Intervista a Matteo Demonte e Ciaj Rocchi, autori di Chinamen, un secolo di cinesi a Milano

Abbiamo intervistato Matteo Demonte e Ciaj Rocchi, autori del volume Chinamen, un secolo di cinesi a Milano e organizzatori della mostra dallo stesso nome (al MUDEC fino al 17 aprile).

1) Da dove è nata l’idea del progetto?

Quando nel 2015 è uscita la graphic novel Primavere e Autunni, a livello nazionale, tra gli eredi di questo retaggio culturale, è successo qualcosa. Intere generazioni di italo-cinesi che avevano cercato in tutti i modi di italianizzarsi, scoprivano che la loro identità cinese non era qualcosa da mettere da parte o da condividere solo privatamente, ma un patrimonio culturale da valorizzare. Come una miccia, Primavere e Autunni aveva innescato i loro racconti e noi ci siamo trovati ad essere i depositari della loro memoria! Da qui il desiderio di fare un nuovo libro sulla collettività cinese in Italia. Primavere e Autunni raccontava la storia di uno; Chinamen ha l’ambizione di raccontare la storia di tutti.

2) Che tecniche avete  utilizzato per la creazione del documentario?

Abbiamo lavorato con semplici animazioni 2D. Non esiste neanche in Cina un documento audiovisivo che racconti la storia dei primi migranti cinesi che partirono agli inizi del ‘900 dalla regione del Zhejiang e raggiunsero l’Europa, e per noi, che negli ultimi 12 anni siamo stati soprattutto video-maker, raccontare questa storia in formato video è, in qualche modo, un piccolo e personale traguardo, un sogno che avevamo sin dall’inizio, di portare questa materia al di fuori dell’ambito sociologico e/o storico, utilizzando piuttosto mezzi e linguaggi della contemporaneità, perché sono gli unici in grado di stimolare una riflessione allargata sul significato d’identità multietnica delle nostre città.

Il trailer del documentario

3) Quali sono le tematiche principali affrontate dalla graphic novel?

Chinamen racconta le storie dei principali lignaggi storici e le distribuisce lungo un arco temporale ben definito: dal 1906, quando per l’Expo di Milano arrivarono i primi commercianti cinesi, fino alla fine degli anni ’70 quando poi il discorso sull’immigrazione cinese cambia radicalmente. Di particolare interesse sono il capitolo dedicato ai venditori di perle che arrivarono in città nel 1926 e quello che racconta dei cinesi nei campi di concentramento in Abruzzo e Calabria; sono frammenti di storia italiana dimenticata. Altri invece, come per esempio l’apertura, nel 1962, del primo ristorante cinese di Milano, s’inseriscono perfettamente nella storia del nostro Paese che in quegli anni viveva un piccolo boom economico a cui i cinesi, come i milanesi, presero parte.

intervista a Matteo Demonte

4) Quanto tempo avete impiegato per la realizzazione del progetto?

Quando il Comune di Milano ci ha contattato chiedendoci di partecipare al progetto Milano CittàMondo #02 Cina con una ricerca sulla comunità cinese di Milano che sarebbe culminata in una mostra al Mudec, era la fine di settembre. Da allora non ci siamo mai fermati, né di notte, né di domenica, né a Natale: abbiamo intervistato decine e decine di famiglie, raccolto i loro ricordi cercando di organizzarli in un racconto unitario, e mentre portavamo avanti la nostra ricerca iconografica, rintracciando simboli che testimoniassero i molteplici aspetti della vita materiale di questi migranti, abbiamo recuperato alcuni reperti unici, perché Chinamen è un progetto multiplo: un fumetto, un cartone animato e anche una mostra!

5) Siete soddisfatti del riscontro ricevuto?

La soddisfazione più grande sta nel vedere la commozione negli occhi dei protagonisti e dei loro eredi; ci resta la sensazione di aver riportato in vita i protagonisti del primo secolo di immigrazione cinese a Milano.

6) Come reagiscono i visitatori alla mostra?

Quando per la prima volta abbiamo parlato di questa mostra, il nostro riferimento principale era il Museo di Ellis Island, a New York. Di certo la mostra Chinamen si sviluppa in uno spazio molto ridotto, ma in qualche modo quello spunto iniziale ci è servito da bussola, e si vede. In pochi metri quadri sono condensati decenni di storia, rappresentati non solo attraverso fotografie e documenti, ma soprattutto con oggetti che fecero parte della vita quotidiana di questi cinesi e che oggi sono testimonianza di un mondo che si è continuamente trasformato e che non c’è già più. Ed è proprio questa la riflessione principale di ogni visitatore, qualunque sia la sua età: questa mostra ci racconta il passato ed è uno strumento necessario per affrontare il dialogo futuro non solo tra italiani e cinesi, ma fra persone. Come diceva Pasolini, non è sufficiente conoscere il passato, bisogna capirlo!

8) Come vi siete avvicinati al mondo cinese?

Nella famiglia di Matteo si è sempre parlato solo italiano –  racconta Ciaj Rocchi. Matteo si è avvicinato a questo mondo da adulto, tramite le arti marziali e poi il desiderio di approfondire le proprie radici lo a portato a diventare anche studente di Lingua e Cultura cinese; è stato un innamoramento tardivo che poi però è durato per sempre e ci ha coinvolto su tutti i fronti. Oggi, nei discendenti dei primi cinesi arrivati a Milano abbiamo trovato una nuova e grandissima famiglia con cui abbiamo scelto di condividere una parte di cammino!

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