Lucia Cheung – OpenAsia 04 – La forcina della terra

Lucia Cheung è nata a Macao, dove è cresciuta e ha sposato uno scultore italiano, cresciuto anch’egli a Macao.

Ha vissuto a Hong Kong per la maggior parte della sua carriera lavorativa ed è recentemente tornata nel suo luogo di nascita. Macao, uno dei più antichi insediamenti europei in Asia, dopo quattrocento anni è di nuovo sotto il governo cinese dal 1999. Molto caratterizzata dal retaggio della colonizzazione europea, Macao, avendo placidamente sonnecchiato mentre Hong Kong esplodeva improvvisamente diventando un porto internazionale a metà del XX secolo, ha curiosamente mantenuto più costumi culturali cinesi tradizionali della maggior parte delle città della Cina continentale. È un luogo in cui la vecchia Europa è scesa a patti con la vecchia Cina e, fino a pochi anni fa, era relativamente soddisfatta di questo compromesso.

Quanto a Lucia Cheung, l’artista è scesa a patti con la vecchia Cina e la vecchia Europa a modo suo. Persona naturalmente artistica, non distingue le belle arti dalle arti decorative, né separa l’arte dal modo in cui si occupa dei dettagli della vita quotidiana; si appassiona ad un fuggevole incontro con la bellezza come si appassionerebbe ad un’importante opera d’arte.

Lucia si è essenzialmente formata nel campo della pittura tradizionale cinese e percepisce il mondo in punta di pennello. Partendo da questo contesto alquanto definito, ha esplorato territori non convenzionali, applicando la sensibilità di un pittore floreale all’ombra tremolante su una tenda o alla preziosa compostezza di una forcina per capelli. Interpreta le sue poesie preferite soffermandosi sul disegno di un tessuto antico o sul gesto di una mano. Per lei, non esiste divario generazionale o storico, manca solo il giusto tocco. Il background di Lucia, che abbina vecchia Europa e vecchia Asia, si è sintetizzato nel lusso del tempo libero, momento in cui la sensualità può essere esplorata ai suoi ritmi e facilmente condivisa con un passante. L’ipertensione nel mondo di Lucia è semplicemente innalzamento del senso dell’odorato e della vista, non isteria e ansia.

Lucia Cheung

La “Forcina della terra” è stata creata non pensando specificamente all’Italia, anche se Lucia conosce bene il paese e può vedere con l’occhio della sua mente il modo in cui ondeggerà sotto il sole italiano nel chiacchiericcio dei bagnanti distesi nella vicina ombra. La scultura trae ispirazione da una poesia cinese del IX secolo che descrive le ore senza tempo nella camera di una donna, il cui unico impegno, tutt’altro che pressante, è quello di pettinarsi e truccarsi godendo del piacere di un delicato profumo di incenso. Con questa scultura, l’artista vuole richiamare la bellezza lussuosa di un’epoca remota attraverso la delicatezza di un disegno floreale in una modesta forcina per capelli. La terra sulla quale poggia la scultura è la bellezza immobile, mentre gli oziosi passanti sono i suoi umori.

L’intuizione della trasformazione di un oggetto quotidiano in un’icona, conferendogli nuova struttura e portandolo a dimensioni elefantiache, è stata inizialmente applicata in epoca moderna dai surrealisti, poi rinnovata, nelle mani della pop art americana, portando la banalità ad una statura iconica. Il monumento del banale non va adorato e sognato; è un stato di malaise che si è amplificato e va affrontato di petto.

L’oggetto sproporzionatamente più grande di ciò che è nella realtà può essere motivo di meraviglia, ma con familiarità si riallaccia anche alla banalità, come tante statue eroiche del passato. L’ambizione di Lucia in questa scultura è molto modesta; il suo intento non è quello di monumentalizzare un oggetto domestico, ma semplicemente suggerirne la forma. L’artista vuole trasformare i dettagli di un disegno in una bandiera sventolante che non strida con la realtà. Desidera evocare un sogno, anziché formulare una dichiarazione, e proprio al sogno di un mistero remoto è dedicata la mostra di sculture Open di quest’anno.

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