MO FEI

Mo Fei (pseudonimo di Zhao Jingfu), nato a Pechino nel 1961, durante la Rivoluzione Culturale, trascorse tredici anni sui monti Taihang, nella provincia dello Hebei, con la famiglia.

Ritornato a Pechino nel 1980, si laureò all’Università per Insegnanti di Pechino; lavorò brevemente come insegnante e ora lavora come architetto di giardini, negli uffici dei parchi della capitale.

Ha iniziato a scrivere nel 1977 e dagli anni ottanta ha pubblicato i suoi versi su svariate riviste tra le quali Shikan, Yihang-fronterline Quarterly e Xingcunzhe; egli stesso ha fondato una rivista di poesia, Ling (zero).

Dal 1989 al 1991 ha scritto Ci yu wu [parole e cose], un lungo poema suddiviso in nove libri, ognuno composto da trentatré poesie, da cui è tratta Un eterno sconosciuto ti segue in eterno:

Un eterno sconosciuto ti segue in eterno

Un eterno sconosciuto ti segue in eterno
l’orologio avariato dal tempo
inceppa
le cose senza alcun fondamento

Il ricordo trema fuori dalla lingua
flebile come respiro di neonato
questa notte muta incessantemente
nelle previsioni come sono tese le cose

Non puoi pretendere che gli altri si preoccupino per te
ci si salva da soli dall’interno di un segreto
da un angolo senza appoggi
pronunci in silenzio le cifre più semplici

Come spia appena entrata nella città nemica
ogni passo richiede cautela e audacia
devi trovare colui di cui dubiti
hai quasi perso ogni speranza di riuscirci

(trad. di A. Russo).

È tensione la sensazione che permea i versi di queste quattro quartine: tensione nell’idea di persecuzione, nel tremore, nelle previsioni, nelle illecite pretese, nella clausura instabile in un angolo senza appigli; la tensione della sincera ricerca di se stessi è paragonata ad un mal celata spia (coscienza) all’interno di una città nemica (inconscio).

Mo Fei si pronuncia così, circa la singolarità della poesia cinese contemporanea: “A mio avviso, la poesia cinese contemporanea ha avuto un profondo mutamento solo agli inizi degli anni Ottanta. Tra gli anni Settanta e gli inizi degli anni Ottanta in Cina sono comparsi alcuni buoni poeti, ma ad essere rigorosi va detto che ancor oggi la poesia non si è liberata dall’influenza del <>. Perfino alcuni poeti contrari al <> finiscono, sia pure inconsapevolmente, per mettere la poesia <>. La poesia non è ancora tornata in se stessa, e si aggira alla periferia della poesia. L’attenzione della poesia verso se stessa è di gran lunga inferiore all’attenzione per la politica. Non intendo affatto rifiutare l’esistenza umana per parlare invano della poesia pura, ma sottolineo che la poesia ha un suo limite; varcare il quale è possibile, ma se lo si varca si cade in una condizione di <>; alcuni buoni poeti non hanno valutato pienamente il pericolo che ciò comporta. […]”

A partire dalla raccolta Changshiji [esperimenti] (1920) di Hu Shi, la poesia cinese ha sempre <> una nuova arte poetica adatta alle caratteristiche del cinese moderno; negli anni Trenta e Quaranta i due grandi poeti Ai Qing e Mu Dan, hanno posto le basi per la nuova poesia cinese. Nei trent’anni successivi, la poesia ridotta a <> si è riempita di ogni genere di sporcizia, e ancor oggi è necessario un lavoro di pulizia.

Fabio Grasselli

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