Lost in Beijing

lost-in-beijingIl più discusso film cinese del 2008 …

 

Dopo un lunghissimo ritardo dell’uscita, causato dal Chinese Film Bureau che ha chiesto alla regista Li Yu di sottoporre a più di sei controlli il contenuto della pellicola “Ping Guo” (Lost in Beijing), il film è stato finalmente presentato in anteprima al Berlin International Film Festival nel 2007. L’opera successivamente è stato messa nella lista nera dalle autorità cinesi. A differenza però di quello che è stato detto dalla stampa occidentale, cioé che alla regista sia stato vietato girare nuove pellicole, è la produttrice ad avere ricevuto uno stop di due anni. La messa al bando non è stato motivata dalle scene di sesso, come è stato più volte sostenuto dai media stranieri, anche se effettivamente vi è un piano sequenza molto esplicito e privo di tagli che potrebbe imbarazzare lo spettatore più pudico. Il motivo principale, in realtà, è stato dettato dall’immagine negativa della Beijing dipinta nella pellicola, presentata come una metropoli allo sbando, città disgregante che allontana gli individui dalla morale e dall’etica. Nel periodo in cui la capitale è al centro dell’attenzione mondiale per le Olimpiadi, per il governo cinese è inamissibile che si evidenzino degli aspetti così negativi come datori di lavoro stupratori, uomini disposti a vendere i propri figli per denaro, donne vittime delle circostanze, etc. Nonostante, queste siano delle problematiche che potrebbero accadere in qualsiasi parte del mondo, in questo momento, la Cina non vuole associare la propria bandiera a quella di una società corrotta. Per certi versi, sembra quasi che il film non sia stato fatto per presentare una storia drammatica nella capitale, ma per mettere la Cina in scacco matto, forzandola ad aprire gli occhi sulla realtà. Ancora una volta si preferisce “lavare i panni sporchi in casa” e quindi tacere certe cose. Esempi analoghi degli ultimi anni di questo atteggiamento da parte del governo, sono stati il caso SARS, ammesso solamente poiché il dilagare dell’epidemia era ormai divenuta incontenibile o il flagello dell’AIDS, negato finito al 2000. Ma qual’è la realtà che vive un film vietato in Cina? L’imposizione, finalizzata ad impedire al pubblico di vedere il contenuto di un film e fruirne del messaggio, si concretizza attraverso l’impossibilità di proiezione nelle sale cinematografiche ed il divieto di distribuzione nei negozi per la vendita. Per lo più ciò accade nella capitale, dove le sale, che sentono sul collo il fiato delle autorità, rispettano l’ordine ricevuto.

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Alcuni giovani chiedono alle proprie ragazze di sottoporsi ad interventi di chirurgia plastica per assomigliare a Fang Bingbing, la protagonista, settima nella classifica dei 100 volti più noti in Cina

 

 

La cosa non vale però per le altre città della Cina. Non tutte accettano i divieti che partono da Beijing. Esemplare è il caso di “Memories of a Geisha” di Rob Marshall, che condivide con “Lost in Beijing” lo stesso destino. Difatti la pellicola è stata proiettata in numerose sale, anche per un lunghissimo periodo e solo l’arrivo dei Mondiali di Calcio 2006 l’ha scalzato dal palinsesto dei cinema. Una cosa simile è accaduta anche con “Brokeback Mountain” di Ang Lee. Le due opere sopracitate inoltre hanno trovato un largo bacino di spettatori nel mercato nero del DVD che ha proposto anche i cofanetti deluxe per i collezionisti. Nei punti vendita autorizzati di Beijng è improbabile trovare una copia dell’ultima opera di Li Yu, ma chi si sa muovere, riuscirà ad ottenere un DVD realizzato per il mercato underground. Nel resto del Paese non vi è bisogno di nessun sotterfugio per comprare “Lost in Beijing”, anche perché paradossalmente sono gli stessi venditori i suoi principali promotori: i commessi invitano insistentemente i clienti all’acquisto con frasi del tipo: Film scandalo, film censurato dalle autorità, comprate, comprate …

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Sulla copertina del DVD il maggior numero di immagini è quello delle scene tolte dal montaqgio finale

SCHEDA

Ping Guo – Lost in Beijing (2007)
Durata: 112‘

Origine: Cina
Regia e Sceneggiatura: Li Yu
Fotografia:
Wang Yu
Interpreti: Tony Leung Ka Fai, Fan Bingbing, Tong Da Wei, Elaine Kam Yin-Ling, Zeng Mei Hui Zi
Montaggio: Zeng Jian
Musiche:
Peyman Yasdania
Produzione: Fang Li, Laurel Films Company, Beijing Emperor Classic Films Company
Distribuzione: New Yorker Films, Film Distribution

La capitale cinese attrae un numero crescente di giovani coppie che si spostano dalle campagne per seguire il sogno di un futuro aureo. Liu Ping Guo, trova lavoro in un centro massaggi, mentre il marito An Kun, come lavavetri. Ma il sogno si tramuta in un incubo quando l’affascinante giovane, recatasi al lavoro, con i postumi di una sbornia, viene violentata dal suo capo, sotto gli occhi del marito che in quel momento stava pulendo i vetri del palazzo. An Kun, che è a conoscenza che il boss della moglie da anni spasima nel tentativo di mettere alla luce un erede, quando viene a sapere che Liu Ping Guo aspetta un figlio, forse non suo, decide di barattarlo con una grossa somma di denaro. Alla nascita, gli esami dimostrano che il padre però è proprio An Kun. Questi però, per ottenere il denaro, lo spaccia per il figlio del datore di lavoro della moglie. Ma il denaro non calma l’animo del protagonista, che impazzisce di gelosia nel vedere il legame che sta perdendo con il figlio, così alla fine decide di rapirlo. In un secondo momento realizza la follia del suo comportamento e decide così di riportare indietro il piccolo, ma Liu Ping Guo preferisce ricominciare senza di lui una nuova vita.

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Il numero delle scene tagliate è 15. Della prima versione originale del montaggio è rimasto solo il 65%

 

Nella sceneggiatura vi sono numerose forzature: una delle più evidenti, è quella della scena madre, dove il “fato” vuole che il marito della protagonista Liu Ping Guo, tra le milioni di vetrate dei grattacieli di Pechino, stia lavando proprio quella dove sta avvendendo lo stupro ai danni della moglie. Nonostante i difetti, Li Yu riesce a raccontare in maniera efficace quali siano le malattie sociali che crea un veloce sviluppo economico. Cultura e valori vengono abbandonati e la libertà è garantita unicamente dal benessere materiale.

 

 

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