Reporter Senza Frontiere denuncia l’oscuramento di Google News in Cina

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Oscuramento di Google News in Cina

Reporter Senza Frontiere ha apertamente accusato il governo di Pechino di censurare la sezione Google news (in sostanza un validissimo aggregatore di notizie che fornisce complete rassegne stampa sugli argomenti selezionati).Il governo cinese avrebbe oscurato il sito negli ultimi dieci giorni dirottando i navigatori cinesi su una versione locale depura

ta da contenuti ritenuti critici verso la leadership cinese. In Cina esiste un vero e proprio corpo di polizia della rete incaricata di monitorare costantemente i contenuti dei siti internet. In alcune città come Shanghai esistono servizi sperimentali per il controllo degli internet caffé. I restanti 100000 internet caffè istallano dei software che impediscono l’accesso a determinati siti accusati di riportare materiale sovversivo o socialmente pericoloso. Reporter Senza Frontiere ha anche lanciato un appello verso il gigante americano affinché non si sottometta alla volontà del governo cinese censurando notizie considerate sgradevoli a Pechino.

La posizione di Google, come del resto quella di altre società di informatica occidentali come Yahoo!, è quantomeno imbarazzante. Se da noi difatti Google è sinonimo di libertà di informazione e rappresenta uno strumento eccezionale per il reperimento di qualunque genere di informazione, non si può dire lo stesso della politica attuata dalla compagnia americana in Cina, complice di fatto di un regime dittatoriale. Ma come si dovrebbe comportare una azienda in suolo cinese? Rinunciare ad un potenziale mercato di oltre un miliardo di persone o piegarsi al volere di un regime totalitario? Qual’è soprattutto la posizione del governo americano in questa vicenda? Se da un lato difatti continua il braccio di ferro tra gli Usa e la Cina per le questioni dei diritti civili, come giustificare l’operato delle principali multinazionali americane in territorio cinese?

C’è da dire che non è sempre stato così: nel settembre del 2002 Google si oppose tenacemente al governo cinese rifiutandosi di censurare i contenuti delle ricerche del suo motore distinguendosi da Yahoo! che invece già da tempo aveva accettato i diktat di Pechino e soprattutto da Cisco System che ha venduto migliaia di costosi router (16000 euro l’uno) per la censura; Pechino fu costretto così ad oscurare i siti ritenuti pericolosi avvalendosi solo dei suoi tecnici, che riuscirono nell’impresa dopo molte difficoltà. Ma nel giugno del 2004 però qualcosa è cambiato con l’acquisizione da parte di Google di una sostanziosa fetta di un popolare motore di ricerca cinese, chiamato Baidu, fortemente controllato da Pechino.

Per filtrare i contenuti della rete ci si avvale fondamentalmente di due diverse tecnologie: di router capaci di bloccare determinati indirizzi IP e più recentemente di redirect DNS, che per l’appunto reindirizzano l’utente su un altra pagina da quella selezionata, che molto probabilmente riporterà frasi anonime come “404 page not found” o “connection timeout” e che quindi suggeriscono che il server su cui si trova la pagina è non funzionante piuttosto che bandito. A questi evidentemente si aggiungono i complessi algoritmi che stanno alla base delle ricerche di Google e Yahoo. Per la verità forse alcuni utenti più smaliziati sono in grado di aggirare queste limitazioni imposte dal governo cinese tramite l’utilizzo di alcuni siti anonymizer che si avvalgono di proxies (dei programmi che fungono per certi versi da veri e propri specchi: la richiesta di visualizzazione di una pagina al server remoto non verrà fatta dal proprio computer, ma da un’altra macchina che poi avrà il compito di spedire i risultati al richiedente). Questi siti per l’appunto, come già suggerisce il nome, sono in grado di mascherare l’indirizzo IP della macchina che si sta collegando e quindi sono in grado di visualizzare correttamente le pagine ricercate. Anche su questo campo ad ogni modo il governo cinese si sta muovendo molto velocemente oscurandone alcuni.

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