LE EVOLUZIONI STORICHE DELLA PITTURA CINESE

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La pittura cinese fin dagli esordi è nata sottolineando il suo aspetto prettamente didattico e ha sempre evidenziato il suo intento nello sviluppare valori in grado di regolare i rapporti umani.

Il pittore in Cina riflette nelle sue opere la storia, il suo pensiero, l’anima e la sua concezione filosofica.

Tutti questi aspetti hanno fatto sì che lo sguardo, di chi si sofferma su questi lavori, capisce che sono concentrati culturali e dell’integrità morale dell’artefice: una sintesi della perfezione del sapere.

Shi Tao (1642-1718) è il portavoce della legge che ribadisce che la pittura rispetta le regole dell’inchiostro, mentre l’inchiostro quelle del pennello, il pennello quelle della mano, ed infine la mano le regole del cuore del pittore.

La pittura tradizionale cinese ha come tema principale del ritrarre il campo della natura.

In special modo sono 4 i caratteri principali: paesaggi (Shan shui), uccelli e animali (Ling mao), fiori e piante (Hua niao), ritratti (Ren wu).

Poche volte si sofferma sull’uomo, per lo più lo rappresenta con significati simbolici.

L’uomo viene evocato e non rappresentato realisticamente, non c’è una ricerca portata allo studio del ritratto di tipo “fotografico e della corporatura umana, ma la pittura cinese si sofferma con l’interesse di cogliere l’integrazione dell’uomo nella natura, infatti molto spesso la figura umana risulta essere un particolare della rappresentazione più che il protagonista dell’opera pittorica.

L’omaggio artistico del ritratto in epoca antica è legato per lo più alle cerimonie funerarie e alla devozione dei cinesi nei confronti dei propri antenati.

Per rappresentare il bello è necessario rimarcare l’essenza primaria di un soggetto, poiché gli artisti cinesi sentono l’arte come esplicazione della realtà esistente e non la vedono come una mera e semplice riproduzione.

Uno strettissimo legame è quello tra la calligrafia e la pittura, il modo di dipingere è legato alla calligrafia: il carattere che simboleggia disegno di un qualcosa di reale, anche se nel corso degli anni ha subito numerose trasformazione, nella sua stilizzazione odierna ha ugualmente mantenuto l’aspetto di una realtà più che un segno convenzionale.

Per la tradizione, ed anche per regola pratica, non è possibile essere un buon pittore se non si è un buon calligrafo.

Le due qualità sono ambivalenti, perché entrambe richiedono la capacità di essere padroni nell’adoperare il pennello, il quale è veicolo liberatore della creatività che scaturisce dall’impulso dell’artista.

Molto spesso nelle accademie l’apprendere delle due arti era parallelo, poiché entrambe richiedono la stessa tecnica e la stessa abilità del tratto.

Infatti nel corso dei secoli, la scrittura dei cinesi, di matrice pittografica, ha preso un percorso di marcata stilizzazione, dove i disegni figurativi hanno assunto le forme di simboli o ideogrammi chiamati caratteri.

Ancora oggi nella scrittura in uso corrente, verbi quali vendere o comprare, oppure nomi di animali come cavallo, capra, o nomi quali campo, fuoco, bocca, lingua, così come termini di altro e vari genere, palesemente offrono la comprensione del soggetto e dell’azione che vogliono identificare.

 Zhang Sengyou
Zhang Sengyou

I colori della pittura sulle pareti rocciose, risalenti al Neolitico, ritrovati a Cangyuan, nella provincia dello Yunnan, e quelli sul sito del Palazzo Imperiale della dinastia Qin (221-207 a.C.), a Xianyang, nella provincia dello Shaanxi, hanno pigmenti di origine minerale.

In questi ritrovamenti si vedono stilizzazioni di scene di caccia, di gioco o di vita quotidiana, che con il passare del tempo assumono un carattere fluido che offre la prima idea del movimento.

Ma i primi numerosi esempi di pittura cinese, non riescono ad essere autonomi, infatti si manifestano come mezzi atti al servizio di arti minori.

Appaiono così utensili verniciati, oggetti decorativi di molteplice genere come statue di ceramica o terracotta, vasi di bronzo, specchi, strumenti musicali e sculture funerarie. Nell’epoca arcaica nella tomba di Mawangdui, nella provincia dello Hunan, “La dama con drago e fenice” di Changsha, risulta uno dei più antichi dipinti su seta datati. Quest’opera si ritiene appartenga all’epoca della Dinastia Zhou (1100-221 a.C.), al tempo degli Periodo degli Stati Combattenti (Zhangguo) (453-221 a.C.).

La seta di raffinata manifattura, presenta nel dipinto una principessa, nell’atto di intraprendere un viaggio verso l’al di là, con un profilo marcato, che delinea le caratteristiche di un’arte matura e forse già molto diffusa e conosciuta dai fruitori dell’epoca.

Il periodo della Dinastia Han (206 a.C.-220 d.C.), che vede risplendere questo primo grande impero, sfortunatamente non ha riportato nessuna testimonianza di minima rilevanza fino ad ora.

Pochissimi dipinti murali danno l’opportunità, con le fonti letterarie pervenuteci, di comprendere che i temi prediletti sono i ritratti di personaggi illustri come l’imperatore, spesso le sue donne, i generali, i funzionari civili e scene di vita a corte.

Questi tipi di opere erano atti all’esaltazione di virtù o di imprese di personaggi celebri del momento, infatti in certi dipinti il paesaggio circostante viene omesso completamente per mettere in risalto figure di uomini eleganti e raffinati, i quali incarnano le idee di nobiltà confuciana, o scene dove personaggi su carri o cavalli sono rappresentati in uno spazio esteso che conferisce alla scena rapidità e velocità.

I paesaggi di questo periodo denotano uno studio dello spazio, per nulla prospettico, che però è volto a creare un’idea di profondità. Dopo la caduta degli Han, all’epoca delle Dinastie del Sud e del Nord 386-589 d.C., la pittura cinese attraversa una fase di grande rilievo per la sua evoluzione storica: opere e trattati iniziano a codificare le regole di quest’arte.

I reperti pittorici che si trovano in questo periodo sono per lo più delle riproduzioni rimaneggiate da artisti dell’epoca Tang, i quali dettavano le regole della pittura ufficiale. Tre artisti, i quali hanno un modo totalmente differente nel rappresentare la realtà, si distinguono tra i più conosciuti pittori del momento: Lu Danwei (440-500) conosciuto come il “pittore dell’osso” sottolinea le linee, con tratti decisi e robusti; Zhang Sengyou (504-551) il “pittore della carne” risalta ed evidenzia la bellezza corporea, demarcando la sensualità delle forme; Gu Kaizhi (334-389) noto come il “pittore dello spirito”, nelle sue opere lascia emerge il carattere, le qualità, l’intimo del soggetto riprodotto, con “La dama del fiume Lo” ed il più celebre “Consigli dell’istitutrice alle dame di Palazzo”, un rotolo orizzontale dove sono raffigurate numerosi momenti di vita, quali insegnamenti per le spose dell’imperatore, è il primo dei tre ad uscire dall’anonimato.

Le ammonizioni dell’istruttore alla corte, Gu Kaizhi

Il Buddhismo, che si fa sempre più vicino agli animi dei cinesi , nell’arco di regno della Dinastia Sui 589-618 d.C. ritorna spesso nei pensieri e quindi nelle opere dei pittori orientali.

L’esempio di massimo splendore si riflette nella pittura murale dei templi: i ritratti di Buddha e dei monaci sono ricchi di forme.

Lo stile pittorico legato al buddhismo è per lo più misto, riprende simbologie ed aspetti che apparivano già nei dipinti confuciani e taoisti, ed arricchisce il tutto con elementi specifici della nuova filosofia venuta dall’India.

In questo periodo vengono illustrate scene di vita nei cortili o nelle case, oppure i ritratti del Buddha e le immagini che raccontano la sua vita, queste formano un vero poema calligrafico che, attraverso l’opera trasmette con il colore, elemento importante in questi lavori, nozioni filosofiche religiose anche a coloro che non sanno leggere e scrivere e quindi hanno la necessità di affidarsi alle immagini per apprendere ed imparare. I soggetti della dottrina buddhista ricorrenti più spesso sono quelli tratti dal “Sutra del Loto“.

Si distinguono artisti come Zhan Ziqian (580-620), esperto e maestro nella pittura murale, nei paesaggi e nel dipingere cavalli; Cao Zongda, conosciuto per i ritratti dal “drappeggio bagnato”; i Wei Chi, padre e figlio, quest’ultimo noto per la pennellata robusta e tesa come la corda dell’arco e ricordato per i suoi fiori. Le note “Le danzatrici” del rotolo Berenson appartengono proprio a quest’artista.

Yan Liben
Yan Liben

Il secondo grande impero cinese, sotto la Dinastia Tang (618-907) che nell’arco di quasi 300 anni ha avuto ben 22 sovrani, i quali hanno fatto in modo che la Cina potesse vivere uno dei momenti culturali ed artistici più floridi e fecondi, vede il fiorire totale di arte e filosofia, le quali si intrecciano per dare frutti succulenti alla Cina.

Il momento di massimo splendore è raggiunto con l’imperatore Xuan Zong (713-756). In questo periodo Wu Daozi (680-?) viene soprannominato il Grande, per la rivoluzione che porta nell’ambito pittorico e soprattutto nella rappresentazione del paesaggio.

Le pennellate dei suoi dipinti sono veloci e naturali, spesso non usava neppure il colore, ma lasciava che la parte della riempitura fosse terminata dai suoi studenti.

Le figure di uomini che delinea sono un modello molto imitato, ma mai raggiunto dagli artisti cinesi, neppure da quelli ai giorni nostri.

Sfortunatamente i più conosciuti affreschi murali di Wu Daozi a Chang’an (Xi’an), dal tratto d’inchiostro deciso, sono distrutti.

Confucio, Wu Daozi
Confucio, Wu Daozi

Solo le copie antiche consentono di ricavare l’innovazione dei soggetti trattati e delle forme estetiche, dove i volti dipinti hanno tratti che danno connotazioni scultoree, come le guance sporgenti, il naso pronunciato e gli occhi infossati.

La ritrattistica ufficiale, acquisisce un ruolo primario ed è la testimonianza della società cinese dell’epoca. Yan Liben è un ritrattista di questo periodo, dallo stile celebrativo, ricordato per i “Ritratti dei tredici imperatori” e perché conferisce ai suoi soggetti maestà, infondendo negli sguardi e nelle vesti, grazie a fluide pennellate ed irregolari sfumature, le virtù confuciane.

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L’imperatore Wu, della dinastia dei Zhou settentrionali, Yan Liben

Altri famosi sono Han Gan (720-783), “il maestro dei cavalli” che ritrae con estrema abilità questi animali, conferendo alle sue opere anche le emozioni che questi provano come spavento, paura e furia; Bian Luan (opera dal 786 all 802), il più conosciuto pittore di fiori, uccelli e animali. La “Scuola del Nord“, che decide di soffermarsi sui particolari del paesaggio, si forma in un’epoca in cui i pittori di fiori e animali si trovano al vertice della notorietà e della perfezione tecnica.

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Il maestro di cavalli, Han Gan

Li Suxun (651-716) e suo figlio Li Zhaodao (670-730) risultano gli artisti che primeggiano in questa pittura oscillante tra il realismo, dato da una vasta serie di dettagli minuziosi e tra l’immaginario con il predominio di colori scintillanti come oro, blu e verde.

Il primo artista specializzato nel paesaggio monocromo è Wang Wei (699-759), il quale nelle sue pitture opera una scelta di elementi essenziali.

Le tematiche principali rimangono comunque legate alla religione, infatti proprio sotto i Tang si creano associazioni religiose buddhiste che organizzano incontri di digiuno dove poeti, scultori e pittori mettono la loro arte a disposizione del popolo illetterato.

Nell’VIII secolo d.C., con l’avvento della litografia, oltre alla maggiore diffusione dei libri, si crea una fruizione e circolo di stampe le quali sono parte legata, e non, alle opere di scrittura.

Nel 845 la Cina assiste al rifiuto e alla persecuzione dei buddhisti, che porta alla distruzione e perdita di molte opere pittoriche e scultoree legate a questa dottrina filosofica e religiosa. I momenti politici peggiori vedono però, la pittura cinese raggiungere i massimi splendori.

Nei periodi degli Stati Combattenti, delle Sei Dinastie e delle Cinque Dinastie (907-960), sono state partorite opere spettacolari da artisti, che per evadere dalle guerre e dalle battaglie locali, hanno preferito isolarsi in zone remote dove hanno potuto dare estro e sfogo alla creazioni di capolavori che danno lustro all’arte della Cina.

Xu Daoning
Xu Daoning
Nel periodo tra il 907 ed il 960, la pittura attraversa un momento di massimo splendore, considerato quello della pittura classica: il paesaggio è il primo protagonista. A Chengdu, capoluogo dell’attuale provincia dello Sichuan, sono numerosissimi gli artisti. I più importanti pittori sono Guan Xiu, i cui personaggi presentano sottolineature esagerate come lunghe sopracciglia, tratti indiani pronunciati e lineamenti enfatizzati che fanno apparire le opere quasi caricaturali; un altro artista è Shi Ke, anche lui abilissimo nella figura e nell’acquerello monocromo, spesso l’unico colore è la china nera acquerellata con i contorni poco delineati, che ha lo scopo di carpire il profondo dell’uomo e con l’accurata ricerca del dettaglio mettere in sintonia l’umanità con lo spirito nascosto della vita. Dong Yuan, noto per le montagne che raffigura staccate da campiture vuote, e Ju Ran, a Nanjing, nella provincia del Jiangsu, perfezionano la tecnica del paesaggio.
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Uno arhat raffigurato da Guanxiu
Un paesaggista, considerato il più grande ed abile nel suo campo è Li Cheng, il quale ha concentrato la sua opera a Kaifeng, nell’attuale provincia dello Henan, ed insieme a Xu Daoning, ha perfezionato una tecnica tale che attraverso le sfumature del colore (pingyuan) è possibile percepire un senso di distanza.
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Li Cheng
Ma Yuan si sofferma nella pittura e rifinitura di un unico dettaglio del suo paesaggio; mentre Jing Hao e Guan Tong, monaci pittori, sono conosciuti per i loro paesaggi, i quali presentano molto spesso particolari strani e non molto inerenti all’opera.
La pittura di paesaggi è così parte della cultura in Cina che molto spesso anche i grandi pensatori orientali hanno sentito il bisogno di prenderla come esempio e modello nelle loro discussioni filosofiche.
Infatti i logici percepiscono un punto di vista ideale dei paesaggisti, poiché questi non ricostruiscono una visione prospettica della realtà che raffigurano nelle loro opere. Gli artisti, nelle loro raffigurazioni prediligono una prospettiva a volo d’uccello nella quale l’occhio che osserva è parte del paesaggio ed evolve insieme a questo. I paesaggi che si trovano nella maggior parte dei dipinti cinesi, sono caratterizzati da pochi elementi, i quali sono il più delle volte simbolo di ciò che i pittori vogliono raccontare, capita raramente che un’artista cinese riproduca un paesaggio alla perfezione.
Uno dei messaggi primari di questo genere di pittura è la meditazione e la ricerca di ritorno alla Natura. Non c’è da parte degli artisti una ricerca di originalità, ma di identità con la natura e la tradizione.
Il pittore cinese non è interessato a ritrarre dal vivo o con dei modelli, poiché il rapporto che crea con la sua opera è intimo e psicologico, dove le forme visibili che delinea riproducono la sua visione in cui gli occhi fungono solamente da filtro dell’occhio interiore del cuore. L’Accademia Hanlin, iniziata dai Tang, è identificata come “La foresta dei pennelli”, viene riaperta dall’imperatore Hui Zong (1082-1126), amante di ogni forma di arte. Attorno alla sua corte, come aveva già fatto precedentemente il re Xuan di Qi con l’accademia Jixia, decide di riunire e lustrarsi dei cervelli e degli artisti migliori che si possono trovare all’epoca della Dinastia Song (960-1127).
Questi organizza dei concorsi artistici, con in palio la “cintura d’oro”, il più prestigioso riconoscimento a cui un pittore può ambire, ed egli stesso vi partecipa in veste di giudice. Opere che hanno visto l’abilita dell’imperatore come artista sono il “Pappagallo a cinque colori” e il “Fringuello in mezzo al bambù”.
L’inizio di uno stile di pittura libero, senza fissi parametri, dove i soggetti non sono più quelli predeterminati e classici, arriva con Li Longmian (1049-1100) con il dipinto “I poeti del Lago dell’Ovest”. Questo tipo di pittura viene denominato la pittura dei letterati (Wenren hua). Il fine a cui auspicano gli artisti che seguono questa corrente è quello di creare una simbiosi tra ciò che la spiritualità necessita ed una tecnica che abbia la caratteristica di essere raffinata, ma risulti semplice e non pomposa.
Il paesaggista Mi Fei (1051-1107), Su Shi (1036-1101) e Weng Tong (?-1079), gli ultimi due maestri nell’arte della lavorazione dei bambù, sono gli artisti cinesi che hanno contribuito di più nella costituzione del patrimonio artistico della pittura della Cina. La tradizione dell’uso del bambù accostato all’opera pittorica è di derivazione mongola, poiché per questi e per la tradizione cinese, il bambù rappresenta un elemento che palesemente simboleggia la natura. L’Accademia di Pittura vede un forte rifiorire delle sue attività, grazie al passaggio della corte imperiale da Kaifeng a Hangzhou.
Il clima mite del luogo, la bellezza della natura nella sua integrità e semplicità, danno modo agli artisti cinesi di creare meravigliose opere che riprendono la dolcezza del verde e la luminosità delle acque del Lago dell’Ovest (Xihu).
Li Tang (1050-1130), ultimo importante paesaggista della dinastia Song del Nord, ed inventore del metodo della “diagonale”, è un innovatore della pittura di questo periodo.
Li-Tang
Li Tang
Con il suo metodo dà modo al dipinto di trovare la perfezione nella descrizione della parte inferiore, mentre nel resto vi sono solo accenni. Egli è anche il primo a fare uso dei tratti “a colpi d’ascia” (fu pi cun).
Liang Kai, invece è un’artista del periodo molto influenzato da quella che è la filosofia buddhista Chan, dove è importantissimo arrivare alla comprensione tramite un’illuminazione subitanea e quindi nei suoi dipinti traspare l’intensità racchiusa dalle piccole cose, le quali sono primarie per riuscire a captare l’animo pulsante dell’universo. In questo periodo l’arte dell’estremo oriente diventa accessibile anche per gli europei.
Pien Wen-Chin
Pien Wen-Chin

Durante il regno della Dinastia Yuan (1279-1368), poiché si crea un circolo amplio di imitazioni tecnicamente perfette, la necessità di riaffermare la creatività personale porta a vedere la figura artistica completa solo se questa crea una simbiosi totale con l’essere poeta, calligrafo e pittore.

I pittori che danno le opere più importanti alla Cina sono Gao, famoso per l’abilità espressiva che recupera l’antica tradizione; Wang Meng, dal tocco sensibile ispirato non dalla natura ma dalla stessa arte; Kegong e Wuzhen.

Zhao Mengfu, conosciuto per i cavalli delle sue opere, e la più famosa pittrice donna della Cina, la moglie Guan Daosheng, riportano i valori dell’etica confuciana nei confronti della dinastia regnante e la meditazione in armonia completa con la natura del taoismo.

Paesaggista del periodo, che si fa conoscere per il risparmio che opera dell’inchiostro, il quale comporta un esaltazione del colore della carta di riso è Ni Zan, che lavora alle sue creazioni con un pennello spesso asciutto, che danno a lui le denominazioni di tirchio. Durante i Ming (1368-1644) i pittori tradizionalisti, seguaci delle tecniche dell’Accademia Hanlin, sono i più ricercati, poiché si ispirano ai modelli dell’epoca Song.

Hangzhou e Suzhou, per le loro bellezze naturali, risplendono di una luce così brillante da ergersi a maggiori centri di cultura della Cina.

Le opere sfornate in questi luoghi diventano molto presto dei classici, poiché prendono ispirazione dal passato e si pongono come esempi per le opere future.

La pittura di palazzo è fredda ed accademica, in questo periodo tocca gli estremi dello splendore artistico e allo stesso tempo si trovano opere dove trapela la mancanza di creatività poiché alcune hanno una totale mancanza di sentimenti dell’autore, mentre altre ancora si distinguono per una ricchissima carica di significati poetici e filosofici.

I più importanti che si distinguono nel periodo Ming sono Pien Wen-Chin, specializzato nella pittura di uccelli e fiori, con una tecnica decorativa fatta di sottolineature e riempitura con colore; Lu Chi, decoratore di palazzo dalle opere ricche di colori e dallo stile conservatore; Shih-jui, grande pittore che unisce la tradizione pittorica Song ad una più vecchia tradizione; Tai Chin, paesaggista di corte, che esprime la vita e il movimento con senari idilliaci; Shen Zhou, paesaggista dalla ricca varietà di stili, dalla pennellata ferma e decisa; T’ang Yin, raffinato e professionale nella tecnica; Ch’iu Ying, dai temi popolari ricchi di dettagli e delicatezze; Tung Ch’i-ch’ang, famoso calligrafo e paesaggista, che riesce ad esprimere nelle sue opere l’importanza della legge morale in natura, attraverso un gioco d’inchiostro e pennello; Wen Cheng Ming, che fa del suo studio un’accademia informale; Wu Pin, paesaggista del fantastico e del naturale come Shao Mi; Ch’en Hung-shou, narratore dei dettagli della vita e Qin Yin, il più conosciuto dell’epoca.

Yun Shou-P'ing
Yun Shou-P’ing

Sotto la Dinastia Qing (1644-1911), dinastia mancese non ancora sinizzata, la perdita della creatività dà segni evidenti.

L’incontro che hanno i cinesi con l’occidente non dà modo di riacquistare l’estro creativo, ma accosta alcuni accademici all’apprendere l’ombreggiatura e la prospettiva. Il risultato è però sintetico ed analitico.

Il genio pittorico non riesce a rinnovarsi e si radica profondamente nel passato.

Poiché il comune pensare è che la pittura sia già arrivata ai vertici più alti e che quindi non possa migliorare, prendere d’esempio le opere dei grandi maestri è quello che bisogna fare per raggiungere la perfezione della tecnica artistica.

Il vero problema, che forse non è stato capito, è che oltre alla tecnica, ciò che contraddistingue maggiormente un’opera è lo spirito.

Gli artisti sono padroni della tecnica del pennello ma non danno vita alle cose che dipingono. Sono pochi i pittori che riescono a lasciare tracce importanti in questo periodo: Li Yin e Yuan Chiang danno una svolta alla morente tradizione, applicando allo stile ed alla composizione dei Song lo stile degli espressionisti Ming; Hung Jen, monaco pittore che predilige raffigurare paesaggi secchi; Kung Hsien, specializzato in paesaggi carichi di dolore, pathos, desolazione, che riflettono i sentimenti comuni dei cinesi sofferenti sotto i dominatori; Chu Ta, monaco taoista, dalla pennellata fluida e libera, molto spesso violenta che predilige temi sarcastici e aggressivi; Shih-ch’i, buddhista dai paesaggi sgraziati; Tao Chi, monaco buddhista che fa dell’arte un’unità trascendente.

Ma quelli che in questo periodo, non lasciano cadere nell’oblio l’arte pittorica della Cina sono i sei maestri Wang Shili-Min, dallo stile amplio e rilassato; Wang Hui, specializzato nell’imitazione dei grandi del passato; Wang Yuan-Ch’i, che raffigura luoghi astratti creati dalla sua mente; Wang Chien, seguace degli Yuan; Yun Shou-P’ing, specializzato nella pittura dei fiori; Wu Li, il quale mostra evidenti influenze gesuite.

Yun Shou-P'ing
Yun Shou-P’ing

Si creano anche gruppi di artisti, soprannominati eccentrici o individualisti, poiché nelle loro opere trapela la protesta contro l’accademismo della pittura del tempo.

Alla corte dell’imperatore Qian Long (1688-1768) il pittore gesuita italiano Giuseppe Castiglione, famoso in Cina come Lang Shining porta nella cultura artistica pittorica del momento le tecniche della prospettiva e l’uso di colori ad olio e a tempera per le rappresentazioni sulla seta.

La scena artistica pittorica che emerge dopo il proibizionismo dell’epoca di Mao Zedong, dove uno dei soggetti principali è proprio Mao, sembra aver riacquistato nuovamente tutta la sua originalità.

Le tecniche che vengono utilizzate dagli artisti cinesi sono numerose, come numerose le idee e le tematiche affrontate nelle opere.

La ricchezza individuale degli artisti si esplica nella ricercata e finalmente conquistata libertà d’espressività che trapela nelle opere pittoriche. Qi Baishi (1860-1957), con stilizzazioni di oggetti domestici che compenetrano i caratteristici fiori delle opere antiche; Wu Kuan-Chuang, dai paesaggi ermetici acquerellati, come quelli di Lu Shou-k’un; Xu Beihong, con i suoi cavalli dai tratti di pennello corposi e fluidi; Li K’o-jan, paesaggista sintetico; Lin Feng-mien e Zao Wou-ki dai tratti dinamici violenti ed espressionisti; Li Hua, pittore serigrafico; Huang Yung-yu, rappresentativo delle tradizioni delle minoranze; assieme a Pan Tianshou, Huang Binhong, Yan Meihua, e Tian Shiguang sono i più noti pittori della Cina contemporanea.

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1 commento su “LE EVOLUZIONI STORICHE DELLA PITTURA CINESE”

  1. Buongiorno ho 2 serigrafie cinesi con date e scritte autunno 1865 e estate 1884 ma non trovo nessuno che mi sa dire il nome dell’autore, mi potete aiutare?

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