CINA, IL MERCATO DEGLI ORGANI UMANI

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Wang Guoqi affetta pesce in un sushi bar alla periferia di New York. Il fatto è abbastanza ironico, in quanto Wang, fuggito dalla Cina, era un medico che sezionava cadaveri ed espiantava organi a prigionieri giustiziati.

In un’intervista alla rivista tedesca Stern, Wang racconta delle centinaia di volte in cui ha prelevato organi (soprattutto reni, ma anche cornee e pelle) da prigionieri che erano appena stati uccisi con un colpo di pistola mirato al yuzhen, un punto di agopuntura situato sulla nuca. L’abilità dei carnefici faceva sì che in alcune occasioni reni e pelle venissero prelevati da cadaveri il cui cuore batteva ancora.

Wang descrive nei macabri dettagli i particolari di un’esecuzione in cui al prigioniero venne iniettata eparina (un anticoagulante) facendogli credere che fosse un tranquillante. Poco dopo, il colpo di pistola alla nuca, il rapido trasporto del cadavere all’ambulanza che staziona al sito di esecuzione e la rimozione dei reni. Quest’ultima operazione, racconta Wang, durò meno di due minuti, con il cuore del prigioniero ancora pulsante. Subito dopo, il delicato compito di rimuovere la pelle, rapidamente, per anticipare l’intervento dei famigliari della vittima che richiedevano la restituzione del corpo.

Il mercato della pelle, secondo Wang, è molto fiorente e la banca della pelle presso cui lavorava vanta profitti annuali di almeno 100.000 euro. In effetti, quello del traffico di organi espiantati dai prigionieri si sta rivelando un business in continua crescita in Cina. La catena della corruzione è molto lunga e coinvolge giudici, avvocati e impiegati dei tribunali, corrompibili con meno di 40 euro. A Malacca, dove la St. John Clinic gestisce un grosso centro di dialisi, un rene viene offerto per circa 20.000 dollari ed il personale indirizza i pazienti più abbienti verso i centri di cura cinesi. Il business si spinge al punto che le autorità cinesi chiudono siti internet e proibiscono annunci in cui persone povere mettono in vendita un organo, allo scopo di alimentare i guadagni derivanti dalle esecuzioni.

Uno degli aspetti più preoccupanti è l’esecuzione dei prigionieri “su ordinazione” da parte di personaggi ricchi od influenti. Ad esempio, quando Yan Xiuzhong, il direttore della Quinta industria di componenti elettroniche di Tianjin, ebbe bisogno di un trapianto, Wang Guoqi e Wang Zhifu (un chirurgo suo collega), si recarono presso il braccio della morte della prigione di Xiaoxiguan per selezionare un prigioniero che avesse un gruppo sanguigno compatibile. Anche in questo caso i reni furono prelevati dal cadavere quando questi ancora si muoveva.

Le autorità cinesi rispondono alle accuse di prelevare la pelle da prigionieri vivi negando il fenomeno. L’inchiesta di Stern, tuttavia, ha rintracciato il campo di esecuzione descritto da Wang Guoqi e raccolto le testimonianze degli abitanti. In Cina, il prelievo di organi da prigionieri, senza averne ottenuto il permesso, è illegale. Tuttavia, le autorità non sono mai state in grado di mostrare un documento di consenso al prelievo firmato da un condannato a morte. Anche se uno di questi documenti venisse prodotto in futuro, le probabilità di essere stato estorto con la forza ai condannati sono molto alte. In un altro passaggio dell’articolo, il dottor Mudan Jiang descrive le condizioni della prigione di Hailin, dove ad un condannato a morte, incatenato nudo al pavimento, venne chiesto di donare gli organi in cambio di pasti caldi.
Per paura delle reazioni di autorità e polizia, le famiglie dei condannati cui vengono prelevati gli organi sono restie a denunciare il fenomeno. Anche quando negano il consenso all’espianto, gli organi vengono prelevati comunque: Stern ha raccolto la testimonianza di Rao Enhuan, al cui figlio vennero prelevati i reni nonostante il suo parere contrario. La rivista tedesca possiede anche le fotografie che documentano il prelievo coatto di organi.

La donazione di organi non è diffusa in Cina, in quanto vi è la credenza che essi contengano l’anima. Tra il 1960 ed il 2000 si sono registrati ufficialmente poco meno di 35.000 trapianti di reni. Di questi, però, solo 181 provenivano da donatori che potessero essere identificati. Vi è il fondato sospetto che gli altri organi siano tutti stati espiantati da prigionieri.
Le condizioni precarie (spesso a bordo di ambulanze) e scarsamente sterili in cui vengono prelevati gli organi fanno sì che l’incidenza di infezioni e complicanze nei pazienti trapiantati sia molto elevata. Per ovviare a questo inconveniente, le autorità di Pechino stanno introducendo il metodo dell’iniezione letale. Nel 1997, la prigione di Kunming fu il teatro di una sperimentazione mirata alla formulazione di un cocktail letale che uccidesse rapidamente il prigioniero, senza lasciare tracce in circolo o nei principali organi. In questo modo, i patologi possono lavorare in condizioni di sterilità e con l’ausilio di tutti gli strumenti necessari. Tutto questo indica che il mercato degli organi da prigionieri sia in espansione e non vi siano indicazione concrete di un intervento da parte delle autorità.

Tratto da: notiziario della Sezione Italiana di Amnesty International.

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