Recensione di Città Dolente di Hou Hsiao-Hsien

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Primo episodio di una trilogia di un regista purtroppo troppo poco conosciuto in Italia.

Città Dolente -Beijing Chengshi- di Hou Hsiao-Hsien (1989)

Durata: 153′
Origine:
TAIWAN
Produzione:
3h Film Ltd
Distribuzione:
RCS
Musica:
Naoki Tachikawa
Fotografia:
Liu Chih-Hwa
Sceneggiatura:
Wu Nien-Jen, Chu Tien-Wen
Interpreti:
Tony Leung Chiu-wai, Chen Sown Jung, Chiu-Wai, Hsin Shu-fen, Kao lai, Li Tien-lu.

1945: con la sconfitta del Giappone, Taiwan torna nelle mani delle forze cinesi.

Dopo la dominazione nipponica, nell’isola la sopravvivenza è drammatica, soprattutto per il vecchio Lin (Chiu-Wai) ed i suoi quattro figli: il primo gestisce un locale frequentato dalla malavita; il secondo è coinvolto nello spaccio di droga; il terzo è disperso nelle filippine dopo essere stato arruolato dai giapponesi; il quarto, sordomuto, simpatizza per i guerrieri di Chang Kai-Shek.

affronterà le proprie traversie, prima dell’affermazione di Chang, e saranno soprattutto il dolore e la morte a spargere la loro ombra sulla famiglia dell’antico patriarca.

Vincitore di un meritatissimo Leone d’Oro a Venezia nel 1989, un’opera dilatata e disperata, ma intima, (scritta da Chu Tien-wen e Wu Njen-jen) girata con grande rigore dal regista taiwanese, con uno stile essenziale ma non povero, in cui la cinepresa è occhio stabile e scrutatore degli avvenimenti. Un film da recuperare.

Michele H.Pastrello

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