Recensione di The Eye di Oxide Pang Chun, Danny Pang

Mun (Mann) una giovane ventenne, cieca dall’età di due anni, si sottopone ad un´operazione alla cornea per riacquistare nuovamente la vista.

The Eye – Jian gui di Oxide Pang Chun, Danny Pang (2002)

Durata: 115′
Origine:
Hong Kong
P roduttore:
Lawrence Cheng
Produzione:
Applause Pictures, Fortissimo Film Sales, Premier PR, Raintree
Distribuzione:
Eagle Pictures
Montaggio:
Oxide Pang Chun, Danny Pang
Sceneggiatura:
Danny Pang, Jo Jo Yuet-chun Hui, Oxide Pang Chun
Fotografia:
Decha Srimantra
Interpreti:
Lee Sin-Jie, Lawrence Chow, So Yut Lai, Candy Lo, Ko Yin Ping, Edmond Chen
Musica:
Orange Music
Suoni: Oxide Pang Chun
Scenografia:
Simon So
Costumi:
Stephanie Wong, Jittma Kongsri

Mun ha vissuto diciott’anni nell’oscurità e perciò nonostante l´esito positivo dell´intervento i suoi occhi hanno bisogno di tempo per mettere a fuoco correttamente gli oggetti ed imparare a distinguerli.

Il suo cervello cerca di registrare le immagini visive che recepisce, ma c´è qualcosa di strano poiché Mun comincia a vedere qualcosa in più delle ombre che sconvolgono il suo umore.

Una notte in ospedale vede una figura in nero che arriva a fare visita ad una vecchia signora, sua vicina di letto, l´ombra la porta via con sè e solo il giorno dopo, la giovane, apprende che la donna è morta proprio durante la notte.

Mun dimessa dall´ospedale, promette a Ying Ying, una bambina malata di tumore al cervello che è sottoposta a chemioterapia, di tornare a trovarla dopo il suo intervento.

La sua vita di tutti i giorni è turbata: ora non è solo in grado di guardare la realtà che la circonda, ma anche di vedere persone che nessun altro può vedere ed ha apparizione improvvise nel corridoio del suo stabile, nei ristoranti, per strada e nell´ascensore di figure in nero e volti sfigurati.

La nonna e la sorella sono molto preoccupate perché sempre più spesso la sentono parlare con delle persone che loro non possono vedere.

Mun è turbata e depressa perché non può più continuare le prove di violino con il suo gruppo, poiché ora non è più cieca ed il vedere, assieme al suo nuovo dono, non le danno alcun senso di pace interiore.

Si confida con il suo psicoterapeuta, il dottor Wah Lo, nipote del chirurgo che ha proceduto al trapianto, che però non le crede. Si chiude ancora di più in se stessa perché queste apparizioni la sconvolgono e così il dottor Wah Lo, chiamato dalla nonna e dalla sorella, cerca di riportarla alla serenità che aveva prima dell´intervento agli occhi.

Mun però subisce un altro durissimo colpo, perché Ying Ying, la bimba che l´aveva soprannominata sorellina, durante l´intervento al cervello, le appare per salutarla: capisce che è morta.

Wah Lo che aveva chiesto allo zio di infrangere le regole professionali e rivelare l´identità del donatore delle cornee, dopo che la veridicità delle visioni della ragazza sono state appurate da entrambi, riesce a scoprire che l´origine delle ombre che Mun vede è da cercare nella storia della donatrice: Ling.

I due giovani si mettono sulle tracce della famiglia per dare un significato agli eventi che stanno influenzando la vita della giovane e scoprono così che la ragazza era una chiaroveggente thailandese morta suicida e Mun sembra aver ereditato il suo destino, insieme alla sua sofferenza data dalla capacità di vedere più di quanto si voglia vedere.

Il problema sembra essere risolto e Mun, che ha partecipato alle ultime ore di sofferenza della sua donatrice, è pronta a ritornare in patria, ma se prima vedeva i morti ora li prevede.

Ancora più di prima, sul suolo patrio di Ling acquisisce completamente le sue doti, ma quello che accade la rende di nuovo vittima delle tenebre, infatti il suo mondo cade nuovamente nell´oscurità.

I gemelli Oxide e Danny Pang, al loro terzo lungometraggio, sono molto più noti in patria, il primo per le doti di cineasta e colorista, il secondo per il lavoro svolto in cabina di montaggio, e portano un soggetto per nulla originale dalla trama molto semplice.

Alcune parti della storia possono riportare somiglianze con “Il Sesto senso” o riferimenti palesi alla cinematografia cinese, a quella di Hong Kong, ( anche “Visible Secret” narra di una ragazza che vedeva apparizioni) a quella giapponese o coreana: un horror non generato da mostri o creature spaventose ma con i risvolti più nascosti della psiche umana, dell’angoscia dovuta dall´inquietudine psicologica.

Dalla Hong Kong moderna ci si immerge nella campagna thailandese, misteriosa e confusionaria e mentre prima per tutta la pellicola c’era la sensazione chiara ed esplicita che coloro che muoiono all´improvviso di morte violenta ricompariranno come spettri senza pace pronti a compiere le loro ultime azioni di continuo in un sinistro ed eterno ciclo, ora ci si accosta ad una Cassandra moderna che vede quello che non è ancora accaduto.

La fotografia è di grande impatto e rende l´inquietudine e la confusione poiché non vi è alcuna certezza ma solo insicurezze.

Gli effetti digitali sono perfettamente integrati con la pellicola, alcuni infatti potrebbero sembrare fotografici, quelli più studiati di computer grafica, danno massima espressione al ritmo della trama, come quello che è stato creato nella camera da letto di Mun, quando lei appena rientrata dall´ospedale vede la stanza mutare di continuo come i battiti di un orologio.

La colonna sonora e gli effetti sonori sono appropriati ai momenti dello svolgimento della storia e danno l´inquietudine ed il malessere che percepiscono i protagonisti.

Forse una scena comica, per chi ha visto altri film asiatici, è quella dove la nonna di Mun, preoccupatissima per la nipote, contatta un esorcista taoista affinché scacci lo spirito o demone che risiede nell´appartamento in lutto, che la vecchia crede abbia preso possesso della mente della nipote: forse questa parte di superstizione può ricordare gli esorcismi di “God or dog”.

I titoli di testa della pellicola sono davvero bellissimi con effetti speciali delicati che non fanno captare quello che sarà il film che inizierà a scorrere.

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