L’America la scoprì Colombo

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Come avevo sempre sospettato, il revisionismo storico ha, per fortuna, le gambe corte. Prima o poi accadrà anche con la teoria della direttrice del British Museum sulla non veridicità del Milione di Marco Polo; secondo questa teoria il viaggiatore veneziano si limitò semplicemente a trascrivere resoconti di mercanti arabi sulla mitica terra del Cataio, poiché nelle sue memorie non v’era traccia di alcune dettagli tipicamente cinesi. L’eccezionale lavoro del fotografo del National Geographic Michael Yamashita, “Marco Polo, Un fotografo sulle tracce del passato“, ha confutato questa teoria recandosi nei luoghi descritti da Marco Polo e confrontandoli con ciò che vedeva, tenendo conto dei 500 anni che ci dividono, e della mentalità differente nel vedere le cose. Contraddizioni e mancanze non sono delle prove sufficienti per confutare un episodio storico. Lo stesso De Bello Gallico di Giulio Cesare, ne è pieno. Nessuno però mette in discussione la veridicità degli episodi principali.

Marco Polo non stava scrivendo una guida turistica, non era tenuto a riportare tutti i particolari di ciò che vedeva. Probabilmente bere te, cioè acqua calda con delle erbe dentro, non doveva poi sembrare una cosa così eccezionale da riportare. Così come per la Grande Muraglia, la grande assente del Milione. Ma, senza considerare il fatto che la fortificazione non era ancora completa all’epoca di Marco Polo, nella sua principale funzione, di trattenere cioè i Mongoli al di fuori dei confini della Terra di Mezzo, aveva miseramente fallito.

La stessa cosa è accaduta con la famosa spedizione dell’Ammiraglio Zheng He: secondo una recente mappa ritrovata da un avvocato cinese e poi acquistata dall’ufficiale in pensione Gavin Menzies autore di “1421, l’anno in cui la la Cina scoprì l’America”, l’ammiraglio cinese sarebbe arrivato in America prima di Colombo, nel 1418. La notizia del rinvenimento della mappa era stata accolta con molto calore da molti ambienti sia accademici che da altre testate pseudo scientifiche; chi aveva dissentito, era stato messo in disparte, perché questa notizia era clamorosa (e poteva far vendere bene riviste e libri sull’argomento). In particolar modo, c’è una certa tendenza in ambienti tipicamente anglosassoni a volere tutti i costi reinterpretare gli avvenimenti passati in chiave “anti” italiana. Testimonianza di questa paradossale tendenza ne è, ad esempio, la Lonely Planet. Secondo la celebre guida australiana difatti, in una pagina si riprende la controversa teoria della direttrice del British Museum, e in un’altra si asserisce che Marco Polo ha importato gli spaghetti in Italia dopo il suo viaggio in Cina, senza la briga di documentarsi se magari vi era traccia della pasta in Italia prima del mercante veneto. Ad esempio in alcuni testi latini già si parla dei maccheroni.

Finalmente, dopo innumerevoli articoli basati sul nulla e documentari pensati per confermare questa teoria e non per analizzarla, proprio dalla Cina arriva la conferma che l’ammiraglio Zheng He non ha mai attraversato l’Atlantico e non è mai giunto in America. Da cosa era dovuta la nostra diffidenza verso tale “rinvenimento”? Semplice, dalla totale assenza di riscontri storiografici su questo viaggio, dalla completa ignoranza di chi ha scritto su questo argomento di basilari nozioni storiche (ad esempio la langitudine e latitudine vengono dal’Europa, e non dalla Cina; alla corte degli imperatori cinesi c’erano prima astronomi arabi, e poi i gesuiti). Come mai erano totalmente assenti dalle cronache cinesi riferimenti a quest’ultima trance del viaggio (anche se parte dei documenti storici del viaggio vennero bruciati), quando tutto il resto delle avventure del famoso ammiraglio sono documentate dettagliatamente e in parte entrate nel bagaglio culturale di qualunque cinese? Non sarebbe strano se un giorno un libro bestseller rivelasse di aver trovato due paginette mancanti del Milione dove si racconta che Marco Polo è giunto in Australia? Oltretutto non pare ridicolo che l’ammiraglio potesse avere una visione così precisa del mondo nel 1421, anno in cui giunse a Rhode Island, con addirittura la presenza di miriadi di arcipelaghi nel Pacifico, comprese le Galapagos, l’Antartide, l’America Latina tutta? Anche se avesse circumnavigato il mondo su delle giunche, come avrebbe mai potuto avere idea di una così precisa definizione del mondo? Probabilmente Zheng He aveva anche formulato la teoria dell’evoluzione prima di Darwin, secondo Gavin Menzies, autore di “1421, l’anno in cui la Cina scoprì l’America”. Anzi no, perché Darwin non è italiano.

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