Intervista all’Ambasciatore d’Italia in Cina Riccardo Sessa

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Dopo una lunga serie di prestigiosi incarichi internazionali, l’Ambasciatore Riccardo Sessa approda a Pechino.

1) Lei è stato Ambasciatore in Iran e in Serbia, nonché consigliere commerciale presso l’Ambasciata Italiana in Brasile ed ha ottenuto numerosi altri incarichi internazionali di prestigio. Quali differenze ha potuto riscontrare tra la Cina e queste altre realtà?

Il fascino del nostro mestiere sta nel doversi continuamente confrontare con Paesi, popoli, culture, sistemi politici diversi. E ogni volta l’esperienza è stimolante perché impone confronto continuo e adattamento. Le mie missioni precedenti sono state tutte molto interessanti e diverse l’una dall’altra, con momenti esaltanti ma anche difficili come ad esempio nel 1999 a Belgrado sotto il fuoco amico. Dopo essere stato per alcuni anni DG del Medio Oriente,  inaspettatamente – come è accaduto altre volte durante la mia carriera –  sono stato chiamato a dovermi occupare di Cina. Pur essendoci stato in precedenza per missioni brevi e nonostante mi sia documentato prima di intraprendere il mio nuovo compito, ho trovato un Paese molto più ricco, complesso e interessante di quanto immaginassi. Sfruttando il vantaggio di non essere un esperto – cosa di cui vado fiero – ma vivendo, operando e interagendo da oltre due anni con le sue molteplici realtà economiche, sociali, culturali,  la Cina mi appare oggi come un grande Paese agganciato alla sua storia millenaria ma proiettato nel futuro. I Giochi Olimpici e Paralimpici lo hanno mostrato in modo evidente. Credo di avere avuto una grande opportunità nel poter seguire da vicino il lungo percorso di preparazione a questo evento, il cui successo ha reso il Paese, nel suo complesso, fiero di vedersi riconosciuto il ruolo che le spetta. Pechino è del resto sempre più crocevia dei grandi temi di politica internazionale. Che si tratti di cambiamenti climatici o di crisi finanziaria internazionale, di negoziati con la Corea del Nord o di missioni di pace, la voce della Cina inizia ad assumere un crescente peso in linea con il riemergere del Paese sul proscenio internazionale. Certamente la Cina non ha risolto tutti i suoi enormi problemi interni, aggravati oggi da un difficile contesto internazionale. Ma intravedo il forte impegno della sua classe dirigente a volerli affrontare nel rispetto delle regole e venendo incontro alle esigenze di rispondere a quelle che sono le preoccupazioni della comunità internazionale nel suo complesso.

2) La Cina è considerata la potenza emergente per eccellenza: quali sono i rapporti tra Italia e il gigante d’Asia allo stato attuale?

I rapporti tra Italia e Cina sono eccellenti e dinamici. Lo scambio tra i due Paesi è proficuo sotto lfaspetto politico, commerciale, culturale. LfItalia è stato tra i primi paesi europei a stringere un partenariato strategico con la Cina nel 2004 e negli ultimi anni abbiamo avuto una ampio scambio di visite ad altissimo livello. La recente missione a Pechino del Presidente del Consiglio, On. Silvio Berlusconi, è servita per riprendere al più alto livello le fila del dialogo politico tra i nostri due Paesi. Complice anche la nostra prossima Presidenza del G8, credo che tra Italia e Cina il tempo sia oramai pienamente maturo per affiancare uno strutturato dialogo politico a quello già consolidato in campo economico-commerciale. Pensi che dal 2002 al 2007 lfinterscambio commerciale è passato da 914 milioni di dollari a oltre 31 miliardi di USD. Le nostre esportazioni sono cresciute del 19% annuo anche se lfobiettivo è quello di riequilibrare il surplus cinese, anche attraendo investimenti cinesi in Italia. Il made in Italy(o come amo dire il made by Italians) complice il fascino del nostro stile di vita, continua a tirare dallfeno-gastronomia (cresciuto del 33% lfanno scorso) alle auto di lusso. Non cfè ormai marchio italiano di alta gamma che non abbia aperto vetrine non solo a Pechino e Shanghai, ma anche in altre città della Cina. Sul piano culturale, lfItalia da anni fornisce alla Cina la sua esperienza nel campo della conservazione del patrimonio artistico, e intende farlo ancora come ulteriore contributo – oltre a quanto già fatto in campo umanitario – per riparare ai terribili danni causati dal recente terremoto nel Sichuan. Lfanno della Italia in Cina del 2006 ha ancora echi molto forti tra il pubblico cinese che prevediamo possano rinnovarsi in occasione dellfExpo di Shanghai del 2010. Sarà quella lfoccasione per far giungere in Cina mostre e spettacoli in aggiunta a quanto di meglio offre il nostro Paese in ambito tecnologico e scientifico. Per questfultimo aspetto, i cinesi hanno già avuto modo, da anni, di apprezzare il nostro contributo nel campo della protezione ambientale. Mi preme invece sottolineare un aspetto importante di questo rapporto: la simpatia. I Cinesi hanno verso lfItalia un atteggiamento di grande apertura e cordialità che trae origine da interazioni tra i nostri due popoli risalenti lontano nel tempo. La consapevolezza di avere molto in comune, a cominciare da un lungo passato di civiltà e cultura, giova e facilita le nostre relazioni.

3) Quali sono le opportunità per i piccoli e medi imprenditori italiani in un Paese come la Cina? Quali doti crede siano più necessarie per sfruttare al meglio le infinite possibilità offerte da questo Paese?

Le doti migliori sono la perseveranza, la concretezza del progetto e l’individuazione di un partner affidabile che aiuti a superare gli ostacoli e le difficoltà che questo mercato indubbiamente offre. Mi sono fatto questa convinzione ascoltando le numerose storie di successo di imprenditori italiani in Cina. Per approccio professionale io sono molto vicino alle aziende e l’Ambasciata è al servizio degli imprenditori italiani che desiderano ricevere sostegno ed aiuto dalle istituzioni. Un sostegno che in Cina è ancora necessario e spesso funziona. Proprio dall’ascoltare i nostri imprenditori ho maturato la convinzione che per cogliere le opportunità di questo mercato – opportunità che come giustamente lei dice sono infinite – occorre avere delle doti particolari di perseveranza e concretezza. I cinesi sono molto pragmatici e, in questa fase, anche molto corteggiati. Per cui se un nostro imprenditore non è in grado di dare immediato seguito ad un’opportunità d’affari, può stare tranquillo che dietro di lui vi sarà la fila di concorrenti pronti a cogliere al volo l’occasione. Negli ultimi anni sono sbarcate in Cina molte, moltissime PMI che hanno una presenza consolidata, fanno affari, costituiscono – e di questo sono particolarmente fiero – dei punti di riferimento delle collettività dove sono insediate. L’investimento italiano in Cina è rispettoso dell’ambiente, perché esporta non solo merci ma anche le nostre consolidate e severe normative ambientali e di lavoro, per dare il nostro contributo alla costruzione della “società armoniosa” che è l’obiettivo di queste Autorità.

4) Quanti italiani sono residenti in Cina al momento? Quali sono le difficoltà maggiori a cui vanno incontro?

La Comunità italiana è in continua espansione e ramificazione sul continente cinese. Si tratta – come è facile immaginare – di una emigrazione particolare, composta per la maggior parte da imprenditori e manager che sono venuti per affari, ma anche da studenti e ricercatori. Il tratto principale della Comunità è la sua forte mobilità sia sul territorio cinese che in ingresso ed uscita. Ciò rende difficile, molto difficile avere delle stime precise sulla sua consistenza. Possiamo comunque dire con precisione che gli iscritti all’Anagrafe dei Residenti all’Estero sono circa 4.000. Stimiamo inoltre che vi siano altri 3.000/3.500 connazionali che non si registrano perché la loro permanenza continuativa in Cina è inferiore a un anno oppure perché contano di rimanere per un periodo di poco superiore. A loro, che per questo non diventano immediatamente noti ai nostri Uffici Consolari, raccomando sempre di registrare i dettagli della loro presenza in Cina sul sito www.dovesiamonelmondo.it e di leggere le nostre avvertenze pubblicate su www.viaggiaresicuri.it.
Le difficoltà che incontrano i nostri connazionali sono quelle tipiche della presenza di stranieri in Cina. La notevole distanza culturale, che – nonostante l’apertura al mondo – continua ad essere molto forte, produce dei disagi difficili da affrontare soprattutto nella fase di ambientamento. La carenza, al di fuori delle grandi città, di interlocutori fluenti in inglese, un sistema giuridico-sociale ancora lontano dal nostro, un quadro normativo in divenire e a volte applicato in maniera differente nei vari contesti locali sono solo alcuni degli ostacoli per chi sceglie di vivere in Cina. Chi accetta la sfida e la vince sa di vivere in questo Paese un’esperienza di vita e professionale unica, che arricchisce come poche il proprio bagaglio esistenziale.


5) Il turismo cinese è destinato a diventare uno dei maggiori del mondo. Secondo lei le strutture italiane sono pronte per accogliere questo ingente flusso?

Le strutture italiane devono essere pronte perché è una delle sfide più importanti per il nostro settore turistico. Ne abbiamo parlato a lungo con il Presidente dell’Ente Nazionale del Turismo Marzotto quando ha compiuto a Pechino la prima visita all’estero della sua gestione. Posso assicurarle che l’attrazione del turismo cinese è una priorità del Sottosegretario Brambilla, che nel Governo ha la delega per questa materia, e anche le associazioni di categoria stanno sempre di più mettendo a fuoco la Cina come uno dei mercati in cui sviluppare maggiormente politiche di promozione perché nel medio (non nel lungo!) termine i flussi saranno eccezionali. Già ora comunque l’Italia è la meta preferita in Europa dai turisti cinesi e le nostre Sedi consolari in Cina sono quelle che emettono più visti per turismo tra quelle europee (63.000 nel 2007, con un incremento del 39% rispetto all’anno prima).

6) Alcune compagnie cinesi stanno andando a caccia di brand decaduti stranieri (Sergio Tacchini, Bburago per citarne alcuni) al fine di rafforzare la loro immagine, in patria e all’estero. Come valuta questo tipo di comportamento? Quali sono le opportunità e i rischi?

Innanzitutto non definirei come decaduti i marchi che lei cita. Alcuni possono attraversare delle fasi non brillanti, ma non parlerei della decadenza di marchi storici. La Cina sta iniziando ad investire molto all’estero nel quadro di una politica governativa, conosciuta come “go global”, che spinge i grossi gruppi cinesi ad andare all’estero e ad acquisire fama e riconoscimenti internazionali. Tra i filoni di questa politica, vi è anche l’acquisizione di marchi stranieri per risolvere alla radice il problema della riconoscibilità del marchio stesso. Credo che si tratti di un fenomeno parte del più ampio contesto della globalizzazione dove non conta tanto la proprietà del marchio, quanto piuttosto che cosa il marchio rappresenta, a quale stile di vita rimanda, a quale Paese è riconducibile quel marchio. Qualche giorno fa ho partecipato a Pechino ad un evento promozionale della Lamborghini che ha presentato in Cina due suoi modelli di auto. L’evento era tutto all’insegna dell’italianità, di quanto le Lamborghini richiamino lo stile di vita italiano, il nostro design, il modo di essere delle vetture italiane. Per questo vi ho preso parte, ben sapendo che il marchio Lamborghini non è più italiano da tempo, essendo stato acquisito dai tedeschi. Come vede, il fenomeno non è imputabile ai cinesi ed il loro inserimento in questa grande partita globale potrà anzi arrecare qualche beneficio iniettando nuovo capitale nelle nostre economie. Capitale che, ad esempio, potrebbe servire a salvare e rilanciare storici marchi altrimenti in difficoltà. Recentemente l’Italia è stata il recettore del più grande investimento industriale cinese in Europa, in un settore della massima importanza per le relazioni commerciali fra i due Paesi, il macchinario. Una società cinese di macchine edili ha acquisito una italiana. L’investimento è stato di mutuo beneficio: l’azienda cinese ha trovato un’industria che ha mercato in Europa, ben gestita e con un buon management, complementare alla sua struttura, un sistema Italia che funziona in tutte le sue componenti. L’azienda italiana trova un partner capitalizzato per continuare l’espansione in Europa e fuori. Questo e’ un modello di investimento da manuale di economia e di gestione aziendale. Altri investimenti cinesi in Italia si stanno concretizzando in queste settimane. L’Italia è rapidamente diventata un’ottima destinazione per il denaro cinese, e speriamo di continuare, anzi di migliorare questi risultati, che dimostrano che i matrimoni ben  riusciti sono di beneficio ad entrambi i coniugi.

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