Intervista al poeta Duo Duo

Incontro il poeta nel suo temporaneo alloggio a Haikou, capoluogo dell’isola di Hainan.

di Fabio Grasselli

Egli alloggia in un edificio appartenente al complesso della Hainan Daxue, l’università più importante dell’isola, in cui peraltro svolge l’attività di insegnante; è professore di letteratura estera, in particolare insegna la modalità di lettura di poesie straniere, soprattutto europee (in traduzione), in questi giorni sta trattando Baudelaire, uno dei suoi preferiti da sempre. Questa mansione lo tiene occupato soltanto due ore a settimana, e ciò gli permette, come facilmente intuibile, di usufruire di parecchio tempo libero in cui gode del clima mite e della tranquillità dell’isola da cui trae nuova ispirazione.

Sente che è iniziato un nuovo periodo della sua vita, lo spostamento dall’Olanda alla madre patria è stata un’esperienza molto forte e l’utilizzo quotidiano della lingua cinese gli rende più facile la stesura di nuove idee.
Quando giungo all’uscio dello stabile con un amico, scorgo il suo volto, a me noto attraverso riviste, alla finestra, in attesa della visita.

Mi indica di salire.

Mi accoglie calorosamente e da subito si dimostra una persona molto cordiale e affabile, semplice e disponibile. Ci sediamo su due sedie di paglia bianca in sala, appoggio il computer sullo sgabello, ci offre una sigaretta disquisendo sulla pessima qualità del tabacco cinese e consigliandoci le “General” che, a suo avviso, insieme alle “Zhongnanhai”, sono le uniche discrete. Si lamenta della massiccia presenza di zanzare in questo suo nuovo soggiorno, zanzare così tenaci da penetrare anche la zanzariera da cui è interamente coperto il suo giaciglio.

Ci consiglia, poi, di non recarci nelle bettole fuori dall’università, perché, cibandosi là, si rischia l’epatite; noi siamo appena usciti appunto da una di quelle. Afferma che è contento di conoscere persone che credono nella cultura e nella trasmissione di essa, vista la decadenza verso cui si dirigono Cina, ovviamente America e purtroppo anche Europa.

Il rammarico ha pure una leggera tinta ironica sul suo volto, che ormai comincia ad essere segnato dagli anni, ma che mantiene dei tratti adolescenziali, se non fanciulleschi. Mentre si discute dei traumi apportati dal capitalismo sfrenato, della predominanza del buddhismo in Cina e della meccanicità della società giapponese, collego il microfono al portatile e avvio il programma per registrare suoni.

Duo Duo accende un’altra sigaretta alla prima domanda, è alquanto teso, cerca ispirazione e gesticola ora freneticamente, ora lentamente quando i discorsi si fanno più profondi. Ho scelto di parlare in inglese per due motivi: il primo è la mia familiarità con la lingua anglo-sassone, la quale è sicuramente maggiore rispetto alla lingua cinese e il secondo è la mia convinzione per cui quando ci si esprime in una lingua straniera si tende ad essere più essenziali e sintetici, e, quando non si trovano le parole, più metaforici.

Il poeta alza spesso gli occhi verso il cielo, sfiorandosi l’addome ogni qualvolta descriva l’intimo anelito verso l’ispirazione e verso la spiritualità, a volte mi fissa negli occhi, a volte lo vedo di profilo, illuminato dalla forte luce del sole dei tropici che penetra dalle grandi vetrate a cui sovente dirige lo sguardo, forse in cerca di consigli. Sbuffa quando prova dissenso verso un determinato discorso, ad esempio l’ignoranza dei nuovi ricchi o l’americanizzazione dei sistemi, ride allegramente quando ironizza su se stesso; gli capita di unire le mani a mo’ di preghiera.

Tra una sigaretta e l’altra, l’intervista dura quasi due ore, il tutto in un clima morbidamente familiare e sereno. Ci augura buona fortuna per il proseguimento del nostro viaggio e noi contraccambiamo augurandogli successo come insegnante e come poeta anche nel regno di mezzo.

Duo Duo nel suo appartamento ad Haikou

Genzi sostiene che ogni teenager è poeta, lei crede che ogni poeta possa essere un eterno teenager?

Assolutamente. Anzi, meglio ancora, dovrebbe conservarsi fanciullo, puro, pieno di fede e stupore di fronte agli avvenimenti dell’esistenza; il teenager è già troppo impetuoso e pieno di sé, vuole imporsi, è violento.

Nei suoi versi il silenzio è spesso un soggetto di rilevante spessore, come ha concepito il silenzio nelle varie fasi della sua vita?

Il silenzio, penso che per me sia ora molto più importante che in gioventù, sto invecchiando; il silenzio indica equilibrio interiore, si crede in qualcosa, si confida in qualcosa e si ottiene energia, salute. Quindi il silenzio è molto difficile da ottenere, da… Penso che la poesia sia sì scrivere, ma sottintende qualcosa al di là di essa, quindi per me è religione e io penso di essere fondamentalmente un credente.

Crede che la poesia possa fungere da seduta auto-psicanalitica?

L’interiorità, secondo me non è solo psicologia, intesa in modo freudiano. Io preferisco Jung; concepisco l’interiorità come totalità, corpo, mente e anima, tutti uniti. Quando si riesce a riconciliarsi in un tutto è lì che si ottiene energia, è il trampolino di lancio per la scrittura.

Non ha più riavvertito il desiderio di scrivere in cinese classico?

Sai, innanzitutto, la poesia classica cinese ha raggiunto l’apice, anzi l’ ha superato, nessuno può scalare quella stessa montagna, trovare la stessa strada; in secondo luogo, la profonda differenza che sussiste tra le due lingue, il cinese moderno e il wenyan, è tanto cospicua da non permetterci di utilizzare il cinese classico, noi poeti contemporanei possiamo ormai utilizzare soltanto il baihua.

Quanto ha influito il Taoismo e in particolare il Dao De Jing sulla sua formazione personale?

Sinceramente non troppo, non ho mai letto il Dao De Jing; penso che la ragione stia nel fatto che la mia generazione in gioventù non ha mai ricevuto un educazione adeguata, né all’università, né tanto meno alle scuole superiori; andammo nelle campagne, durante la rivoluzione culturale. Secondo me è veramente un peccato nei confronti della cultura classica cinese, la sua letteratura, la sua filosofia, la sua poesia; ho letto sì qualcosa, ma non troppo, come del resto gran parte delle persone in Cina, e il Dao De Jing non è annoverato tra le mie letture. Ma credo che sia giunta l’ora di leggerlo…

Che tipo di influenza ha avuto lo Zen sulla sua poesia?

Non eccessiva, ma comunque superiore rispetto al Taoismo; ho assai apprezzato lo Zen; penso che nella nostra cultura sia importante, sì, leggere, come prima cosa, ma credo sia ancora più importante praticare qualcosa, di proprio conto; per esempio io pratico la meditazione cinese, che è pressoché la stessa cosa. Percorro una strada diversa per raggiungere lo Zen o chessivoglia. Non sono realmente in grado di definire cosa sia effettivamente lo Zen, ma posso affermare di conoscere qualcosa.

In quale periodo della sua vita si è sentito più ispirato?

Penso che ci siano stati molti periodi nella mia vita, molte fasi, ma se dovessi sceglierne una direi i primissimi anni novanta. In quel periodo sentivo una grandissima forza interiore ed ero incapace di controllarla, al contrario di adesso; oggi, infatti mi sento pacifico, quieto, non sono arrabbiato con il mondo, non sono triste. E penso che la tristezza contenga un’ immensa energia, e quando si attinge da essa, si scopre che ci sono miriadi di parole che si vogliono comunicare a qualcuno, a chiunque, e quando nessuno può parlarti, allora è necessario scrivere. È come un’automobile di grossa cilindrata, basta premere un po’ l’acceleratore e subito si scatta a grande velocità; io credo che i momenti di sofferenza purifichino in qualche modo il cuore, è spesso in quei momenti che si scopre il bisogno di credere in Dio.

Come ho già detto ci furono molti periodi di profonda ispirazione, per esempio i primi anni: ero così eccitato all’idea di scrivere, era magico e quando leggevo le mie stesse poesie, mi chiedevo chi le avesse scritte. Io non ho mai sognato, non ho mai pensato, non ho mai provato ad essere un poeta. Quando mi affibbiarono, più tardi, questa carica mi sentii obbligato a scrivere, dovevo scrivere qualche nuova poesia, assolutamente, e pensavo “oh no, sto superando i quaranta, i cinquanta, sono alla fine della mia carriera!”, è la cosa peggiore, una castrazione alla creatività; poi mi raccapezzai e dicevo tra me e me “non sei nulla, sei un uomo, sei soltanto un uomo, un uomo che comincia ad invecchiare, ma non ha importanza” e la vena poetica mi fu restituita.

Dall’inizio di questo nuovo millennio fino ad oggi, in particolare dall’anno scorso, sto vivendo un nuovo periodo creativo, sto crescendo, prima ero vittima di una forte pressione, poi all’improvviso tutto è mutato per il meglio. Quest’anno è stato un ottimo anno, dall’Europa sono tornato in Cina, parlo la mia lingua madre e tutto è molto più liscio, più veloce; immagazzino molte più informazioni ed è cosa buona. Ma credo ancora che sia nei momenti di tristezza che si arrivi subito al punto, che si tocchino profondità più remote.

Quale è la stagione dell’anno che più la ispira e in quale si immedesima di più?

Di solito era l’autunno, ma ora è la primavera, sai perché? Semplicemente perché sto invecchiando.

Nel nord Europa, in cui il clima è veramente rigido, provavo a lavorare per tutto l’inverno senza ottenere un granché, quando arrivava la primavera mi sentivo invasato di nuova energia e ricominciavo a scrivere. Qui è sempre primavera, ogni giorno; è molto, molto differente.

Crede che l’ispirazione, la musa, possa giungere da energie esterne alla persona che crea?

Io non credo di aver fede nella musa, io mi sento direttamente collegato a Dio, non necessito della musa come intermediaria. Non ho mai nemmeno pensato ad essa, ma se è soltanto un altro nome per definire la stessa cosa, allora non cambia: per me scrivere è un modo per elevarsi, la poesia in realtà è la quotidiana esaltazione dello spirito. A volte mi sento come un monaco, è come un lavoro per me, ho bisogno di molto tempo e solitudine, se l’ispirazione non arriva, non la costringo a giungere, mi fermo ed aspetto. Quando ero giovane mi sforzavo di ottenerla, bevevo e mi inebriavo, ma ora no, è il modo sbagliato, ma comunque l’ ho fatto. Penso che la poesia sia naturale, lucida ed armonica, e non è nemmeno il linguaggio il punto essenziale di essa: il punto focale è il livello spirituale a cui si perviene. Credo di aver fatto lo stesso lavoro per più di trent’anni, senza dubbio a volte ho commesso errori, ha volte è stato un successo, ma non importa. Quando ero giovane pensavo sempre di essere faccia a faccia con Dio. Ma non è una sensazione appropriata: se sei faccia a faccia con Dio, non puoi scrivere; quando scrivi significa che Dio è dentro di te, che Dio sei tu stesso. Ma devi sapere aspettare, ci vuole pazienza, relax, calma e quiete, devi rivolgere il pensiero verso il sublime e fonderti con esso. Ad alcuni potrebbe sembrare che io non abbia fatto nulla per giorni interi, ma in realtà ho fatto, ho fatto tanto…

Come concepisce Dio?

Io sento Dio, fin dal principio, fin da quando ero giovane, non so bene da quando; forse da quando ho cominciato a scrivere, lì ho incontrato Dio. Forse perché scrivere per la sola ragione di farlo, è già un modo per incontrare Dio. Cosa significa il termine “ispirazione”? In quel momento io sono chiarissimo o chiarissimo è qualcun altro che sono comunque io. Io sono più persone. Ma è solo quello? No. Io sento ancora qualcosa e questo è l’inizio. Poi con il passare degli anni, la fede si è accresciuta, sempre di più. Senza fede sarei distrutto, dal materialismo, come da qualsiasi altra cosa. Quindi credo che l’intimo, il profondo dell’intimo sia importante; e scrivere poesie, per me lo è sempre stato, è un viaggio. Perché mentre scrivi stai affrontando qualcuno, con qualcuno stai parlando. Non ho mai detto di scrivere versi per un ipotetico lettore, o per qualcuno in particolare, mai; e scrivo per me stesso? No, non credo. E quindi per chi, per chi? T.S. Eliot afferma che esistono tre canali di comunicazione: parlare con qualcun altro, parlare con se stessi o parlare con Dio. Io penso che non ci sia dubbio. Ma chi è Dio? Che tipo di Dio, un Dio cristiano oppure qualsivoglia altro dio, per me non ha importanza: è qualcosa di molto elevato, questo è tutto. Io credo, ma non vado in chiesa; comunque mi piacciono le chiese, mi piace stare in una chiesa, ma non pratico, apprezzo sì, ma non mi appartiene.

La figura della donna…

Le donne sono sempre state importanti. I problemi fondamentalmente trovavano la vera radice sempre nelle donne. Sicuramente, sempre hanno avuto grande rilevanza nella mia vita anche se sono ben poche le poesie direttamente rivolte ad una donna, le poesie d’amore; ma la ragione per cui si scrive è molto più importante della scrittura stessa. Se hai ragioni forti per scrivere, allora potrai farlo. Io ho tratto molte delle ragioni dai problemi con le donne, nonostante abbia scritto di panorami o della natura o dei grandi problemi del mondo; la ragione profonda in verità era sempre una donna. Io penso che quando si invecchi, in particolar modo, non si apprezzi scrivere poesie d’amore. Penso che il problema tra uomo e donna sia uno degli innumerevoli aspetti con cui si manifesti la lotta tra lo Yin e lo Yang, la quale pervade tutto l’esistente, e la poesia è un’ancora di salvezza per questi problemi. Ho amato, apprezzato, stimato e desiderato le donne, ma ho anche provato rancore, disappunto, rabbia nei loro confronti come ogni persona comune.

La musica…

Penso che la musica sia la vera forma della mia poesia, la sua costruzione. Per quanto riguarda il linguaggio, ho seguito la via della musica per organizzarlo. Ma la musica si manifesta in molte forme, in molti generi, molti tempi. Io non sono capace di scrivere in cinese classico, ma ciò non vuol dire che io abbia tagliati i ponti con la poesia classica, la sua aria.
Ogni poesia ha un proprio bioritmo, ogni poesia si distingue da un’altra e per ognuna c’è un battito da cui bisogna lasciarsi trasportare. C’è un tempo musicale per ogni tipo di scrittura. Tuttavia tengo ad asserire che la mia via sia la via del canto, non sono un pianista, ho provato sì, ma fondamentalmente sono un cantante, un cantante alla maniera classica, odio il microfono, amo il tenore.

Mi sembra di avvertire, nei testi degli anni settanta, una forte caratterizzazione notturna; è in quel momento della giornata che la musa viene più spesso a farle visita?

Bella domanda; lavoravo spesso nel mezzo della notte, il tempo di dilatava e godevo di un’intimissima solitudine, del silenzio, della quiete e la scrittura si faceva più profonda.

Ma ora lavoro al mattino, sono cambiato, tutto è cambiato. Dopo i quarantacinque non ho più energia, se lavoro di notte il giorno dopo sono davvero spossato. Tuttavia scrivere al mattino non è la stessa cosa, perso che il giorno sia meno passionale della notte. Al mattino non svolgo un vero e proprio lavoro di scrittura, raccolgo idee che attendono una stesura appropriata, la quale può occupare tutto l’arco della giornata; le ore più creative sono ancora, comunque, quelle serali.

Il connubio fra cielo e terra la muove sovente alla scrittura, come lo intende?

Non ho mai pensato all’incontro di cielo e terra come ad un connubio, penso che il cielo mi ispiri più profondamente quando è nuvoloso, quando il vento sospinge velocemente le nuvole lungo l’arco celeste. Le nuvole significano libertà, viaggi. Posso vedere molte cose nelle nuvole, fin da bambino mi fermavo a lungo ad osservare le nuvole che cambiavano forme. Per quanto riguarda la terra, noi cinesi proviamo un naturale attaccamento alla terra, come i tedeschi: entrambi proveniamo da una cultura contadina in cui la terra ha un ruolo fondamentale, noi amiamo naturalmente la terra.

Quale avvenire prevede riguardo alla poesia in questa nuova Cina?

Il futuro del mondo non ha garanzie, nessuno può sapere nulla; io, dal mio canto, sono preoccupato perché il materialismo, il consumismo, la cultura pop stanno eclissando l’anima della poesia, la stanno ferendo. Nonostante ciò non nego che ci sia qualcosa di buono anche nella musica pop, qualcosa si può apprezzare. Io cerco comunque di tenere viva la storia della poesia, è per questo che ho scelto di insegnare, io provo a trasmettere la mia esperienza agli studenti, alle nuove generazioni, cerco di fare del mio meglio.

Se dovesse associare la sua poesia ad un elemento naturale, quale sceglierebbe?

Le nuvole. Non è fuoco, non è acqua, non è legno, non è metallo, non è aria. È una nuvola.

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