Recensione di Going Home – episodio di Three

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Wai, un poliziotto carico di borse ed il figlio, Cheung, camminano tra altissimi grattacieli: i due sono diretti verso la loro nuova abitazione.

GOING HOME – SAN GENG ZHI HUIJIA di PETER CHAN HO – SUN (2002)
episodio di THREE

Durata: 61´ / 70´
Origine:
Hong Kong
Produttore:
Jojo Hui Yuet-Chuen, Samson Chui
Produttori esecutivi:
Peter Chan Ho-Sun, Allan Fung
Montaggio:
Kong Chi-Leung
Sceneggiatura:
Matt Chow Hoi-Kwong, Jojo Hui Yuet-Chuen
Fotografia:
Christopher Doyle
Interpreti:
Leon Lai, Eric Tsang Chi-Wai, Eugenia Yuan Lai-Kai, Li Ting-fung, Lau Tsz-wing
Musica:
Cho Sung-Woo, Peter Kam
Scenografia:
Yee Chung-Ma

Nonostante lo scenario sembri affascinante il bambino ha un forte senso di inquietudine, il quale continua ad accrescere quando con il padre entrano in un palazzo disabitato, popolato da numerosissimi appartamenti e percorso da lunghissimi corridoi. In uno di questi è stato abbandonato a terra un triciclo e sulla parete si scorge un disegno infantile che raffigura una bambina.

Molte delle abitazioni dello stabile appaiono tetre e ricche di passati ricordi, tra tutte carpisce l´attenzione di Cheung un´appartamento la cui porta è spalancata e da dove fuori esce dal buio un uomo, Yu, con una scatola in mano.

Subito dopo scorge una bimba vestita di rosso. Cheung rivede una seconda volta dalla finestra della sua abitazione la bambina dalla veste rossa, la quale è al seguito di Yu che spinge la moglie, che è seduta su di una sedia a rotelle.

Cheung inizia a provare un senso di insofferenza che esplode un pomeriggio in cui fa ritorno a casa.

Il giorno successivo calmo e silenzioso dopo aver incontrato nuovamente la bimba in rosso decide di seguirla. Non rincasa.

Il padre, preoccupato, non vedendo il figlio decide di cercarlo: percorre il lungo corridoio dello stabile, e dove vi era prima la raffigurazione di una bimba, ora vi è accanto quella di un bambino.

Wai non la nota neppure, è troppo preoccupato e perciò chiede al vicino, Yu, se sa qualcosa di Cheung, ma questi non è intenzionato a dare alcun aiuto all´uomo. Il giorno successivo, Wai insospettito dalla freddezza con cui è stato liquidato la sera prima, entra nell´appartamento di Yu e vi trova una donna annegata nella vasca da bagno.

Wai si risveglia legato ad una sedia, in preda ai nervi si scaglia contro Yu, che è totalmente dedito e devoto nelle cure verso la moglie. Intanto nell’appartamento continuano ad alternarsi sul monitor della televisione immagini della donna sorridente e le sue parole vanno a riempire i silenzi del riflesso sullo specchio della fanciulla.

Yu totalmente impegnato nell’accudire la moglie morta la lava, le stira gli abiti, la veste, la pettina e la trucca.

Ma la sparizione del poliziotto ha insospettito i suoi colleghi di lavoro che irrompono nell’abitazione di Yu, slegano Wai ed arrestano il suo sequestratore.

Sotto gli occhi torbidi della moglie, viene allontanato Yu, che quando si rende conto che la polizia mortuaria ha riposto la donna in una bara ed è in procinto di dirigersi all’obitorio, esce all’inseguimento della cassa.

Non riesce a raggiungerla: una macchina lo investite violentemente. Il cadavere della moglie sulla gelida lastra dell’obitorio dà segni di vita.

L’episodio Hongkonghese, tra i 3 cortometraggi ( coreano “Memories” di Kim Jee-woon, thailandese “The Wheel” di Nonzee Nimibutr) è il più lungo, arriva infatti al confine con il mediometraggio, poichè il regista Peter Chan Ho-Sun ha ben pensato di far concorrere la sua pellicola alle importanti manifestazioni cinematografiche di Hong Kong e nel mondo. Infatti oltre alla regia hanno vinto premi Eugenia Yuan, Leon Lai Ming, Christopher Doyle.

La storia ha una buona dose di suspance, in special modo nelle sequenze dove compare il bambino, spesso vi sono inquadrature che riprendono l’ottica del suo punto di vista.

I colori presentano molteplici gradazioni di tonalità scure, alcune hanno un filtro verde, mancano le tonalità calde e si passa spesso da situazioni di chiari o scuri, luci sparatissime o tetre ombre, a volte le immagini sono in totale controluce.

In una scena, per tutta la sua durata, c’è persino il passaggio graduale dei tempi di esposizione.

L’unico colore caldo è l’abito della bimba, che per la scelta apportata dal regista sulle tonalità di colore, molto vicine al bianco e nero, riporta alla mente la pellicola di Steven Spielberg “Schindler’s List”, dove anche lì appariva più volte una bambina dal cappotto rosso.

La bimba di Peter Chan è già morta, e legata ad un’altra morta che però ritornerà in vita.

Yu infatti accudisce con premura la moglie, poichè sa che ritornerà a vivere, sfortunatamente proprio il giorno della morte di lui.

Il regista usa con discrezione effetti quali velocizzazioni della città e messe a fuoco e sfuoco.

Il suo narrare è incentrato sul piano psicologico ed è dato dalla fotografia del noto collaboratore di Wong Karwai, Christopher Doyle, e non da strategie di effetti speciali.

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