La rivolta anticinese a Lhasa

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22 marzo 2008 – Migliaia di soldati cinesi sono stati schierati a Lhasa e nelle città dislocate nel grande altipiano tibetano al fine di contenere la protesta anti cinese. Le rivolte e le agitazioni nei giorni recenti sono state le più imponenti delle ultime decadi. Con l’approssimarsi delle Olimpiadi cinesi ad agosto, il Tibet sta vivendo la sua più grande sfida. Da quando il vostro corrispondente ha lasciato Lhasa il 19 marzo (le autorità si sono rifiutate di estendere il suo permesso per documentare quanto sta accadendo), la città è rimasta sotto il più severo controllo dalla legge marziale imposta nel marzo del 1989 per contenere le proteste anti cinesi. Le truppe giravano per le strade lanciando messaggi di denuncia contro il Dalai Lama, la guida spirituale tibetana in esilio. La Cina non vuole che la corsa verso le Olimpiadi sia eclissata dalle accuse di repressione militare a Lhasa. Ma l’esercito ha certamente giocato un ruolo di primo piano nella repressione in città per le violenze etniche del 14 e del 15 marzo. Le autorità hanno detto che 160 rivoltosi si sono consegnati alla polizia e altre 24 persone sono state incriminate di gravi crimini. Ma i tibetani temono arresti indiscriminati. I cinesi di etnia Han che sono stati il bersaglio delle violenze (ufficialmente 13 persone sono state uccise dai manifestanti), sono ugualmente spaventati. In molti hanno detto al vostro corrispondente che vorrebbero lasciare il Tibet. Un Han nel volo da Lhasa alla vicina provincia del Sichuan ha detto che normalmente viaggerebbe in treno in Tibet, ma ora ha paura di attacchi di terroristi tibetani. Non vi sono registrazioni di attacchi terroristici fino ad ora, ma la Cina, in parte anche a causa del tentativo di una donna Uigura di dare fuoco ad un aereo in volo all’inizio di questo mese, sta aumentando la sicurezza negli aeroporti.

Il massiccio dispegamento di forza a Lhasa ha impedito ulteriori sollevazioni, ma sono giunte voci di piccoli incidenti in altre zone del Tibet, e nelle province vicine con minoranze tibetane. Le autorità il 20 marzo hanno ammesso che le forze di sicurezza 4 giorni prima avevano sparato ai manifestanti nel Sichuan sud occidentale ferendo 4 persone. Un corrispondente della Reuters aveva detto che probabilmente sono stati uccisi molti tibetani. Ai giornalisti stranieri ora è vietato l’ingresso in Tibet e molti sono stati allontanati dalle province circostanti dove sono presenti minoranze tibetane. La Cina non diminuirà tanto facilmente la sua morsa sul Tibet finché persisterà il rischio che i giochi olimpici garantiscano alle richieste tibetane la dovuta attenzione. Ma esponenti ufficiali del governo hanno detto che la fiaccola olimpica giungerà in Tibet a maggio, come da programma. Attivisti tibetani hanno giurato di organizzare manifestazioni in tutte le altre nazioni in cui la torcia verrà portata. La fiaccola comincerà il suo viaggio da Olimpia in Grecia lunedì e giungerà a Pechino. A Taiwan, dove si stanno tenendo le elezioni presidenziali, il partito in carica sta cercando di sfruttare la disapprovazione pubblica sulle azioni della Cina per dare uno slancio alla sua campagna. E’ un fatto largamente noto che la Cina preferisca il Kuomintang al partito democratico.

I governi occidentali stanno cercando di resistere alle pressanti richieste di boicottaggio dei giochi da parte degli attivisti pro-Tibet. Ma la Cina è tuttora preoccupata per la caduta di immagine e politica delle agitazioni in Tibet. Il Primo Ministro britannico, Gordon Brown, ha annunciato che incontrerà il Dalai Lama a maggio durante la sua visita a Londra. Sarà il primo incontro in Inghilterra negli ultimi nove anni. La Cina non ha nascosto la sua rabbia quando il premier tedesco Angela Merkel lo ha incontrato a settembre. E’ rimasta ancora più offesa dal suo incontro ad ottobre a Washington, DC, con il presidente Bush.

La Cina teme, non a torto, che questi incontri d’alto livello incoraggino i dissidenti tibetani. E’ rimasta turbata dalle continue richieste di dialogo tra Cina e Dalai Lama da parte dei governi occidentali. La Cina non ha mai aperto canali ufficiali con lui da quando è stato esiliato nel 1959. Vi sono stati però numerosi incontri con i suoi rappresentanti negli ultimi anni. Ma questi incontri non hanno portato alcun risultato. Il timore cinese è dovuto al fatto che un suo possibile rientro possa essere veicolo di un’insopportabile pressione sul partito comunista a causa dei suoi seguaci in Tibet. Le prospettive per una ripresa del dialogo o anche di dialoghi indiretti sembrano remote per i mesi a venire.

Prima dello scoppio della rivolta in Tibet, la Cina aveva calcolato che la più grande minaccia politica per le olimpiadi potesse venire da piccole ed isolate proteste di attivisti (compresi i tibetani, i seguaci del Falun Gong, gli oppositori alle politiche cinesi in Sudan) nella stessa Pechino. Ora sta cercando di sopprimere le tensioni pre-olimpiche in una porzione enorme di territorio. La Cina inoltre ora sa quanto il Tibet eserciti una spinta emozionale in Occidente.

Traduzione libera dell’articolo “Fears of contagion from Tibet” di James Miles, Economist

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