Il Re delle Maschere, The king of masks di Wu Tian-Ming

In un piccolo villaggio del Sichuan del 1920 abita su una barca, assieme alla scimmietta General, Bian Lian Wang, un vecchio artista di strada soprannominato “il re delle maschere” per la sua rapidità e maestria nel cambiarsele.

THE KING OF MASKS – Bian Lian
di Wu Tian-Ming (1996)

Durata:101’
Origine: Hong Kong – Cina
Produzione: Mona Fong, Ho Titus
Produttore: Wu Tian-Ming, Mona Fong, Titus Ho
Produzione: Shaw Brothers (HK) Ltd
Distributore: The Samuel Goldwyn Company
Sceneggiatura: Wei Ming-Lun, Chen Wen-Gui
Fotografia: Mu Da-Yuan
Interpreti: Zhigang ZhangZhigang ZhaoRenying ZhouXu Zhu
Musica: Zhao Ji-Ping

Durante una festa incontra Liang Sao Lang, un famoso attore soprannominato “il Boddhisattva vivente” poiché il più abile dell’opera dello Sichuan nell’interpretare ruoli femminili.

Questi chiede all’anziano di collaborare artisticamente, ma l’uomo abituato a esercitare da solo, rifiuta.

Lang allora consiglia “il re delle maschere” di trovarsi un successore a cui insegnare la sua arte affinché questa magia non scompaia con la sua morte.

Wang decide così di prendere in adozione un bimbo a cui tramandare il segreto della sua maestria, ma nel luogo dove si reca vi sono solo madri che vogliono vendere le proprie figlie.

Nessuno le vuole e neppure lui, così sconsolato decide di andarsene, ma proprio in quel momento una voce lo chiama. Una piccola figura dai capelli arruffati con una corda al collo sorride nella penombra.

Da 10 riesce a scendere a 5 yuan per ottenere la piccola creatura di appena 7 anni.

La sera durante la cena scopre che la persona da cui ha acquistato Doggie era proprio il padre naturale, il quale aveva lasciato segni evidenti di percosse sui polsi e sulle braccia. Commosso e dispiaciuto per il terribile passato di Doggie decide che avrà un nuovo nome per un nuovo futuro: King.

Ormai sono una piccola famiglia e Wang racconta a King come è stato mollato dalla moglie trent’anni prima a causa dei suoi pochi soldi e di come ha accudito il figlio morto all’età di 10 anni. Mentre dipinge le sue maschere esprime il desiderio di dare tutto il suo amore e la sua arte a King.

La barca però è fredda e l’umidità del lago fa si che King si ammali; il vecchio per comprare le medicine baratta al banco dei pegni il suo unico tesoro di famiglia tramandato da generazioni.

King tra medicine amore e coccole guarisce. Wang felice decide di presentare King a Liang, il quale si complimenta con lui per aver deciso di trovarsi un successore e chiede ad entrambi di posare per una foto. Successivamente per strada vedendo dei venditori di canna da zucchero i quali sfidano gli acquirenti, promettendo di regalare loro tutte le canne da zucchero tagliate a metà con un unico colpo di coltello, decide di cimentarsi.

Il primo colpo riesce con maestria, ma il secondo viene deviato a causa di un sasso lanciato con una fionda. Il coltello sfugge dalle sue mani e si ferisce un piede.

Subito invita King a recarsi per cercare del vino e poi fare pipì sulla ferita per rimarginarla, come dice la tradizione.

King dopo aver portato il vino però si rifiuta e confessa di essere una bambina. L’uomo umiliato piangendo non vuole saperne più della piccola creatura e non vuole ascoltarla neppure quando racconta di essere stata venduta e comprata più di 7 volte senza mai trovare nessuno che la volesse solo perché è una bimba.

Lo supplica e prega di non essere rivenduta. Il vecchio le conferma che non la accadrà poiché nessuno la vorrebbe e quindi è meglio separarsi.

La piccola non vuole i soldi offerti e preferisce buttarsi in acqua per inseguire la barca che la sta abbandonando con l’unica famiglia che lei abbia mai conosciuto.

Lei promette di pulire e cucinare, ma egli decide che dovrà lavorare duramente, ora non è più King ma Doggie e lui è il boss non più il nonno. Le insegna a camminare con le mani, tenere la testa ritta in qualsiasi occasione e a fare acrobazie, il tutto per rendere le esibizioni per le strade più interessanti.

Ma Wang non solo la inizia a questo tipo di arte, la educa anche facendole capire che la povertà non deve stimolare a fare furti. Una sera si dirigono all’opera per ammirare Lang e dopo l’esibizione un bimbo di nome Tianci si perde tra il pubblico.

L’indomani durante uno spettacolo di strada mentre Doggie annuncia “il re delle maschere” lo vede prepararsi nella sua tenda.

La sera incuriosita apre un cassetto della barca dove sono riposte tutte le maschere, ma mentre cerca di provarle una candela accesa dà fuoco alla barca. Sola, confusa e non riuscendo a spegnere il fuoco spinge fuori dal fuoco le poche cose salvabili e scappa via. Quando “il re delle maschere” torna alla barca sconsolato trova due scatole e General, la scimmietta.

Doggie vagabondando viene ritrovata dal padre legittimo che è complice del rapimento di Tianci.

Questi, poiché il bimbo di 3 anni si rifiuta di mangiare, porta la bambina nella soffitta dove è rinchiuso, per accudirlo.

Doggie però lo aiuta a fuggire per portarlo da “il re delle maschere”, poiché sa che egli desidera un erede maschio.

Nel frattempo Wang al tempio prega per una benedizione di Buddha e ha la risposta che a nord delle acque troverà il suo erede. Così accadde. Sulla sua barca trova un piccolo, Tianci, il quale dice di essere stato condotto lì da Doggie.

Ma poiché Tianci è figlio di una famiglia importante la polizia lo cerca e quando lo trova con Wang decide di arrestare il vecchio, poiché pensa che questi lo abbia rapito o adottato tramite organizzazioni di banditi. Lui cerca di raccontare l’accaduto, ma non viene creduto. Lo picchiano e costringono a firmare una carta dove ammette la sua colpevolezza.

Doggie scoperto che il tutto è avvenuto a causa sua, disperata, raggiunge la gabbia dove lo hanno rinchiuso e porta con sè il tesoro del vecchio: le sue maschere. L’uomo rassegnato, dispiaciuto di non poterle portare con sè nell’aldilà le strappa e di seguito regala General a Doggie. La piccola, consigliata dal venditore di vino del villaggio, chiede aiuto a Lang, affinché interceda per “il re delle maschere”. Ahimè neppure il suo intervento è salvifico: gli attori non contano nella società.

La bimba allora, dopo una rappresentazione che vede tra il pubblico importanti militari, decide di mettere in atto il suo suicidio se questi non intercedono in favore del vecchio ambulante. Non ascoltata, si tuffa dal tetto. Lang riesce ad afferrarla. I due ruzzolano per una lunga scalinata ma sono entrambi sani. Il gesto della piccola Doggie muove a commozione tutti: “il re delle maschere” sarà liberato. L’uomo apprendendo che la piccola è stata la sua vera salvatrice, le chiede di chiamarlo nonno. L’arte dell’ambulante ora ha un successore.

Wu Tian-Ming con abilità racconta una storia che ci testimonia come poteva essere il mondo femminile in Cina nel 1920.

E’ al quanto drammatico vedere “il re delle maschere” alla ricerca di un erede, a cui tramandare la sua arte, ritrovarsi in un luogo dove vengono vendute solo le figlie femmine, anche in fasce, e per cifre irrisorie.

Per le bimbe di umili origini la vita dell’epoca non deve essere stata facile. Relegate ad accudire l’abitazione ed i fratelli più piccoli senza la possibilità di istruirsi e neppure di apprendere un mestiere, che non fosse legato alla casa o ai campi. Sottovalutate ma necessarie.

Così come appare la figura di Lang, l’attore abile nelle interpretazioni femminili e quindi funzionale per i ruoli della scena, ma la cui parola non conta e non può essere garanzia.

Ma se vi sono uomini gelidi come il padre di Doggie, vi sono anche brontoloni dal cuore tenero come “il re delle maschere”, in cui lealtà e riconoscenza diventano motori per dimenticare infondati pregiudizi.

Fortunatamente non è necessario avere un figlio maschio dolce ed aggraziato, toccando il trono che porta in trionfo “il Boddhisattva vivente”, per trovare maggiore comprensione e non è neppure necessario avere un beccuccio di teiera per imparare l’arte de “il re delle maschere”: nella pellicola i sentimenti assumono ruoli principali e la discriminazione lascia spazio alla commozione. Il mondo è freddo ma si può riscaldarlo” dice Lang ed in questo piccolo villaggio del Sichuan qualcosa è cambiato dopo il gesto d’amore di Doggie, la quale ha dimostrato coraggio e carattere. Inoltre la storia mette in evidenza anche una sorta di forte divisione sociale in classi, il rapimento di Tianci è momento di attenzione per le autorità, ma sarebbe stato lo stesso per i bimbi dei contadini? Forse i poveri non accusavano i rapimenti, perché era una bocca in più da sfamare o forse anche se avvertivano dell’accaduto venivano considerati con diversi metri di misura.

Nella storia il regista non mostra mai scene violente, neppure quando avviene l’abuso di potere sull’anziano, chiaramente picchiato violentemente. Gli attori interpretano benissimo i loro ruoli, ma una curiosa attenzione va alla scimmietta, la quale dimostra al meglio il suo ottimo addestramento, specialmente nella scena in cui Doggie (in quel momento King) esce dalla barca per fare pipì e General mostra uno sguardo stupito nel vederlo accucciarsi.

La pellicola si colora di tinte di un passato lontano, dove le maschere del vecchio ambulante, i costumi e trucchi dell’opera, le sete indossate dalle famiglie agiate ed il rosso vivo della casacca di Doggie sono i colori più vivaci del villaggio immerso tra tonalità rustiche o scure e plumbei cieli.

La fotografia è sempre particolare, curata e dettagliata, partecipe alla bellezza e al sentimento.

Meravigliosa è l’immagine della piccola Doggie che corre tra le dita gigantesche dei piedi di un’enorme statua di Buddha, simbolo e testimonianza di una profonda fede e fiducia per una filosofia di vita e religione, che ha segnato particolarmente il pensiero cinese.

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