The Stewardess

Un dongiovanni, di professione sceneggiatore cinematografico, incontra la ragazza dei suoi sogni – per trovarsi invece imprigionato in un incubo, nel film The Stewardess, un incrocio di generi firmato da Sam Leong.

The Stewardess – Fai seung hung che di Sam LEONG (2002)

Durata:
90′
Soggetto:
Leung Tak Sam
Sceneggiatura: Leung Tak Sam
Produttore:
Sam Leong
Fotografia:
Fung Yuen-man
Direttore artistico:
Eric Lam
Interpreti:
Sam Lee, Lee San San, Kasugai Seina, Wayne Lai, Lam Suet, Chan Wai Man
Musica: Kyoshi Yoshikawa
Montaggio: Ng Wang-hung

Ken Ma (Sam Lee) si imbatte nella hostess giapponese Yurei (Kasugai Seina) mentre ha già una relazione con Apple (Lee San-san), hostess hongkonghese nonchè figlia di un boss delle triadi.

Nonostante il rischio di un’amputazione nelle zone intime se si fa beccare a ingannare Apple, Ken non fa il bravo ragazzo con l’ospite straniera, e soddisfa il suo desiderio (che contiene una punta vendicativa) di andare a letto con una donna giapponese. Questa risulta una pessima mossa…

Largamente ignorato dagli spettatori hongkonghesi (alla sua uscita ha guadagnato solo 826 dollari americani), The Stewardess vede la sceneggiatura andare fuori controllo e trasformarsi in una confusione farsesca originata dalle faccende di letto. Con uno strano mix stilistico di horror, commedia e thriller, Leong riesce bene o male a rovistare fra i generi per darci un racconto dispersivo ma divertente.

Immagini horror, scene salaci, buffonerie sull’ambiente criminale e varie deviazioni ridicole costellano la trama per produrre una visione gustosamente trash. La scenografia accurata, l’illuminazione e la musica sono qua e là sorprendenti: la score musicale a un certo punto arriva a parodiare In The Mood For Love.

Saltano fuori all’improvviso comici inserti comprendenti una scena di battaglia della seconda guerra mondiale vista come un climax sessuale, una sequenza in Giappone che pare messa insieme con avanzi di stock, la fascinazione di un personaggio per i capezzoli, senza menzionare più ordinari effetti in computer graphics, giochetti con la macchina da presa e trucchi di ripresa chiaramente ripetuti, che dovrebbero richiamare all’attenzione degli spettatori le “pratiche basse” del cinema di Hong Kong.

Merita una menzione speciale Kasugai Seina, nel suo primo ruolo hongkonghese da protagonista nei panni della hostess del titolo. Vestita di rosso o di nero, con un violento make-up e una pettinatura da fantasma post-Ring, compensa le sue poche battute con sguardi minacciosi e spogliarelli sexy, e la sua presenza nel film è una costante meraviglia.

Si ringrazia per la collaborazione il Far East Film Festival

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