Horror Hotline…Big Head Monster di Soi Cheang

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Dietro il suo titolo kitsch, in Horror Hotline…Big Head Monster si nasconde uno dei più inventivi psycho-thriller realizzati a Hong Kong negli ultimi anni, uno dei pochissimi che possono in qualche modo replicare i sudori freddi di certi film giapponesi fine anni ’90 come The Ring.

Horror Hotline… Big Head Monster – Hung biu hyn sin ji daai tau gwaai ang (2001)
di Soi Cheang

Durata:94′ (89′)
Origine: Hong Kong
Sceneggiatura: Chan Wing Sun ,Cheang Pou-Soi
Produttore: Joe Ma Wai-Ho, Ivy Kong Yuk Yee
Interpreti: Francis Ng Chun-Yu, Josie Ho Chiu-Yee, Sam Lee Chan-Sam, Niki Chow Lai-Ke, Michelle Zhang, Ruth, Edmund Poon Siu Chung, Bonnie Wong Man-Wai, Wilson Yip Wai Shun, Alan Mak Siu-Fai, Szeto Kam-Yuen, Roy Szeto Wai-Cheuk

Mescolando un finale che sembra uscire direttamente da Blair Witch Project, un gusto per il grottesco alla David Lynch e una buona dose di esagerazione hongkonghese, questo film possiede una forza attrattiva da cult movie già bell’e pronta.

Ben è il produttore di un programma radio notturno, Horror Hotline, che presenta telefonate degli ascoltatori in cui si raccontano storie vere di fantasmi.

Una particolarmente orripilante viene narrata da un tale che dice di chiamarsi Chris Kwan, e che racconta un’esperienza vissuta 30 anni prima, quando lui e sei amici delle elementari trovarono un bambino mutante, dalla testa enorme e “con molti occhi” in una gabbia vicino alla scuola.

Il fatto che il preside, un iraniano, cercasse di esorcizzare il mostro con letture dal Corano non migliorò la situazione. Insieme a Mavis Ho, una reporter della tv americana che si occupa del suo programma, Ben rintraccia l’iraniano, ora in punto di morte all’ospedale, accudito dalla figlia adottiva Connie.

Nel frattempo, all’insaputa di Ben e Mavis, in un altro ospedale l’infermiera Helen, la compagna di Ben, sta curando un giovane che è rimasto traumatizzato da un incontro (visto in apertura del film) con il famoso Mostro dalla Testa Enorme.

Sempre all’insaputa di Ben, Helen ha recentemente abortito di nascosto e sta per lasciarlo.

Un po’ come nell’episodio pilota di Twin Peaks di Lynch, per fare un esempio, si ha la sensazione che allo spettatore venga fatta solo intravedere tutta una storia precedente ancora da svelare. Il film termina, letteralmente, con un grido e un blackout, lasciando lo spettatore a rimettere insieme le innumerevoli tessere del mosaico (molte delle quali incentrate sul processo della nascita).

C’è materiale sufficiente per dare il via a un’intera serie, della quale il film è solamente un assaggio. Alla sua seconda pellicola, dopo l’interessante Diamond Hill (2000), il regista Cheang Pou-soi – che qui si firma Soi Cheang – dimostra un notevole controllo dell’atmosfera nelle singole sequenze. Poco viene mostrato esplicitamente (compresa la creatura del titolo) e la crescita graduale del ritmo, con alcuni autentici shock, è più simile ai psycho-thriller sudcoreani e giapponesi che non ai concitati horror di Hong Kong.

Si ringrazia per la collaborazione il Far East Film Festival

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