Recensione di In the mood for love di WONG KAR-WAI

Ci troviamo nel 1962 nel corridoio di un palazzo di Hong Kong: Chow, capo redattore di un giornale e la moglie traslocano in un nuovo e modesto appartamento, lo stesso giorno in cui anche Li-Chan, una donna elegante e distinta si sta trasferendo con il marito.

IN THE MOOD FOR LOVE – Fa yeung nin wa – Dut Yeung Nin Wa di WONG KAR-WAI (1999)

Durata: 97′
Origine:
CINA
Produttore:
Wong Karwai
Produzione:
BLOCK 2 PICTURES
Distribuzione: LUCKY RED (2000) – MEDUSA DVD (2001
Soggetto:
Wong Karwai
Sceneggiatura:
Wong Karwai
Montaggio:
William Chang Suk-Ping
Fotografia:
Christopher Doyle, Mark Lee Ping-Bing
Interpreti:
Maggie Cheung, Tony Leung Chiu-wai, Lai Chin, Rebecca Pei, Siu Ping-Lam, Cheung Tung Joe, Chan Man-Lui, Koo-Wah, Chien Sze-Ying
Musica:
Michael Galasso
Scenografia:
William Chang Suk-Ping

La stessa cosa accade a Chow, che non riesce ad incontrare la moglie a causa dei numerosi impegni della consorte. I due spesso si incrociano casualmente nei vicoli vicino allo stabile ed anche sul pianerottolo.

Li-Chan sempre più trascurata dal marito inizia a sospettare che questi abbia una relazione e solo dopo aver accettato un invito a cena da parte di Chow, ha la definitiva conferma che i loro coniugi si conoscono e si frequentano come amanti.

Si chiedono come tutto ciò possa essere accaduto, vorrebbero comprendere i veri gusti dei patners , forse mai conosciuti. Continuano a vedersi per capire e per consolarsi, ma dopo l’arrivo di una lettera dal Giappone da parte della moglie di Chow, questi comprende la fugacità della vita e poiché aveva un giorno saputo da Li-Chan della sua passione per la lettura di serial di arti marziali, le chiede una collaborazione per il nuovo lavoro che sta per intraprendere.

Dopo un momento di esitazione accetta, si incontrano a volte da lui, altre da lei , il tutto molto discretamente: i pettegolezzi potrebbero essere all’ordine del giorno. Chow decide di affittare una stanza in un altro palazzo per evitare scandali e lì si trovano in armonia a collaborare, ma spesso lo sconforto e la voglia di chiedere al marito di confessare la verità, assale Li-Chan, la quale si esercita con Chow a simulare il possibile momento di svelamento del vero.

I pettegolezzi, anche se non hanno nulla di concreto a cui appigliarsi mettono Li-Chan in condizione di decidere di rinunciare ai suoi incontri con Chow.

Egli, dopo aver ottenuto successo dall’opera a due mani, decide di accettare un altro posto di lavoro a Singapore, sia perché non ama essere sulla bocca di tutti ed anche perché, innamorato di Li-Chan, non sopporta l’idea che il marito di lei possa tornare dai suoi viaggi d’affari pretendendo dei diritti sulla donna.

Quella sera lei decide di non rincasare, ma la sveglia mattutina è un messaggio di buon compleanno dal Giappone del marito di Li-Chan. Chow la invita a lasciare il consorte e a partire con lui per Singapore.

Non accetta, non parte, piange. L’anno successivo mentre lui è a Singapore trova una sigaretta mezza fumata con lo stampo di un rossetto. Lei è stata là, ha tentato di chiamarlo, ma non ha avuto il coraggio di proferire parola. Tre anni dopo ad Hong Kong Li-Chan visitando la vecchia proprietaria dello stabile in cui abitava scopre che questa è in procinto di partire per l’America e cerca un nuovo affittuario.

Anche Chow è in città e vorrebbe rivedere il vecchio vicinato, scopre che ormai tutti si sono trasferiti, vi è però una donna con un bambino che risulta familiare: Li-Chan.

Chow in Cambogia malinconico tra le rovine e templi capisce che il passato è qualcosa che si può vedere e non toccare, ogni volta che lo si guarda è sempre più sfocato e confuso.

Lo stile della narrazione delicata, intima, pudica, colorata e malinconica di Wong Kar-Way si evidenzia immediatamente anche in questa sua pellicola. L’amore non ha bisogno di essere palesemente svelato, poiché sono i piccoli particolari che delineano le note della passione e determinano le emozioni ed i sentimenti più profondi.

La storia potrebbe essere delle più comuni: un uomo ed una donna che scoprono di essere traditi dai rispettivi consorti, ma nelle mani del regista di Hong Kong la trama viene finemente tessuta con delicatezza.

La prima parte della storia è ricca di dialoghi mentre la seconda sembra quasi diventare una meditazione sulle responsabilità, decisioni e cambiamenti che la vita mette costantemente davanti a noi. Più volte i due protagonisti tentano di comprendere come possa essere accaduto l’incontro e quale possa essere stata la motivazione che ha spinto i loro coniugi ad allontanarsi ed avvicinarsi reciprocamente.

Soffrono e si consolano, ma pur amandosi non osano riappropriarsi delle loro vite, così come hanno fatto il marito di Li-Chan e la moglie di Chow, i quali non hanno avuto il coraggio di confessare la loro relazione.

Queste due figure sono totalmente assenti dalla narrazione visiva, sono voci al telefono o lettere, solo lei compare all’inizio della storia. Le ambientazioni hanno geometrie e colori che scolpiscono e dipingono i personaggi in cornici emotive forti. La fotografia è ricercata, accurata e attenta al particolare.

Numerose sono le scene dove appaiono riflessi tra specchi o vetri, quasi a ribadire il loro gioco di ripetere la situazione che ha avvicinato i loro cari. Ma loro risultano così solo dei riflessi ed è anche per questo che non prendono iniziative definitive proprie. I colori sono caldi, ma non vivaci, hanno passione ma anche una buona dose di malinconia. Le vesti femminili, ricamate e decorate, sono legate alla tradizione, mentre gli abiti maschili sono totalmente di stile occidentale, forse anche questa connotazione delinea il rapporto diversificato dei ruoli sociali.

La colonna sonora, che vede due brani principali ripetersi più volte durante la narrazione, sottolinea maggiormente la situazione di attrazione e malinconia dei due protagonisti. Una particolarità, forse voluta, o forse una coincidenza ???, è il fatto che la stanza che affitta Chow, ha le cifre “2046“, proprio il titolo dell’ultima pellicola del regista.

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