Recensione di Frozen di Wang Xiaoshuai

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Nella Pechino del 1994, Qi Lei, un artista, ossessionato dal legame che intercorre tra vita e morte, decide che il modo migliore per appropriarsi di tale segreto è quello di tentare il suicidio e fare di tale evento un’opera artistica che sia il suo ultimo capolavoro.

FROZEN – JIDU HANLENG di WANG XIAOSHUAI (1995)

Durata:
97
Origine:
CINA
Tratto da:
un fatto reale
Produzione:
SHU KEI, WEI XU
Attori:
Jia Hongshen, Ma Xiaoqing, Bai Yu, Li Geng, Bai Yefu, Liu Jie, Qu Lixin, Wei Ye, Zhang Yongning
Sceneggiatura: Pang Ming, Wang Xiaoshuai
Fotografia:
Yang Shu
Musiche:
Roeland Dol
Montaggio:
Qingqing

Frozen di Wang Xiaoshuai La sua famiglia, composta dalla sorella e dal compagno di lei, entrambi medici, è preoccupata, come pure la sua ragazza fotografa ed i suoi amici artisti, solo il proprietario della galleria d’arte sembra essere poco interessato della sorte del giovane Qi Lei. La sorella, quando Qi Lei si ostina nei suoi digiuni, diventa sempre più ansiosa, mentre il suo compagno allunga sempre più l’occhio sull’idea che con la morte del giovane i suoi lavori artistici potrebbero valere svariati soldi. Si alternano scene che mostrano i tentativi di dissotterrarsi, annegarsi, bruciarsi: una serie di suicidi rituali e simbolici.

Diventa così per lui un’ossessione eseguire il rituale che lo deve condurre alla morte, il primo giorno d’inizio di ogni stagione. Ma mentre l’artista tenta di uccidersi spettacolarmente, c’è chi lo fa drasticamente, proprio dalla finestra del suo studio, vede una giovane gettarsi da un palazzo. La ragazza di Qi Lei, che spesso lo accompagna per fotografare le performance, la più particolare vede due suoi amici mangiare delle saponette, contraria al suicidio dell’amato, decide di portarlo da un medico per farlo visitare. Depressione o pazzia ??? L’ospedale opta per la pazzia, vorrebbe internarlo, ma a causa di uno scambio viene lasciato libero alla sua ossessionata vita di tutti i giorni.

Arriva la data che Qi Lei si è prefissato per concludere pubblicamente la sua vita tramite una sepoltura nel ghiaccio, i suoi compagni di performance lo aiutano nelle varie fasi del rituale. La rappresentazione artistica prevede la sua sepoltura in enormi blocchi di ghiaccio da far sciogliere col calore del corpo e morire così per ipotermia. Durante l’esibizione viene ricoperto da un telo nero, che evidenzia il tremare del corpo dell’artista a causa dei brividi di freddo. Giovani e studenti assistono in silenzio al rituale che si svolge davanti ai loro occhi, solo due vogliono interferire e bloccare il tutto dicendo che un’esibizione del genere non è permessa. Ma anche senza permesso il tutto continua fino a compiere l’estremo sacrificio nel nome dell’arte.

Amici e ragazza sono increduli nell’apprendere proprio dalla sorella di Qi Lei e dal suo compagno che il giovane è effettivamente deceduto. Ma il gallerista sa qualcosa che loro non sanno su questo suicidio, Qi Lei non è morto. Si è rifugiato nelle colline della periferia di Beijing, dove spesso riceve notizie dei suoi cari e della giovane che ama. Ma la solitudine e la noia di una vita-morta lo portano in uno stato di profondo sconforto, tanto che forse vorrebbe fossero vere le parole di un vecchio saggio a cui si era rivolto tempo addietro, che per la modica cifra di venti yuan, aveva raccontato all’artista che quando sopraggiunge la morte di seguito ritorna la vita e così via in circolo.

Egli chiede al gallerista, l’unico che con la sorella ed il compagno di questa, ad essere a conoscenza della verità, se può ritornare alla vita, ma ciò viene a lui negato. Ora le uniche distrazioni del giovane sono guardare da lontano le luci scintillanti della capitale e ascoltare una radio che molto spesso trasmette news politiche, come la decisione del presidente degli USA di intervenire in soccorso ad Haiti. Una sera prende un taxi, si reca a Beijing e chiama la sorella, ma non riesce a proferire parola. Giunge nel vecchio studio e vede che la sua ragazza che piange ancora la sua morte viene corteggiata dal gallerista. Si sente un fantasma e non interviene. Muore suicida sotto un albero.

La pellicola autoprodotta da Wang Xiaoshuai, il quale decise di non accettare denaro pubblico ma di autofinanziarsi, all’epoca ha goduto di un aiuto da parte di una produzione olandese, dal Festival di Rotterdam. Il regista usa lo pseudonimo di “Wu Ming”, “Anonimo”, poiché le tematiche scabrose, per il regime cinese hanno fatto si che il film alla sua uscita fosse censurato e messo al bando in Cina.

Frozen, pur essendo un film molto chiaro, anche se visto in lingua originale, affronta delle tematiche molto serie e sempre attuali in ogni società, quali il rapporto con la vita e la morte, il suicidio, l’arte, i nostri cari e la società. Sono molto efficaci le scene, dove l’auto-tortura si trasforma in una stretta disperazione e sensazione di un’esistenza intorpidente. Qi Lei protesta contro la freddezza della società, ma vuole protestare da artista, vuole essere ricordato, infatti tra le prime cose che chiede al gallerista, una di queste è se qualcuno pensa a lui o parla di lui.

Ma la morte per lui risulta più noiosa ed insopportabile della vita, così che si accorge di aver perso molto di più di quello che pensava. Nonostante chi lo ha sempre amato pianga per lui, non torna indietro, forse perché ha paura di perdere la faccia e quindi anche la notorietà; forse perché il suo gesto risulterebbe essere stato ridicolo e così la sua protesta non avrebbe più voce; forse perché le sue opere avrebbero un valore minore e la sorella che versava continuamente lacrime per colpa di un compagno interessato più ai soldi che a lei, non potrebbe ottenere più alcun beneficio economico; o forse perché ormai si sente sempre più morto e la vita non è più parte di lui. La fotografia del film è ricercata e sempre in tono con le scene che vuole esprimere.

I colori sono sbiaditi quasi ad esprimere una vita disperata, che alla ricerca di una morte violenta nel suicidio è accecata e non permette alla luce dei sentimenti più importanti, quali l’amore della ragazza e della sorella, di filtrare ed illuminare la sua esistenza. Divertenti sono invece le scene di Qi Lei che si addormenta sul lettino dell’ospedale durante una visita di una dottoressa, disinteressato alla burocrazia medica, e quella successiva dell’amico capellone, il quale viene scambiato per Qi Lei nel reparto dei pazzi, poiché inizia un delirante discorso e quindi preso da infermieri per ore subisce lo stress di un monologo sorvegliato da un severissimo ed attento psichiatra e controllato da un infermiere.

Dominique Musorrafiti, 2003

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