- Casa
- /
- Blog
- /
- Pagine utili
- /
- Viaggiare in Cina
- /
- Internet in Cina
Il web cinese è un gigantesco calderone, ancora in parte inesplorato, traboccante di qualunque genere di materiale si possa immaginare.
Gli internauti cinesi sono aumentati in numero esponenziale negli ultimi anni, ed ora stanno per superare i 120 milioni di navigatori americani, che fino ad oggi guidavano la classifica mondiale per numero. Molto è stato scritto su questa nuova realtà, ma è praticamente impossibile riuscire ad offrire una panoramica esauriente su questo oceano di informazioni.
Uno dei pregiudizi sui quali facilmente si può incappare, è quello di considerare l’internet cinese come un qualcosa di rigidamente controllato dalle squadre dei cyberpoliziotti del governo. In realtà, è sostanzialmente impossibile stendere una cortina virtuale sui liberi contenuti che circolano per la rete della Terra di Mezzo. I sistemi utilizzati per lo più, si basano su software che limitano la navigazione degli utenti verso siti considerati sensibili, quali possono essere Wikipedia, Flickr, siti di blogs, siti pornografici, portali di news come BBC Asia o il Daily Telegraph, siti che trattano argomenti scottanti come il Falun Gong, pro-Tibet, favorevoli all’indipendenza di Taiwan o che ricordano i tragici fatti accaduti nel giugno del 1989 a Tiananmen. La lista è lunga e soprattutto non può mai essere considerata definitiva giacché di tanto in tanto, alcuni di questi siti sono raggiungibili dal territorio cinese. Il caso di Wickipedia è esemplare, dato che è visibile a singhiozzo. Youtube, viene invece oscurato in concomitanza con particolari eventi quali ad esempio i congressi del partito, o non desiderati, come è successo recentemente per il Tibet.
Bisogna tenere in considerazione anche un altro fattore. Spesso la stampa occidentale pubblica notizie del tipo: “Google oscurato in Cina”, ignorando che la censura cinese opera su scala provinciale e non nazionale, per cui ciò che è raggiungibile da Pechino non è detto che lo sia anche dall’Hunan e viceversa. Oltretutto le maggiori città spesso e volentieri sono degli osservatori speciali e centri di sperimentazione per le autorità cinesi, per cui la somma che si può ricavare da questi posti è spesso illusoria.
Inoltre talvolta accade che vi siano dei problemi tecnici che possano influenzare il buon funzionamento della rete. Per cui se un certo sito non risulta visibile per un periodo di tempo non è detto che necessariamente sia finito sotto le maglie della cyberpolizia. E’ però vero che vedere certi siti, considerati altamente pericolosi in Cina, rimarrà un sogno irrealizzabile per molti anni ancora. E i recenti fatti in Tibet lo dimostrano ampliamente.
La censura avviene anche con il benestare dei vari motori di ricerca stranieri e cinesi che operano in questo paese, come Baidu, Google e Yahoo, che si producono in oscuramenti preventivi e selettivi per i soliti argomenti tabù. In particolare la posizione di Yahoo è stata più volte aspramente criticata in quanto in passato ha fornito alle autorità di Pechino i nominativi di alcuni utenti, attivisti dei diritti umani, che sono stati in seguito incarcerati. Per queste ragioni, Google, Yahoo, MSN e produttori di routers come Cisco, recentemente hanno dovuto affrontare il parlamento americano, subendo l’onta dell’accusa di favoreggiamento nei confronti di Pechino. Questi giganti della rete, dopo aver fatto mea culpa, hanno attribuito tutta la colpa alle leggi cinesi che impongono il rispetto di queste regole pur di rimanere in questo mercato potenzialmente molto florido. Paese che vai, usanza che trovi insomma.
Come si diceva prima però, la censura cinese è un qualcosa di facilmente bucabile. Bastano poche nozioni per riuscire ad accedere a tutte quel genere di informazioni classificate come sensibili dalle autorità. E queste nozioni sono alla portata praticamente di tutti. Difatti gli internauti cinesi sono generalmente piuttosto scafati, e sono a conoscenza di una lunga serie di trucchi per bypassare i blocchi operati dal regime. Inoltre la cyberpolizia opera seguendo due direttive. Una, come si diceva, opera il blocco via software, l’altra invece consiste nello scandagliare i vari forum, blog e siti internet alla ricerca di contenuto considerato potenzialmente pericoloso.
Inoltre molti internet caffé hanno installati dei programmi che presentano il logo della cyberpolice, ma non è chiaro come operino. Questa analisi della rete avviene per lo più utilizzando personale che si vorrebbe qualificato, ma che talvolta non è in grado di scindere ciò che potrebbe mettere in imbarazzo il governo da materiale di altro tipo, umoristico, storico, etc. che però agli occhi del cyberpoliziotto meno preparato, può apparire dannoso. E così cadono sotto la censura cinese innumerevoli siti che mai potrebbero mettere in difficoltà la Cina.
La Cyberpolice cinese
Lo staff di circa 30.000 impiegati che pattuglia quotidianamente le strade del web cinese, per quanto strano possa sembrare, si chiama proprio cyberpolice, e il suo sito ufficiale è raggiungibile digitando l’indirizzo cyberpolice.cn. Dietro questa etichetta dal sapore vagamente fantascientifico, si cela il Ministero per la Pubblica Sicurezza per le attività sulla rete. La cyberpolice è presente in tutte le capitali delle province cinesi. Dal 2006, la polizia di internet della città di Shenzhen ha deciso di dare un’immagine di sé più simpatica, creando due mascotte Jingjing e Chacha, la cui presenza su talune pagine web indicherà che sono monitorate.
Gli internet caffè cinesi, o diannao wu, sono molto frequentati dai giovani, in particolar modo studenti, appassionati di giochi di ruolo online o di siti di socializzazione, tanto da far sollevare presso le autorità cinesi il problema dell’internet-dipendenza e spingendo all’apertura di veri e propri centri di disintossicazione
Molti stranieri appena giunti in Cina vivono la frustrazione di non potere accedere tranquillamente ai loro siti preferiti, trovando irragionevoli i paletti imposti dalle autorità di Pechino. Vediamo come è possibile, con pochi semplici passaggi, sbloccare la rete e garantire un pieno utilizzo delle risorse che internet può offrire.
Il browser che ci sentiamo di consigliarvi è senza dubbio Firefox, in quanto è un’applicazione open-source e che a dispetto delle precedenti versioni di Explorer, consente una personalizzazione davvero completa, soprattutto per quanto riguarda gli add-on scaricabili dal sito ufficiale, che ampliano notevolmente le possibilità a nostra disposizione.
a) Proxy List
Vi sono diversi modi per avere libero accesso ai siti internet in Cina, rinunciando però spesso alle prestazioni e alla velocità dei siti, in particolare dei portali di video-sharings.
Un metodo molto diffuso consiste nel configurare il proprio browser utilizzando dei proxy. La procedura è piuttosto semplice e se si è a conoscenza di proxy efficienti, il risultato ottenibile è il migliore in assoluto. Il problema è ottenere degli indirizzi proxy funzionanti davvero e non già scaduti. Difatti la vita dei proxy pubblici è generalmente molto breve. Ottenere queste liste è un’operazione piuttosto semplice e bastano poche ricerche sui motori di ricerca per reperire quanto stiamo cercando. Il problema è che spesso queste liste sono già vecchie nel momento stesso della pubblicazione. Alternativamente è possibile acquistare questi elenchi a pagamento. Ma è un’opzione che non ci sentiamo di consigliare giacché le truffe in internet si nascondono dietro ogni pixel!
Vediamo come configurare il proprio browser con pochi semplici click:
Cliccate su “strumenti” > “opzioni”
Cliccate sul tab “Avanzate” e successivamente su “network”
Spuntate la voce “Configurazione manuale del Proxy” e completate i campi “HTTP Proxy” e “Porta” con i dati che vi siete segnati in precedenza, dopo avere visitato i siti internet che ospitano le liste di proxy.
Provate a vedere se la connessione funziona correttamente. In caso negativo, provate con un altro indirizzo proxy.
Web Proxy
Il secondo metodo è probabilmente il più semplice in quanto non richiede alcun tipo di configurazione del proprio browser, dato che il bypass della censura avviene a livello web, utilizzando principalmente due tipi di tecnologie, phproxy o cgi. Vi sono innumerevoli siti che offrono questo tipo di servizio, ma non tutti sono efficienti in egual misura. Oltretutto alcuni di questi siti sono graficamente confusi, affogando ciò che stiamo cercando, il campo dove digitare l’indirizzo web che vogliamo visitare, fra una miriade di annunci pubblicitari piuttosto invasivi ed alcuni dai contenuti pornografici.
I siti internet principali
Internet in Cina si sa, oltre che costituire argomento controverso per i commentatori occidentali, sempre perplessi difronte alle restrizioni operate dal governo cinese, costituisce tuttavia un’imperdibile occasione per gli investitori a caccia di nuovi potenziali clienti. Ma vediamo in una rapida carrellata chi sono i principali protagonisti del web made in China.
Probabilmente il marchio più noto dalle nostre parti è Alibaba.com, utilizzato quotidianamente da milioni di utenti in tutto il globo. Alibaba.com, oltre che comprendere il portale dedicato agli acquisti TaoBao.com, con più di 10 milioni di utenti registrati, nell’ottobre del 2005 ha a sorpresa acquistato il marchio Yahoo!China direttamente da Yahoo. Da parte sua Yahoo! ha investito un miliardo di dollari, il più grande affare della storia di internet in Cina, in Alibaba entrando in possesso di una quota attorno al 40%. Alibaba è una dinamica società attiva nelle transazioni commerciali internazionali e contiene al suo interno un nutrito database consultabile gratuitamente di aziende per lo più operanti con la Cina: per la sua indiscutibile efficacia Forbes per sei anni consecutivi le ha insignito il prestigioso premio “Best of the Web”.
Sinasina, o più semplicemente Sina, come viene indicata nell’indice Nasdaq dal 2003, è stata capace di quintuplicare il suo valore in borsa portandola alla ribalta in tutto il mondo. E’ un portale dedicato ai cellulari, ai giochi online, alle news, alle aste e tra i suoi clienti vi sono Microsoft, IBM, Lenovo e Wolkswagen.
Netease.com (raggiungibile anche all’indirizzo www.163.com) è diventata una delle maggiori realtà del web cinese, soprattutto grazie al net gaming, col quale ha registrato numeri da capogiro: 710 milioni di pagine viste al giorno per 30 milioni di utenti registrati ed un servizio email di oltre 100 milioni di account registrati.
Di Baidu.com ormai ne parlano tutti. E’ il maggior motore di ricerca cinese (è uno dei siti più visitati al mondo secondo il traffic rank di Alexa, sussidiaria di Amazon) ed offre un’ampia gamma di servizi, ma ancora nel 2004 una fetta è finita nelle mani di Google, ansioso di acquistare quote di mercato sempre più grandi anche in Cina.
Xinhuanet è stata lanciata nel 1997 come divisione web dell’Agenzia di Stampa Xinhua. E’ l’unica agenzia di stampa ufficiale nazionale in Cina ed è, nel bene e nel male un punto di riferimento per ottenere informazioni di prima mano su questo paese. E’ raggiungibile su tre differenti domini: xinhuanet.com, xinhua.org e news.cn. I server della versione in inglese sono puntati su www.chinaview.cn. La Xinhua rilascia notizie in sei lingue: cinese, inglese, spagnolo, francese, russo e arabo. 80 milioni sono le pagine visualizzate ogni giorno.
Cri.cn è il sito ufficiale di China Radio International, l’unica emittente radiofonica cinese a trasmettere anche all’estero. Le sue news vengono diffuse in 43 lingue. Il suo scopo dichiarato per l’utenza straniera è quello di introdurre la Cina in maniera semplice, e per quella cinese, oltre che da fungere da sito di informazione, anche avvicinarla alla comprensione delle altre nazioni.
Oramai di siti che possono vantare milioni di visitatori mensili in Cina ve ne sono a bizzeffe. Possiamo citarne in ordine sparso alcuni dei più conosciuti: 21cn.com, sohu.com, blogchina.com, china.ren.com, sogou.com, tom.com e qq.com.
Abbiamo visto alcune delle realtà più interessanti del web cinese. Ma per conservare un occhio critico su questo panorama è bene conoscere anche il punto di vista di una serie di siti che fanno della Cina il loro pane quotidiano, spesso gestiti da stranieri che vivono in questo paese e che hanno una conoscenza approfondita di questo mondo.
Non si può non citare Danwei.org, con sede a Pechino, dal 2003 un vero e proprio punto di riferimento sulla Cina per moltissimi giornalisti stranieri, che spesso non disdegnano di ispirarsi a questo sito. Jeremy Goldkorn, di origini sud africane, è il suo fondatore. Danwei ogni giorno descrive con meticolosità la Cina, soprattutto da un punto di vista mediatico, spesso senza rinunciare ad una punta di ironia. Danwei.tv è il suo canale video che ha riscosso un certo successo tra gli expats (gli stranieri che vivono in Cina), soprattutto grazie alla trasmissione Sex & Beijing, chiaramente ispirata al noto serial televisivo.
Shanghaiist.com è invece un popolare blog che ha deciso di puntare su Shanghai, ma non solo. Al suo interno, oltre agli eventi della “Parigi d’Asia”, vengono affrontati molti altri temi d’attualità.
CinaOggi.it invece, oltre che essere il sito da cui proviene lo staff di questa rivista, offre dal 2002 news, articoli, approfondimenti, video, gallerie fotografiche sulla Cina. Oltre all’attività sul web, CinaOggi è anche l’organizzatore del BigScreen Festival, il primo festival cinematografico della provincia dello Yunnan.
Tuttocina.it è probabilmente il sito italiano sulla Cina da più tempo in circolazione e predilige focalizzare la sua attenzione sulla letteratura, l’arte classica e la filosofia cinese.
Associna.com è il sito degli studenti universitari cinesi in Italia e dei cinesi di seconda generazione.
4) HihiHi – Il Second Life cinese
HipiHi è la risposta cinese al popolare Second Life, il simulatore di vita californiano. Il software, scaricabile dall’indirizzo www.hipihi.com non è ancora uscito dall’ultima fase di beta. Lo scopo di questo programma, prodotto anche con investimenti giapponesi di NGI, è quello di ricreare un mondo virtuale ispirato dalla cultura e tradizione orientale. Non dissimilmente da Second Life, gli utenti potranno, a proprio piacimento, dare libero sfogo alla fantasia personalizzando i propri avatars, creando edifici utilizzando appositi tools o dei prefabbricati, collaborare ed avviare attività commerciali o di intrattenimento. Secondo le intenzioni degli sviluppatori, attraverso la rimozione di barriere fisiche spazio temporali, HiPiHi cerca di stimolare l’interazione tra gli utenti, e di sviluppare una piattaforma per attività virtuali che trascendono la realtà e permettono nuovi stili di vita che accendano le passioni, i sogni e le speranze degli utenti.
HiPiHi Co. LTD. è stato fondata verso la fine del 2005 da Xu Hui e da alcuni suoi precedenti collaboratori. Xu Hui, non nuovo al mondo di internet, nel 1999 era stato nominato nella Top 10 degli Internet Heroes cinesi. Al momento questa società conta 60 impiegati nei suoi uffici di Pechino.
Voci di corridoio inoltre affermano che Linden Labs, la società dietro a Second Life, sia in contatto con i vertici di HiPiHi, e non sarebbe da escludere la possibilità di aprire una porta tra i due mondi per permettere ai propri avatars di viaggiare da un universo all’altro.
Requisiti di sistema:
Per far girare HiPiHi occorre almeno un pc con 1Ghz, 512 Mega di Ram, una scheda grafica da almeno 64mb, una connessione ADSL e Windows 2000 o superiore.
5) Hackers in Cina
Negli ultimi anni sempre più governi occidentali hanno lanciato l’allarme hackers proveniente dalla Cina. Dal 2003 sempre più insistenti sono stati gli attacchi dei pirati informatici cinesi, che, secondo il Pentagono e altri apparati militari e di sicurezza, sarebbero addirittura spalleggiati da Pechino, che molto difficilmente non potrebbe essere a conoscenza di tali minacce, considerando l’altro livello di preparazione raggiunto da questi esperti, anche se i vertici del governo hanno sempre negato qualunque coinvolgimento. Nel 2005 il comando della Marina Statunitense denunciava i continui tentativi da parte di hackers cinesi di entrare nel sistema della difesa americano. Secondo gli ufficiali statunitensi, costoro non potevano non agire senza il supporto governativo, a giudicare almeno dal numero sempre crescente di attacchi e dal livello di preparazione. Il problema avrebbe raggiunto addirittura le dimensioni di un vero e proprio conflitto tra le squadre di tecnici americani e cinesi. Gli attacchi sono di varia natura: vanno dal furto di tecnologie, allo spionaggio industriale, dall’infiltrazione, alla creazione di cellule dormienti all’interno dei networks dell’intelligence americana per future azioni. Secondo un recente rapporto militare, i cinesi potrebbero essere in grado di vincere la guerra dell’ informatizzazione entro mezzo secolo. Gli hackers cinesi sono responsabili di un’intrusione nel novembre del 2006 che ha disattivato il network del Naval War College americano, forzando l’istituto a disattivare il suo sistema di computer per parecchie settimane. Secondo alcuni analisti lo scopo dell’exploit sarebbero state alcune informazioni sulle simulazioni di guerra progettate nell’istituto. L’NWC, non fa parte della rete della Marina, e non può sfruttare le protezioni del network militare. Questo dato è però sintomatico di come agiscono gli hackers, che cercano di individuare i punti deboli del sistema per carpire informazioni. I cinesi userebbero metodi abbastanza tradizionali per raggiungere i loro scopi. Generalmente farebbero uso delle tecniche di phishing che cercano di fare cliccare gli utenti dell’apparato della Difesa su indirizzi conducenti a URL pericolosi, oppure di Trojans, virus e worms, ma utilizzati in maniere originali ed innovative. Gli hackers cinesi hanno guadagnato notorietà negli USA a partire dal 2003 con una serie di exploits coordinati devastanti che partivano dalla provincia del Guangdong. L’attacco, chiamato in codice Titan Rain dagli esperti della sicurezza americana, è stato il primo riportato. Il team di hackers cantonesi sarebbe ancora attivo, anche se non è possibile collegarlo alle più recenti operazioni. A inizio settembre 2007, il quotidiano britannico Financial Times rilasciava una inquietante notizia, ripresa ampiamente da tutti i media occidentali. Lo stesso Pentagono a giugno dello stesso anno, in particolare l’ufficio del segretario della Difesa Robert Gates, sarebbe stato vittima di un attacco su larga scala proveniente dalla Cina, costringendo la Difesa ad isolare una parte del sistema informatico. Ufficiali del governo avevano puntato il dito contro Pechino, dimostrando convinzione quasi assoluta, che dietro a questo attacco non vi potesse essere che il nuovo esercito di tecnici, ingegneri ed informatici al soldo della Cina. L’azione seguiva una serie eccellente di operazioni di infiltrazione a danni oltre che del NWC, anche a quelli di altri uffici governativi come la National Defense University o il Commerce Department Bureau of Industry and Security. Durante la primavera dell’anno scorso i cinesi avrebbero addirittura installato delle backdoors nel network del Dipartimento di Stato americano alfine di ottenere informazioni classificate sulla Cina stessa e sulla Nord Corea. L’attacco al Pentagono sarebbe stato progettato accuratamente dagli hackers cinesi, dopo aver sondato per mesi il sistema difensivo americano. Ma non sono solo gli americani oggetto delle incursioni dalla Terra di Mezzo. A fine agosto 2007, il cancelliere tedesco Angela Merkel, aveva sollevato questo problema durante la sua visita a Pechino. Pochi giorni dopo però è stato il governo cinese a denunciare un attacco massiccio proveniente dagli Usa a danno del suo sistema informatico.
Testo: Matteo Damiani

CinaOggi.it è un sito sulla Cina curato da Matteo Damiani e Dominique Musorrafiti. Il sito, dal 2002, cerca di offrire una panoramica sulla cultura cinese contemporanea e tradizionale.