India e “la natura separatista e anti-cinese della cricca del Dalai Lama”, come l’ha chiamata un portavoce del ministero degli Esteri.

Circa 90mila chilometri quadrati dello stato sono infatti reclamati da Pechino.

E’ una disputa vecchia di decenni, e che si basa su due interpretazioni opposte della storia.

Per l’India, quella zona  è sua perché così venne stipulato a Simla nel 1914 tra l’impero britannico e il Tibet, quando questi era de facto uno stato indipendente.

Secondo la Cina, che ha invaso il Tibet nel 1950 ripristinando i confini del vecchio impero, quella Convenzione non ha valore perché Pechino non riconosce quei quattro decenni di indipendenza tibetana.

E quel confine tracciato da Henry MacMahon, il negoziatore britannico dell’epoca, è l’ultimo simbolo – dopo decenni di propaganda per ricordare che il Tibet è sempre stato cinese – che ricorda al mondo la passata autonomia.

La questione è legata a quella dell’Aksai Chin, un altopiano himalayano quasi disabitato e appendice del Kashmir indiano, dove vige una situazione opposta: la Cina lo controlla, l’India lo reclama.

Entrambi i problemi si protraggono dal 1962, quando l’esercito cinese sconfisse quello indiano in una guerra di confine costata migliaia di morti.

Tredici incontri dal 2003 a oggi non sono bastati per raggiungere un accordo.

Da parte sua, Delhi è irritata con la Cina  per gli investimenti sulle infrastrutture nella parte pachistana del Kashmir, perenne punto di tensione con Islamabad.

La tensione non viene certo smorzata dalla pratica iniziata quest’anno dai consolati cinesi nelle due zone, che hanno iniziato a rilasciare più che volentieri visti alla popolazione locale.

Il sospetto di Delhi è che, in futuro, Pechino possa non riconoscere i beneficiari come cittadini indiani, considerandoli abitanti dei “propri” territori.

Non sono solo scaramucce simboliche. Intorno alle questioni territoriali, ci sono due Paesi con obiettivi strategici diversi e una fondamentale diffidenza reciproca.

Ci possono essere segnali di collaborazione – la settimana scorsa Pechino e Delhi si sono accordate per mantenere una posizione comune sulla questione del riscaldamento globale – ma i punti di frizione sono maggiori: dal commercio alle alleanze con altri Paesi, la sfida per la prevalenza economica e geopolitica in Asia è aperta.

La Cina è chiaramente più avanti, con un Pil pro-capite tre volte maggiore dell’India, e secondo diversi analisti cerca di “contenere” lo sviluppo di Delhi. Geopoliticamente, sostenendo Pakistan, Sri Lanka e Nepal, l’ha circondata.

La nuova alleanza dell’India con gli Usa, sancita da un patto di collaborazione nucleare, ha invece irritato i cinesi, che temono un blocco indo-americano contro di essi.

Le montagne himalayane, nelle due zone contese, sono reciproche ditate negli occhi con cui i due Paesi si ricordano a vicenda le loro ambizioni.

Ma sono questioni che prima o poi andranno affrontate.

Alessandro Ursic
Fonte: peacereporter.net

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