LA MOGLIE DEL MACELLAIO

Capofila del movimento femminista di Taiwan, Li Ang ha sempre provocato scalpore sulla scena letteraria cinese.

Stimata e criticata al tempo stesso, Li Ang affronta nei suoi libri i temi del sesso, dell’amore, della violenza e del concubinato nella società tradizionale cinese.

LA MOGLIE DEL MACELLAIO Partendo da un fatto di cronaca – il libro inizia infatti sotto forma di articolo di giornale – l’autrice narra la storia di Li Shi, giovane contadina costretta a sposare un uomo rude e brutale, che per professione macella porci con grande piacere, contravvenendo ai precetti buddhisti, di cui la società taiwanese dovrebbe essere intrisa, che vietano l’uccisione o la violenza tout court sugli animali.

L’uomo si fa costantemente beffa delle regole religiose e morali della società in cui vive e, allo stesso modo, persuaso dell’inferiorità della donna, non esita a violentare la moglie, godendo dello stesso perverso piacere che prova sgozzando animali.

Li Shi si ritrova ben presto in una situazione senza via d’uscita, emarginata dalle altre donne del villaggio, che considerano i suoi comportamenti bizzarri e le sue grida di aiuto niente altro che un perverso escamotage sessuale per eccitare il marito, scivola lentamente nella disperazione e nella follia fin quando, una notte, sarà proprio lei stessa a “macellare” il marito.

Gli abusi e i maltrattamenti subiti non costituiscono un’attenuante, né davanti alla giustizia né agli occhi degli abitanti del villaggio, e la donna sarà condannata a morte.

“Nella società cinese tradizionale quando una donna uccide il marito si presume sempre che lo abbia fatto a causa di una relazione extraconiugale, non potrebbero esserci altre ragioni per commettere un crimine così infame se non il desiderio di abbandonarsi al proprio amante.

Questo atteggiamento di condanna nei confronti della morale delle donne è stato tipico dei cinesi per migliaia di anni: ogni donna colpevole di aver ucciso il marito è una donna promiscua e non ci sono altre possibili interpretazioni…

Non posso negare che ho iniziato a scrivere questo libro mossa da una serie di ideali femministi, volevo mostrare il tragico destino che attendeva le donne, non economicamente indipendenti, costrette a vivere sotto le regole della società cinese tradizionale.

Ma mentre scrivevo, mi rendevo conto che mi occupavo sempre più delle grandi questioni dell’esistenza umana, come la fame, la morte e il sesso.

Quello che voglio sottolineare qui è che il tema ultimo di un’opera di letteratura femminista, altro non è, dopotutto, che quello della natura umana stessa.”

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