Beijing: cartina, storia, meteo, informazioni della capitale cinese

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Beijing, Pechino è la Capitale della Cina.

Pechino è sempre stata uno dei centri politici ed economici più importanti del paese, anche se ha conosciuto lunghi periodi di decadenza.

Nome in cinese: 北京
Abitanti area metropolitana: 17,430,000
Abitanti municipalità: 11,940,000
Tipo: Municipalità
Area: 16,801.25 km2
Codice postale: 100000 – 102629
Prefisso: 10
Anno di fondazione: 473 a.C.

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La città di Beijing: cosa vedere, cosa fare

Pechino, col suo antico nome Ji, è sempre stata uno dei centri politici ed economici più importanti del paese, anche se ha conosciuto lunghi periodi di decadenza. Solo con l’avvento dell’imperatore Ming, Chengzu, è tornata ad essere capitale dell’impero ricevendo il nome attuale.

Il Tempio del Cielo (Tian Tan)

La città è abitata prevalentemente da cinesi di stirpe Han, anche se alcuni quartieri come Wei Gongcun o quello che si sviluppa lungo Via dei Buoi (Niu Jie) erano popolati da minoranze musulmane (rispettivamente provenienti dallo Xinjiang e dalla minoranza Hui) almeno fino all’inizio del nuovo millennio.

Il centro storico della città tuttora ricalca la struttura Ming, formatasi tra il XIV e il XVII secolo e divisa in due parti, quella interna di origine mongola, e quella esterna, edificata a sud di quella interna. La prima era più importante ospitando i palazzi imperiali. La Città Proibita si affaccia sulla famosa Piazza Tiananmen, celebre per gli scontri che coinvolsero gli studenti di numerose università di Pechino contro il governo centrale. Su di essa si affacciano anche l’enorme edificio dell’Assemblea Nazionale del Popolo, il Mausoleo della Rivoluzione Cinese, il museo di Storia Cinese, il Monumento degli Eroi del Popolo e il Mausoleo del Presidente Mao. A Sud la piazza sfocia nella Porta Qian Men, in direzione del famoso Tempio del Cielo (Tian Tan), centro dei riti dell’imperatore. Si tratta di un gruppo architettonico risalente al 1420 ed in seguito completamente restaurato nel 1751 e nuovamente nel 1890. Poco distante sorgeva la Moschea dei Buoi (Niujie Qingzhen Si), architettonicamente cinese ma arredata in stile arabo. Edificata per la prima volta nel 995, sotto i Mongoli, i Ming e i Mancesi subì numerose variazioni e fu più volte restaurata. Oramai però di Via dei Buoi è rimasto ben poco, e tutta l’area è in balia di bulldozer e di squadre di demolizione.

All’estrema periferia Nord di Pechino sorge il Palazzo d’Estate (Yihe Yuan), in origine residenza privata e poi promossa a residenza provvisoria dell’Imperatore nel 1135. Nel 1860 il Palazzo viene invaso ed incendiato dalle truppe anglo-francesi. Nel 1888 venne ricostruito per volere dell’Imperatrice CiXi. Le strutture del parco anche piuttosto recentemente sono state deturpate durante la Rivoluzione Culturale. Poco più a Nord si ergono le Colline Profumate (Xiang Shan), un parco particolarmente bello, disseminato di templi, pagode e conventi.

Beijing, The Place
Beijing, The Place

Metropoli in evoluzione costante (2001)

Ciò che Pechino è per i cinesi, non è immediatamente comprensibile per gli occidentali. Questa città, con i suoi tremila anni di storia, rappresenta tuttora uno straordinario polo di attrazione per la Cina intera e conserva, seppure semi cancellate, le tracce della sua grande influenza: è ancora la grande capitale, il luogo dove si sono forgiati e dissolti i destini di innumerevoli generazioni. Il visitatore che può pensare di poter rivivere pienamente il passato di Pechino, la Pechino di Kublai Khan come quella relativamente più recente dei Ming, resterebbe deluso: questa città è stata distrutta e ricostruita così tante volte che è difficile riconoscere le vestigia più antiche. E oggi esattamente come le accadde in passato, è al punto di veder cancellata una parte della propria memoria per vederla sostituita con un grande, ambiziosissimo segno di modernità. Pechino nel giro di pochi anni è passata da una struttura basata sulle hutong, le labirintiche stradine che ne costituivano l’ossatura, all’aspetto ipermoderno di oggi, fatto di grattacieli in vetro e acciaio, strade a otto corsie e gru in perenne movimento.

Il vecchio quartiere musulmano che si snodava lungo Niujie è ora stato abbattuto

Forse a motivo delle sue virtù turistiche il complesso di vicoli e stradine che si dirama dal lago Shi Sha Hou Hai è stato risparmiato, questo costituisce uno dei distretti più affascinanti di tutta Pechino. Nonostante l’area sorga nel cuore della capitale, si ha la sensazione di trovarsi in un villaggio, molto lontano dal caos frenetico del resto della città. Qui la vita scorre secondo i canoni lenti e confortanti della tradizione: l’assedio che la modernità ha portato al passato della Cina non è ancora cominciato. Sfortunatamente lo scotto da pagare per questi velocissimi cambiamenti è assai pesante: alla perdita di interi vecchi quartieri, affascinanti con il loro sapore di antico, si aggiunge la ben più drammatica distruzione di un reticolo di relazioni umane e commerciali che alla vita di quartiere era legato.

La scomparsa delle casette ad un piano addossate le une alle altre e dei cortili rettangolari chiamati Siheyuan significa soprattutto la scomparsa di tutte quelle microstorie e possibilità lavorative che a questi luoghi erano legate. Gli hutong corrono l’oggettivo rischio di sparire, ingoiati dalla speculazione edilizia e dai nuovi stili di vita. Queste vie costruite secondo i precetti del Feng Shui, la dottrina che mette in relazione le geometrie della città con quelle del cosmo, sono un dedalo brulicante di vita. Il piano di modernizzazione ha inevitabilmente raggiunto anche il quartiere che si sviluppa lungo la via Niujie, la via dei buoi, popolato in maggioranza dagli Huizu di religione musulmana. Qui sorge la più antica moschea della città, un tempio dalla bizzarra architettura che mescola elementi arabi e cinesi in modi inestricabili. Zone come questa, forse anche a causa della loro diversità culturale, sono le vittime predilette del processo di modernizzazione.

Ruspe e bulldozer lavorano a tempo pieno, distruggono e radono al suolo, spianano la strada alla Cina del futuro, ricca, moderna e, si spera, un po’ più democratica. Ma oggi, dinanzi alle incognite del futuro, si ha soltanto l’impressione di trovarsi di fronte ad un gigantesco, interminabile cantiere a cielo aperto: intere aree hanno assunto l’aspetto spettrale di zone bombardate, e i vuoti hanno finito con il dominare sui pieni. La modernizzazione imposta dall’alto ha dei costi che vanno ben al di là della semplice mutazione del tessuto urbano. A cambiare è la vita di ogni singolo cinese, ora alle prese con uno sfrenato capitalismo di stato e con l’erosione del sistema culturale tradizionale che, seppure imperfetto e già impoverito nei suoi contenuti, pure garantiva una certa continuità. La Cina sta vivendo un periodo di forte trasformazione e rinnovamento su tutti i campi, da quello economico a quello sociale, e sperimenta anche nuove forme di liberalizzazione.

Questi cambiamenti influenzano in modi sempre più tangibili la vita culturale, specialmente quelle dei giovani, che hanno d’un tratto scoperto splendori e miserie occidentali. Se il consumismo sembra essere divenuta la malattia di un’intera generazione, pure lo scontro-incontro con la cultura occidentale ha dato frutti importanti. Un numero sempre maggiore di giovani intellettuali sente il bisogno di commentare e interpretare quest’epoca di drastici mutamenti e transizioni.

L’Underground City (Dixia cheng)

La città sotterranea

Alla fine degli anni ’60, nel bel mezzo della guerra fredda ed in piena crisi diplomatica fra Cina e Russia, il governo di Pechino approvò la costruzione di giganteschi sistemi di tunnel sotteranei destinati ad uso sia militare che civile. Uno di questi, il più impressionante probabilmente, è quello che si sviluppa nel sottosuolo della capitale, per un’estensione di circa 85 chilometri quadrati e che collega molti dei punti chiave della città. La prima sezione collegava il quartiere di Zhongnanhai alle Colline Profumate, appena fuori Pechino, non molto distante dal Palazzo d’Estate, dove si trovavano, e si trovano tuttora, alcuni centri nevralgici del potere centrale.

Buona parte del complesso di cunicoli si snoda nel buio ed è in stato di abbandono, ma negli anni sono state avviate una serie di attività commerciali: si va dai ristoranti agli hotel (se ne contano più di cento sotteranei in tutta Pechino!), dalle attività artigianali alle piste per gli skater, da allevamenti di funghi fino a veri e propri centri commerciali. Buona parte dei tunnel sono stati costruiti da civili e volontari nell’arco di dieci anni sotto la supervisione di unità militari. Probabilmente è impossibile calcolare il numero esatto di entrate alla città sotteranea, dato che molti dei civili che scavarono i tunnel, si assicurarono entrate direttamente dai loro negozi, assicurandosi così preziosi magazzini sotteranei, o dalle loro case. Una delle principali si trova in Xidamochang Jie, al numero 62, a circa un quarto d’ora da Tian An Men. Il prezzo del biglietto si aggira attorno ai 15 yuan.

Per ulteriori informazioni:

Beijing travel guide

Fonte immagine in copertina: pixabay

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