Tecniche per la realizzazione dei cibi cinesi

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Molto simili sono le caratteristiche di base in termini di tecniche di cottura e di attrezzature della cucina cinese.

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Taglio e cottura, hanno legami fortissimi con la tradizione filosofica taoista: chi è in procinto di tagliare deve possedere un animo tranquillo e sgombro da pensieri: deve essere come un monaco in meditazione, solo così potrà essere certo di ottenere un ottimo risultato.

Il saggio e il cuoco si vedono avvicinati per il talento che dimostrano entrambi per gestire il fuoco alchemico, che distillerà l’elisir di lunga vita, e per la cura del fuoco che renderà cotti e più appetibili i cibi.

Anche quando la tradizione filosofica cinese parla del “modo essenziale di nutrire il principio vitale” associa la mano allo spirito e narra di un cuoco, Ding, il quale è padrone dell’arte del taglio.

Affidandosi alle linee delle conformazioni naturali ha mantenuto il suo coltello come nuovo per diciannove anni, così anche il saggio per nutrire il principio vitale deve prendere esempio dal cuoco che osserva le difficoltà del taglio.

Sono due i tipi di coltello utilizzati, differenti solo per dimensione, mentre la loro struttura è simile a quella dei coltelli spaccaossa in uso nelle cucine occidentali.

Per la preparazione di molti piatti, il rituale del taglio è fondamentale: nulla arriva intero in tavola, infatti non c’è da stupirsi nell’uso delle bachette (kuaizi) anziché delle nostre posate occidentali (coltello e forchetta) poiché più pratiche e più agili nel “catturare” un cibo così sminuzzato e minuto già ridotto in bocconcini.

Solo l’anatra alla pechinese, cotta intera, talvolta è tagliata in tavola dai commensali.

Gli ingredienti, prima della cottura, vengono sottoposti ad un taglio accurato, classificato in quattro possibili forme: bocconcini o dadini (ding), julienne (si), fettine sottili e larghe (pian), pezzi più grossi e irregolari (kuai).

A questi tagli corrispondono tecniche precise di impiego del coltello.

I taglieri cinesi di norma sono spessi almeno una spanna, a volta sono circolari in quanto ricavati da una sezione di tronco.

Il fuoco per cuocere gli alimenti può essere dolce (wen), o vivace (wu).

La cottura dei cibi è regolata da ferree leggi, infatti se un fuoco deve essere moderato, ma risulta troppo alto viene chiamato “pazzo furioso” (meng), se invece è troppo basso, si dice che è debole e svilito (ruo).

Importante è anche calcolare i tempi di cottura, una volta, per avere un limite giusto si ricorreva al periodo di consumo dei bastoncini d’incenso.

Le tecniche di cottura della cucina cinese sono molte: infatti nella lingua una sola parola può indicare più processi di cottura secondo un determinato e specifico ordine.

Il termine (bao) per la preparazione di un piatto può significare che il cibo, prima sminuzzato, poi deve essere sbollentato, in seguito fritto in molto olio e successivamente deve essere finito al salto in un recipiente che contiene una salsa o un altro condimento.

Solitamente i cibi, se non vengono serviti crudi, seguono l’ordine di più cotture anche se i tempi sono brevi possono essere bolliti, stufati, fritti o salati.

Le tecniche fondamentali sono numerose.

La frittura-saltatura, eseguita di norma in wok, prevede la cottura del cibo, tagliato in pezzi molto sottili o ridotti in dimensioni simili, molto rapidamante a temperatura piuttosto elevata in poco olio; la frittura superficiale, richiede un tempo maggiore di cottura poiché il calore è più moderato e l’olio è abbondante; la frittura profonda viene utilizzata per rendere il cibo croccante, il quale molto spesso subisce più cicli di frittura nello stesso olio, proprio per esaltare ulteriormente la croccantezza e la doratura; la frittura esplosiva, dove i cibi precedentemente avvolti nella pastella vengono gettati nell’olio bollente; la frittura al cartoccio è più usata invece per piccoli porzioni di carne che, prima insaporiti e poi avvolti in foglie o carta stagnola, sono gettati nell’olio e fritti; la cottura in salsa speziata e piccante (yuxiang); la cottura in salsa di soia che conferisce un colore rosso alle pietanze (hong shao); la cottura su pietra bollente, che vede il cibo servito sfrigolante ai commensali con la pietra che lo ha cucinato (tieban); la cottura al vapore, ottenuta grazie a vaporiere di bambù disposte una sopra l’altra in modo che più piatti possano essere cotti simultaneamente; la stufatura, vede di norma la carne speziata e piccante, per circa mezza giornata cuocere in un grande recipiente di terracotta; la cottura al forno per arrostire velocemente la carne ad elevata temperatura è solitamente in uso per la preparazione dell’anatra alla pechinese laccata; la grigliatura al carbone o alla piastra e molte altre ancora sono caratteristiche di chioschi e bancarelle di strada.

Il recipiente maggiormente utilizzato è una pentola chiamata wok (guo), per i cuochi è fondamentale per mantenere inalterati il colore naturale e le proprietà nutritive.

E’ indispensabile per la maggior parte delle tecniche di cottura prima citate. Di solito è di ferro e non viene lavato con sapone, solo risciacquato con acqua calda e strofinato.

La forma del wok permette di cuocere con poco grasso ed è l’ideale per le cotture veloci; la sua porosità offre una minima dissoluzione del ferro, che lo compone, nei cibi.

I cuochi cinesi mettono in atto tutte le loro conoscenze ed attenzione per esaminare: il gusto, la consistenza, il colore e l’aspetto, il profumo e la fragranza, l’aroma, il quale determina se l’alimento è fresco al giusto grado di macellazione o maturazione, poiché tutto ciò ha un ruolo fondamentale e spesso decide del successo di un piatto.

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