Thru the Moebius Strip

Moebius in salsa cinese.

Jac è un ragazzo di 14 anni figlio di un geniale scienziato, scomparso 7 anni prima durante il test di un varco dimensionale di sua invenzione.

Regia: Glenn Chaika
Soggetto e sceneggiatura: Jim Cox, Paul Gertz, Jean Giraud (Moebius)
Direzione artistica: Fred Cline
Production Design: Jean Giraud
General Manager: Ellen Xu Ling
Production Manager: Chen Ming
Animation Supervisor: Stanley Yuen

La storia narra le vicende del giovane Jac alla ricerca del padre, in un viaggio che lo porterà sino a Raphicca, un pianeta popolato da alieni giganti in una storia di Shakespeariana memoria.
Thru the Moebius Strip è un curioso prodotto figlio della globalizzazione. Una casa di produzione di effetti speciali cinese con base a Shenzhen, la IDMT, si è messa in testa di creare un ambiziosissimo progetto: portare sugli schermi le atmosfere oniriche e psichedeliche delle opere di Jean Gireaud, alias Moebius, che non ha bisogno naturalmente di alcuna presentazione.
L’influenza di Moebius ovviamente non è tanto velata, dato che il celebre fumettista francese presta il nome al film, e compare nei crediti più volte, insieme ad una lunga schiera di veterani stranieri, tra i quali compare anche l’intramontabile Mark Hamil, l’indimenticabile Luke Skywalker di Guerre Stellari e garanzia di pura fantascienza d’evasione.
Si diceva che questo film è un’opera piuttosto ambiziosa per il giovane cinema d’animazione cinese, e se si deve essere onesti fino in fondo bisogna dire che non riesce completamente nel suo intento, non tanto per la storia poco originale, già vista in innumerevoli film fantasy (basti pensare a Chronicles of Narnia o La Storia Infinita, dalle trame che presentano molte analogie con Thru the Moebius Strip), non per la realizzazione tecnica sicuramente evocativa, ma forse per la plasticità delle animazioni.
Thru the Moebius Strip
I personaggi difatti nei movimenti dinamici sono resi innaturalmente in paesaggi graficamente rappresentati in maniera ineccepibile e questo è un peccato. Come nel film Final Fantasy, le animazioni facciali sono abbastanza realistiche anche se hanno un vago retrogusto di videogame.
Forse sarebbe bastata maggiore attenzione verso questi dettagli per permettere a questo film di competere con produzioni americane ben più blasonate. Ben vengano ad ogni modo film come questi, anche a testimonianza della vivacità con cui il cinema cinese si affaccia al terzo millennio.

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