Xinjiang: le minoranze musulmane in Cina

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Le scarse notizie giunteci il 25 febbraio scorso su una presunta “protesta individuale” a Pechino, nei dintorni di piazza Tian An Men, non sono sufficienti a capire il gesto di tre uomini, non ancora ben identificati, datisi alle fiamme nella loro automobile.

di Antonio Liaci

Il governo di Pechino è reticente e le voci che provengono dagli inviati parlano di dimostranti uiguri o di tibetani, giunti nella capitale una settimana prima del consueto Congresso del Partito Comunista Cinese, e nello stesso giorno dell’antico capodanno tibetano.

Come spesso accade per le notizie provenienti dalla Cina, complice la scarsa inclinazione delle autorità cinese a far trapelare informazioni che possano mettere in luce i punti deboli della RPC (Repubblica Popolare Cinese nda), l’unico mezzo di informazione di cui si possono dotare i corrispondenti è quello delle ipotesi, a volte indiziarie.

Sebbene il lettore occidentale medio sia informato sulla questione tibetana, grazie anche alla popolarità del tema riproposto dai media in ogni forma, poco o nulla si sa della regione dalla quale provengano gli uiguri e per quale motivo, a quattro giorni dall’inizio delle Olimpiadi di Pechino 2008, loro abbiano fatto parlare di sé in merito alla rivendicazione di un attentato nella città di Kashgar (una delle città più importanti dello Xinjiang nda), uno tra i molti attribuiti a frange estreme indipendentiste uigure.

La Repubblica Popolare Cinese comprende all’interno del suo territorio 56 gruppi etnici attestati e tra questi, l’etnia Uygur di religione islamica è quella che popola gran parte del territorio della provincia dello Xinjiang (“nuova frontiera” in cinese nda).

L’etnia Uygur è una delle tante etnie di radice turcomanna musulmana, come quella kazacha, stanziate in questa provincia nord-occidentale della Cina, confinante ad ovest con le regioni dell’Asia centrale

 

La posizione geografica ha conferito alla regione, sin dall’antichità, una grande importanza strategica, infatti sia in epoca Han (206 a.C. – 220 d.C.) che in epoca Tang (618 – 907 d.C.) essa è stata utilizzata come passepartout per l‘Occidente attraverso la Via della Seta.

Il nome della regione, così come lo conosciamo oggi, risale all’ultima conquista nel 1758 del territorio da parte dell’imperatore Qianlong (1711 – 1799 d.C.), uno dei sovrani più importanti dell’ultima dinastia imperiale, ovvero quella Qing (1644 – 1912).

 

Tra la fine del ‘800 e l’inizio del ‘900 l’intervento espansionista della Russia zarista compromette il dominio cinese sul territorio.

 

Le ribellioni indipendentiste portarono alla fondazione della Prima Repubblica del Turkestan Orientale nei primi anni ’30 del secolo scorso e successivamente alla Seconda Repubblica, nel 1944 con l‘aiuto dei sovietici.

L’avventura indipendentista si concluderà con la nascita della RPC nel 1949, in seguito alla rivoluzione comunista.

 

Le fonti ufficiali del Pcc (Partito Comunista Cinese nda) parlano di “liberazione” del Turkestan cinese, una liberazione alla quale avrebbero preso parte anche i capi musulmani dei villaggi rurali e gran parte della popolazione.

Edgar Snow, giornalista americano tra i primi ad entrare nei distretti rossi durante la rivoluzione, e tra i primi a portare informazioni riguardo ai comunisti cinesi nei soviet (successivamente alla Lunga Marcia, del 1934), attraversando le regione dello Xinjiang e le altre di influenza islamica, parla di una collaborazione spontanea della popolazione alle azioni di guerriglia contro l’esercito nazionalista di Chiang Kai-Shek, e di un rapporto amichevole tra i rivoluzionari comunisti ed i tradizionali capi islamici, uniti per contrastare i soprusi dei proprietari terrieri e del governo di Nanchino (nazionalisti nda).

Tra le promesse fatte dai propagandisti rossi alle popolazioni del Nord Ovest, Edgar Snow riporta nel suo libro, “Stella Rossa sulla Cina”: “Appoggio per la creazione di un governo musulmano autonomo”, “Protezione della cultura musulmana” e “Garanzia di libertà religiosa per tutte le sette”.

 

La “liberazione” dello Xinjiang da parte delle forze comuniste cinesi ha rappresentato per la popolazione uigura una vera e propria occupazione, stando alle parole di Rebiya Kadeer, imprenditrice uigura ex-rappresentante della provincia dello Xinjiang presso la Conferenza Consultiva Politica del Popolo Cinese, dissidente e promotrice di un’organizzazione in difesa del popolo uiguro.

“Inizialmente, i soldati cinesi erano davvero rispettosi della nostra cultura” afferma, descrivendo l’impatto che l’uguaglianza tra i sessi, o se vogliamo la scomparsa delle differenze peculiari tra i generi, tipica del comunismo della prima ora, ha avuto sulle usanze e tradizioni uigure.

“Ci hanno imposto una nuova politica […] iniziando a distruggere la nostra cultura” aggiunge e ciò fa pensare che l’integrazione con le minoranze etniche cinesi, punta di diamante del Pcc, non sia altro che un tentativo di coprire con la propaganda un problema destabilizzante.

Riguardo poi all’estremismo islamico, che dall’altra parte della frontiera è presente ed attivo, Rebiya Kadeer afferma che l’influenza di questo nei paesi confinanti dell’Asia Centrale, sia da attribuire alla vicinanza con l’Afghanistan e all’esasperazione della popolazione che regimi nazionalisti, nati dopo la caduta dell’Urss, hanno causato (fa l’esempio del presidente dell’Uzbekistan Karimov), oltre a parlare dell’opposizione del popolo uiguro ad ogni forma di estremismo religioso, motivando l’affermazione con il carattere moderato dell’islam praticato nello Xinjiang, dove, ad esempio, il velo per le donne non è obbligatorio.

 

In seguito alla fondazione della RPC, la provincia dello Xinjiang assume il carattere di regione autonoma, lo stesso regime amministrativo messo appunto per il Tibet, per intenderci, una “autonomia” spesso mal sopportata dalle etnie della provincia; sentimento reso concreto da manifestazioni indipendentiste, oltre che da migrazioni di massa, come quella che nel 1962 ha visto 60.000 kazaki passare dall’altra parte del confine, nell’Unione Sovietica.

Le ex-repubbliche sovietiche dell’Asia Centrale, raggiungono l’indipendenza nel 1991, dopo la caduta dell’Urss, ma quest’avvenimento non lascia impassibili coloro che dall’altra parte della frontiera si trovano in una situazione di fittizia autonomia.

 

Riguardo alle frontiere occidentali, Tiziano Terzani, scrittore e giornalista fiorentino, percorrendo tutte le regioni dell’Asia Centrale sotto l’egida di un’Unione Sovietica in rovinoso declino, affermava nel suo libro “Buonanotte Signor Lenin” che la rinascita islamica delle repubbliche sovietiche non era che l’inizio di un processo nel quale sarebbero state coinvolte anche le minoranze musulmane stanziate in Cina.

Continuava dicendo che il vento di indipendenza che si agitava tra le repubbliche dell’Asia Centrale avrebbe influenzato anche i popoli kazachi che abitano lo Xinjiang. Questo sarebbe stato per Pechino motivo di destabilizzazione nell’Ovest, specie quando l’ultimo grande “imperatore”, Deng Xiaoping – indicato così da Terzani – non avrebbe potuto tenere strette le maglie del controllo sul tutto il territorio della RPC.

 

Diversi incidenti, attentati, arresti per sospetta unione con cellule di Al-Qaeda, e varie forme di protesta, come potrebbe essere stata quest’ultima del 25 Febbraio sono state le reazioni, violente e non ad una situazione che, come si è visto, non ha mai trovato un equilibrio.

 

L’integrazione delle minoranze etniche in Cina rappresenta un problema col quale la RPC deve continuamente rapportarsi, dal momento che non può più nascondere i difetti del suo sistema, sia per il crescente interesse del resto del mondo dove l’inserimento nel contesto della globalizzazione crea i presupposti di continue relazioni con l’estero, sia per una questione di ordine interno. La risoluzione delle contraddizioni palesi, a volte drammatiche, in seno alla Paese di Mezzo (traduzione diretta dal cinese Zongguo nda), non può che essere una priorità per un grande paese che sta conquistandosi un posto nel Mondo.

 
 

Fonti:
Storia della Cina
di Sabattini Mario – Santangelo Paolo, Biblioteca storica Laterza 2008;
Stella rossa sulla Cina
di Edgar Snow, Einaudi 1965; Buonanotte Signor Lenin di Tiziano Terzani, Longanesi & C. 1992; L’intervista a Rebiya Kadeer è della Dott.ssa Elena Caprioni, link: http://www.gfbv.it/3dossier/asia/uig-kadeer.html.

 
 
 

Versione originale: http://www.versoriente.net

Fonte immagine: pixabay

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